Così quando vediamo un libro che è ambientato in terra sicula, non esitiamo a prenderlo, a maggior ragione se parla di aristocrazia e se è ambientato nell’Ottocento.
“La zia marchesa” di Simonetta Agnello Hornby rispecchia tutto ciò, di conseguenza non abbiamo osato lasciarlo in libreria.
La famiglia Safamita è nota nei paesi tra Palermo e Sciacca: a loro appartengono vaste terre, ricchezze di ogni tipo e una popolazione fedele da generazioni.
La tradizione si mischia con il nuovo, soprattutto quando nasce la piccola Costanza, da subito diversa da tutti quanti gli altri: ha una pelle chiarissima ed è rossa di capelli.
Il primo che riesce ad amarla fin da subito è il padre Domenico, mentre la madre Caterina sembra non degnarla neanche di uno sguardo. Nonostante abbiano già il figlio maschio, Stefano, lei non si dà pace che a esserle nata – dopo numerosi aborti – sia una femmina, per giunta rossa di capelli. Lo vede come segno di sventura e si dà ben presto da fare. Dopo neanche un anno, così, Caterina dà alla luce il terzo figlio: Giacomo.
Il romanzo è come se si dividesse tra due narratori: da una parte abbiamo Amalia, la balia di Costanza che rimane con lei anche durante l’età adulta. Amalia, donna del popolo, racconta alla nipote Pinuzza le vicende della sua “carusa”, facendole notare che ricchi e poveri non sono poi così distanti. Dall’altra c’è il classico narratore dei romanzi, che ci fa entrare nelle vicende più intime di Costanza, di cui Amalia non può saperne nulla.
È in questo modo che il lettore ha la chiave completa di casa Safamita che dai Borboni, si ritrova a dover rappresentare un neonato Regno d’Italia. In più il Nord sembra li tratti come stranieri, perché malvolentieri hanno voluto cedere e onorare la nuova Corona Savoia. Per vendetta vengono negati i fasti presenti da Roma in su e la Sicilia è costretta ad arrancare e a rimanere indietro rispetto ad altre famiglie nobili, sempre più immischiata e comandata dalla mafia locale.
Da timida fanciulla curva e amante della solitudine nella casa paterna, si trasforma per dovere in una donna di società, almeno finché il gioco non le va più a genio e diventa abbastanza forte da ammettere che la gente parlerà sempre e per sempre, qualsiasi cosa faccia, tanto vale fare quello che più desidera.
Porta con sé i consigli del padre e qualsiasi sentimento proverà per gli altri, non sarà mai maggiore dell’amore che nutre per se stessa.
Negli ottantaquattro capitoli, però, non c’è solo la vita di Costanza: conosciamo anche quella dei suoi fratelli, delle sue zie, dei numerosi amanti (uomini e donne) che hanno condiviso il tetto Safamita e dell’importanza, a certi livelli, di tenere tutto completamente segreto.
La descrizione dei ruoli uomini/donne dell’epoca è così accurata che ci è sembrato di leggere le memorie di una nostra sconosciuta antenata. Le paturnie, i livori e i sotterfugi, però, rimangono ancora fedeli ai nostri giorni, facendoci comprendere che la vita di un nostro trisavolo non è poi così distante da quella di oggi.
Cambiano i mezzi, cambiano i concetti e ovviamente la morale, ma ciò che rimane uguale è la bellezza della fragilità di noi esseri umani: così piccoli da peccare di superbia credendoci invincibili, eppure così unici nelle nostre debolezze, quelle che ci danno la giusta spinta e voglia di cambiare per essere migliori.
Insomma, ci riguardano un po’ tutti perché dopotutto siamo figli dello stesso cielo e poco importa se una storia non ci appartiene per vincolo di sangue: possiamo sempre apprendere da chi è venuto prima.
“La zia marchesa” è una lente d’ingrandimento sui primi passi di un’Italia che ancora non aveva formato il suo popolo, dove sacro e profano si intrecciano proprio come gli intrallazzi tra nobili e popolani.
È una lettura da gustarsi nei lunghi pomeriggi invernali, sdraiati sul divano con la coperta sulle gambe e una tisana – o una cioccolata calda – da sorseggiare in assoluta tranquillità.
Attenzione, però: per come è scritto bene il ritorno al 2023 potrebbe essere un po’ traumatico.
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