Girano pareri contrastanti su “La moglie imperfetta”, best seller del 2017 di B.A. Paris da cui nel 2024 è stato tratto il film “Blackwater Lane – La moglie imperfetta”, disponibile su Prime Video.
Essendo un’amante dei thriller, soprattutto in chiave psicologica, e amando i vari contrasti di pensiero, non mi sono sottratta dalla lettura in questa calda estate, soprattutto perché la mia libreria di fiducia ha messo il libro in sconto.
Esito? Non male, ma neanche non benissimo. Vero che la trama risulta molto lenta, diventando avvincente oltre metà libro, ma c’è anche da considerare che è proprio questo a scatenare l’adrenalina quando il tutto prende forma, peccato solo che il finale è un qualcosa di telefonato già a inizio lettura…
Attenzione, l’articolo potrebbe contenere spoiler.
Essendo un’amante dei thriller, soprattutto in chiave psicologica, e amando i vari contrasti di pensiero, non mi sono sottratta dalla lettura in questa calda estate, soprattutto perché la mia libreria di fiducia ha messo il libro in sconto.
Esito? Non male, ma neanche non benissimo. Vero che la trama risulta molto lenta, diventando avvincente oltre metà libro, ma c’è anche da considerare che è proprio questo a scatenare l’adrenalina quando il tutto prende forma, peccato solo che il finale è un qualcosa di telefonato già a inizio lettura…
Attenzione, l’articolo potrebbe contenere spoiler.
Cass è una giovane insegnante che, tornando a casa da una festa di lavoro, incontra un’auto ferma con dentro una signora. È combattuta tra la voglia di chiedere se ha bisogno di aiuto e quella di tornare subito da suo marito, visto che fuori impazza un temporale e il luogo dove si trova è abbastanza buio e isolato. Così, quando nota che la donna in auto non cerca di attirare la sua attenzione, riparte verso casa.
Il giorno dopo scopre che quella notte, in quell’esatto punto, è stata uccisa quella stessa donna. Questo scatena forti sensi di colpa in Cass: cosa sarebbe successo se si fosse fermata e scesa lei stessa dalla macchina? La donna sarebbe stata ancora viva? O avrebbe solo rischiato anch’essa la vita?
I giorni passano, il caso diventa mediatico e la polizia sembra brancolare sempre più nel buio. Da quel momento Cass comincia a ricevere strane chiamate mute, una dopo l’altra, provocando in lei una paranoia senza precedenti. A questo stress si aggiungono i continui vuoti di memoria che non le permettono più di vivere una vita tranquilla e senza problemi.
Insomma, con Cass ci addentriamo sempre più nella psiche di una persona colpita da paranoia e probabilmente della sindrome di demenza precoce, con la protagonista che mette in dubbio qualsiasi cosa di se stessa, della realtà e che non può fidarsi di nessuno perché né marito, né migliore amica sembrano prenderla sul serio. Nonostante siano iniziate le vacanze estive da scuola, Cass non riesce a rilassarsi convinta sempre di più che l’assassino stia cercando anche lei, senza un vero e proprio perché.
La parte psicologica mi ha presa particolarmente, perché amo le storie dove realtà e fantasia si mescolano al punto da non saperle distinguere più. Mi metto sempre dalla parte dei protagonisti di queste vicende: fino a che punto possono essere creduti? Dov’è il confine che separa il soprannaturale dal naturale o l’istinto dalla follia, o da qualsiasi disturbo mentale e/o comportamentale?
E con “La moglie imperfetta” c’è sicuramente tutto il tempo per scavare a fondo nel cercare di rispondere a queste domande, in momenti dove sicuramente si ha il bisogno di urlare contro Cass, dicendole di prendere la sua vita in mano e farsi vedere da un medico, ma altri dove non si può fare altro che empatizzare con lei e cercare di comprendere quanto le sta accadendo, e perché mai un assassino dovrebbe cercarla, quando è lei il suo peggior nemico.
Ma come mai dico che il libro ha un finale telefonato? (non proseguite con la lettura se non volete spoiler)
Iniziamo con il più classico dei cliché: il problema di una donna inascoltata dal marito, è… il marito.
E no, non è una frase femminista, diciamo che se si sminuiscono i problemi del proprio partner – rimanendo al neutro – non si ha accanto un buon partner.
Matthew – il marito, appunto – e Rachel – la migliore amica – non fanno altro che tranquillizzare Cass ogni volta che ha uno sfogo di paranoia, minimizzando il problema dando la colpa allo stress. Ora, se da una parte possiamo considerarli buoni e di supporto, dall’altra la mia mente che difficilmente si fa ingannare dalle manipolazioni si chiede: “Perché mai minimizzare una paranoia?” Il vero supporto in questi casi è ascoltare la persona, aiutarla, sostenerla seguendo la sua tesi e comunque indirizzarla verso uno specialista. Ma Matthew e Rachel non lo fanno, anzi, aumentano le sue paure, quando lui trova sempre un motivo per parlare dell’omicidio e lei si tiene distante da Cass.
Questo fa intendere chiaramente che, anche se non sono complici, di certo il bene che dicono di provare per lei non è sincero.
Le chiamate mute che non hanno particolarmente senso.
Se si vuole far intendere al lettore che sia davvero l’assassino, se si vuole installare il dubbio che siano solo call center che non riescono a prendere la linea, che siano solo scherzi, insomma, la qualsiasi motivazione delle chiamate mute non c’entrano per niente l’obiettivo, anzi. a lungo andare diventano pesanti.
Sono un buon pretesto per spaventare la protagonista e farle decidere di passare più tempo possibile fuori casa, ma di certo non aiutano il lettore a spaventarsi, anzi. Ci si chiede: come mai questo presunto assassino sa il numero di telefono di casa di una donna che non conosce? Come mai non chiama quando in casa c’è il marito? E come mai rimane muto, senza neanche un sospiro? È chiaro che è una persona che Cass conosce e che non può neanche concedersi un respiro, perché è lo conosce così bene da poterlo fare anche da un sussulto. Chi, quindi, può essere se non il marito o la migliore amica che considera come una sorella?
Non sapersi prendere cura di sé.
Cass ha una forte paura di essere come la madre, affetta da demenza senile precoce e a cui ha badato per gran parte della sua vita. Quando comincia ad avvertire i primi sintomi, si chiude sempre più in se stessa non parlandone con nessuno. Questa paura è comprensibile, ma quando i sintomi diventano gravi al punto che non riesce neanche più a rimanere autonoma, Cass continua lo stesso a prendere la macchina, non ne parla al marito e decide che è arrivato il momento di pensare a un bambino. Tutto ciò non ha particolarmente un filo logico, a meno che non si voglia far passare la protagonista totalmente incapace di intendere e di volere, ma questo avrebbe dovuto scatenare in lei reazioni molto più esagerate, non un tacito consenso alle cure che la lasciano totalmente inerme per interi pomeriggi.
Insomma, tutto richiama al campanello d’allarme: tesoro, qualcuno si sta prendendo gioco di te, e il problema è che quel qualcuno lo capiamo da subito, dato che frequenti due persone in croce – tuo marito e la tua migliore amica, appunto – non è così difficile sospettare di entrambi. E infatti, guarda caso, sono entrambi.
Tutto sommato non riesco a considerare il libro banale, perché le emozioni di Cass vengono ben descritte. È quindi un libro a cui do la piena sufficienza, anche se non ne condivido i pareri super entusiasti.

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