Quando vediamo in TV le gare olimpioniche
di atleti provenienti da tutto il mondo, rimaniamo a bocca aperta davanti agli
incredibili risultati che ottengono. Vincitori e vinti sono persone che hanno
comunque coronato il loro sogno, dopo anni e anni di sacrifici. Ma cosa
succede quando tutto, in un momento di debolezza, va storto?
Spinning Out, la serie originale Netflix sul
pattinaggio inizia così: Kat Baker (Kaya Scodelario),
talentuosa pattinatrice di figura di alto livello, subisce un grave infortunio
durante la gara più importante della sua vita. Ritiratasi dal mondo
competitivo, il pattinaggio comunque rimane saldo nel cuore della protagonista
e, durante un allenamento, per la prima volta qualcuno vuole scommettere su di
lei: Dasha Fedorova (Svetlana Efremova), la coach del
talentuoso Justin Davis (Evan Roderick), si offre di
allenarla per il pattinaggio di coppia, promettendole le olimpiadi.
Da quel momento in poi, seguiamo le vicende che porteranno Kat e Justin ad affrontare i loro problemi passati, ma Spinning Out non è solo una storia d’amore sui pattini. Dietro lo sport si celano ferite più profonde, un passato difficile e un argomento crudo come l’autolesionismo. Kat vuole fare del suo meglio, vuole fare del pattinaggio la sua vita, ma è affetta da bipolarismo e subisce le angherie da una madre malata che obbliga le figlie ad allenamenti estenuanti, al limite dell’abuso.
Pressione psicologica, competizione spietata e dinamiche famigliari difficili si riversano sulla protagonista durante il suo periodo di allenamento con Justin e Dasha. Mano a mano che Kat riacquista fiducia in se stessa, in parallelo perde il controllo sulla sua malattia, con esiti distruttivi.
In maniera cruda, Spinning Out parla dell’altra faccia dello sport, quella più dura e spesso ignorata. Il pattinaggio diventa la metafora delle situazioni personali di tutti i personaggi, non solo di Kat, Justin e Dasha, ma anche di Serena, la sorella della protagonista e di Carol, migliore amica di Kat.
Spinning
Out
è un percorso di lotta interiore che ognuno deve affrontare per combattere i propri demoni,
una estenuante ricerca di equilibrio nel caos. Tradotto in italiano
sarebbe “perdere il controllo” ma è anche una figura nel pattinaggio. Le fragilità e la
difficoltà dei protagonisti vengono rappresentate sullo schermo in tutta la
loro crudezza, senza mai indorare la pillola. Nulla viene
addolcito. La conseguenza è che lo spettatore più sensibile può sentirsi
quasi male durante alcune scene che mettono in risalto le debolezze di
Kat. Nonostante tutto, però, c’è quasi un tocco delicato nei confronti dei
disturbi.
Attraverso le figure di donne forti ma fragili, sempre in grado di alzare la testa, Spinning Out ha il giusto approccio alle malattie mentali, tema molto spesso ignorato o trattato in maniera troppo superficiale. Forse è giunto il momento che non siano più un tabù e che le nuove generazioni ne possano parlare senza la paura di essere giudicati.
Attraverso le figure di donne forti ma fragili, sempre in grado di alzare la testa, Spinning Out ha il giusto approccio alle malattie mentali, tema molto spesso ignorato o trattato in maniera troppo superficiale. Forse è giunto il momento che non siano più un tabù e che le nuove generazioni ne possano parlare senza la paura di essere giudicati.
Il potenziale di questi argomenti è innegabile, eppure
è forse mancata la grinta giusta per dare alla serie una seconda stagione.
Nonostante tutto, però, nulla è perduto: piattaforme diverse da Netflix
sembrano essere interessate a dare un’altra possibilità a Spinning Out.
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