La foschia avvolgeva la sconfinata pianura, la luce della luna sembrava dare una vita tetra all’intero paesaggio. Quel campo d’innocenza perduta spaventava più di ogni altra cosa.
Ogni elemento era ostile e ogni fronda contorta sembrava essere un lugubre spettatore che si nutriva di angoscia e paura. L’aria fredda ricordava la morte, soffiava lenta e maligna strappando via qualche foglia. Ed è proprio in questo momento che ci si chiedeva se si potesse morire di paura. Una paura inspiegabile e irrazionale, non data da un pericolo reale, ma da qualcosa di oscuro e ovattato di cui si aveva solo un’intuizione lontana ma terribile. Un’eco di una fine orripilante che si espandeva in ogni ciuffo d’erba illuminato dal plenilunio.
"Nella tetra luminescenza si manifesta
lo spettro della notte irrequieta
mentre la luna osserva impietrita
quest’infinita piana nefasta".
(Gianluca Boncaldo, Terrore notturno)
Un mondo arcano, qualcosa di mai visto prima. La luce notturna brillava di una magia inaudita. Quel campo di bellezza ritrovata rincuorava l’animo più affranto.
Ciascun elemento incantato si incastonava nei colori di un quadro sublime. Ma non era un dipinto, tutto ciò che vedevo era vero e tangibile, l’aria fresca donava nitidezza a quella realtà dall’eleganza atemporale. Ed è proprio in questo momento se ci si chiede se in tale meraviglia si possa manifestare il divino. Qualcosa che andava oltre questo mondo, ma che ho avuto la fortuna di percepirlo nell’esperienza dei sensi. Un’eco di un’armonia senza note che si espandeva in ogni ciuffo d’erba illuminato dal plenilunio.
"La luce azzurra riflessa sulle foglie
riverbera elegantemente la notte calda
bellezza distratta che si raccoglie
per ammirare la perla di una nuova alba".
(Gianluca Boncaldo, Stupore notturno)
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