giovedì 4 dicembre 2025

#Lifestyle: Mangiare come un rituale

Ormai anni fa lessi un articolo che parlava dell’importanza di mangiare lentamente e citava una pratica spirituale dell’Oriente in cui monaci, ma anche laici che volevano approcciarvisi, dovevano mangiare una piccola ciotola di riso in un’ora, in completo silenzio.

Rimasi parecchio perplessa, solitamente mangio un pasto – un solo primo o un solo secondo – in quindici, venti minuti e già questo è lento per molti miei conoscenti, ma una ciotola di riso in un’ora mi sembrava solo una grandissima perdita di tempo.

Da quando ho cominciato a lavorare nell’ambito dell’intrattenimento e della comunicazione, però, mi sono resa conto come la pausa pranzo sia per me fondamentale da dover passare in silenzio, tanto che disattivo il cellulare proprio dalle 13 alle 14. Ora, vi confermo che non ci metto un’ora per consumare il pasto, ma quell’ora è diventata parte di un mio personale rituale con il cibo.

Non mangio solo per saziare lo stomaco, né per evitare di svenire, se posso ogni pasto per me è diventato un momento di pura contemplazione. Certo, non sono una completa asociale, a volte condivido il tempo con i colleghi, ma anche solo vedere lo schermo del cellulare nero mi rilassa un bel po’ e mi aiuta a riscoprire la bellezza, ma soprattutto la presenza della realtà.
  
In nessuna delle culture il momento del pasto è visto come un semplice dovere. Accecati dalla modernità e dall’occidentalismo, tendiamo a dimenticare che il cibo non ci è dovuto per chissà quale motivo, ma al contrario: è un dono, un momento di vera comunione. Da Oriente a Occidente, il momento pasto dovrebbe essere qualcosa di davvero importante, in prmis per noi stessi. 
In Giappone ogni cibo è accolto dall’esclamazione: “Itadakimasu” che nelle traduzioni italiano lo rendiamo banale con il nostro “buon appetito” ma nella realtà significa: “sono felice di ricevere questo cibo”, diventando così un ringraziamento per chiunque abbia preparato la pietanza: dal cuoco a chi si è occupato di ogni ingrediente. 


Ecco, quindi, che prestare la nostra attenzione sull’enorme fortuna che abbiamo nel mangiare e sul lavoro che vi è dietro ogni preparazione, ci fa cambiare idea sul mangiare in fretta e furia.


Se si ha anche la fortuna di preparare il cibo – per sé o per qualcuno – anche quel momento può diventare una sorta di rituale: accendere un fornello, tagliare le verdure, scegliere le spezie… possono sembrare atti semplici, eppure nascondono un potenziale simbolico. Se poi si sta con qualcuno, cucinare può diventare anche un momento di condivisione, di stringere rapporti più intensi, come succede persino su The Sims.
Personalmente non amo cucinare in compagnia, eppure quando lo faccio da sola, presto molta attenzione ai gesti che compio – non amo seguire le ricette alla lettera, preferisco fare a casaccio – perché spero che nella prima occasione in cui potrò preparare quanto sto facendo con le persone a me care, io mi ricordi esattamente come ho fatto.
Sono anche una persona molto legata ai cicli della natura e prediligo le verdure, quindi già pensare a cosa poter cucinare durante la settimana mi fa sentire come in una simbiosi con l’universo, perché so che ogni verdura ha il suo momento per essere raccolta. E ovviamente cerco di non utilizzare prodotti di serra.

Stare lontani dagli schermi nell’ora dei pasti già sarebbe tantissimo, ma se vogliamo rendere ancora più unici questi momenti con il nostro corpo, possiamo aggiungere anche una preghiera
Non importa di quale religione tu sia, o se sia completamente ateo, se il nostro corpo è un tempio, il cibo che vi ingeriamo è già di per sé una preghiera. Ecco che possiamo decidere non solo la sua qualità – le schifezze o i prodotti naturali – ma possiamo aggiungere la preghiera più potente di tutte: il grazie
Grazie perché abbiamo la possibilità di poter mangiare, grazie perché lo possiamo fare insieme a qualcuno, grazie perché anche se da soli, possiamo passare del tempo con noi stessi e conoscerci più in profondità
E se i benefici spirituali non bastano per convincervi a rallentare al momento dei pasti, ecco che vi aggiungo quelli scientificamente dimostrati: a scuola ci insegnano che la digestione inizia dalla masticazione e farlo lentamente attiva gli enzimi digestivi, riducendo gonfiori e infiammazioni. Visto che il cervello impiega circa venti minuti per registrare la sazietà, mangiare lentamente significa anche ridurre le porzioni a quelle necessarie al nostro corpo, evitando l’accumulo di grassi. Mangiare lentamente, seduti e senza il pensiero di finire in fretta, aiuta a rallentare il battito cardiaco e ad abbassare il colesterolo sentendoci così meno stressati.


Va da sé che se non iniziamo noi per primi ad amare il nostro corpo, chi mai lo farà al posto nostro?
Oltre tutto quello che ci impone la società moderna, prendere il tempo necessario per la cura di noi stessi, senza tralasciare la sacralità dei pasti, vuol dire rendersi conto di meritarsi cure e amore.

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