Alcune volte capita di soffermarsi a pensare al corso della propria vita. Come sarebbe se le cose fossero andate in modo diverso? Esiste il destino o è tutto casuale?
L’opera prima di Celine Song tenta di dare, se non una risposta, una personalissima prospettiva a queste domande.
Perché “Past Lives”, due candidature agli Oscar, non è propriamente quello che ti immagini leggendo la trama su internet.
Due fidanzatini coreani si separano causa trasferimento in America di lei, dopo quasi trent’anni si ritrovano ma lei è sposata. Il film però non presenta nessuna carica passionale ritrovata o un alone di tradimento e bugie che deve essere nascosto, anzi, la storia tra i tre protagonisti (lei, lui e il marito americano di lei) è dolce, quasi infantile, essendo praticamente frutto di un amore immaginario in età preadolescenziale.
Il rapporto si dipana nel tempo tra Stati Uniti d’America e Corea del Sud in un incontro tra culture e modi di vivere diversi. Da padrona la fa però il misticismo coreano sul concetto di “In-Yun” una sorta di destino che ha a che fare con le vite passate. Il rapporto tra Nora e Hae Sung è di scoperta e riscoperta, una relazione inesistente che ha più le sfumature di un gioco o di un esperimento a cui è partecipe anche Arthur, marito di lei, in una situazione che rappresentata in un altro modo sarebbe risultata imbarazzante, qui quasi poetica.
Il tenore della regia è calmo e indulgente, soprattutto sui volti dei protagonisti. Spicca un senso di freschezza nei dialoghi con una certa differenza tra quelli in coreano e quelli in inglese, se i primi sono infatti più sentimentali, dolci e divertenti, ricalcando proprio quel senso di freschezza di una prima frequentazione, i secondi sono più duri e disillusi se pur carichi d’affetto. Questo gioco di dialoghi, presente maggiormente nella seconda parte del film, è ciò che giova maggiormente alla pellicola facendo risultare la prima parte però lenta e meno avvincente nella memoria anche se utile a caricare gli interessi che si svilupperanno nella seconda metà.
Pur con i limiti ritmici di un’opera prima Celine Song riesce quindi a confezionare una storia d’amore atipica capace di emozionare che risulta più un grande “e se?” in un rapporto che non sboccia mai e nella riscoperta di una o più esistenze passate lasciate indietro seguendo i casi della vita.
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