Grazie al prezioso consiglio di Alessia Spera, ho iniziato Blue Period, anime di soli dodici episodi prodotto da Seven Arcs nel 2021 disponibile su Netlix.
Il manga, dal titolo omonimo e ancora in corso d’opera, è scritto e disegnato da Tsubasa Yamaguchi ed è stato pubblicato sulla rivista Afternoon (editore Kōdansha) dal 2017.
Ho voluto iniziare la recensione con la prima battuta dell’anime, perché credo che sia la sintesi perfetta del messaggio dietro ogni puntata: fare arte – qualsiasi tipo di arte – non è mai facile e se qualcuno lo fa sembrare così, beh, allora è un vero artista.
Dietro ogni musicista (già spiegato ne “Il piano nella foresta”), scrittore (ne so qualcosa) e in questo caso pittore si nasconde un profondo senso di inquietudine di vivere che trova libero sfogo proprio nelle opere che vengono poi realizzate, come se la creatività fosse la strada che mette tutto in ordine.
Yatora Yaguchi è un ragazzo del liceo dedito a divertirsi con i suoi amici, i quali non prendono sul serio lo studio e il loro futuro. Yaguchi è diviso tra la voglia di essere accettato dai suoi coetanei facendo tardi ogni sera, bevendo e fumando e il duro lavoro per garantirsi un futuro stabile, spronato dalla madre.
Questo cambiamento è frutto dell’ignoranza che Yaguchi prova nei confronti di sé stesso: non sa chi è, non sa cosa vuole fare, non trova entusiasmo in nulla e lascia che ogni giorno proceda esattamente come il precedente.
Un giorno, però, si ritrova di fronte un dipinto che lo cattura, si sente quasi chiamato a entrarvi dentro e spinto dalla voglia di sapere come sarebbe dipingere qualcosa del genere, inizia a prendere sul serio le lezioni d’arte dell’insegnante Masako Saeki che trova subito del talento grezzo in Yaguchi.
Il ragazzo si iscrive poi al club d’arte, dove farà la conoscenza della senpai Maru Mori, la quale gli spiegherà come l’arte per lei sia una vera e propria attività spirituale, al pari di una preghiera. E Ryuji “Yuka” Ayukawa che, biologicamente uomo, si sente donna ed è per questo che si veste in abiti femminili, si comporta come tale e vive una lotta eterna con i suoi genitori. Per Yuka l’arte è la possibilità di scoprire se stessi, di conoscersi, di esplorarsi, un po’ come sostengo io: è la possibilità di vedere il mondo con l’occhio interno.
Con i suoi nuovi amici e la sua passione crescente, Yaguchi dovrà affrontare un nuovo ostacolo: vivere d’arte senza essere considerato un emarginato o un perdente dalla propria famiglia.
Si sa, difficilmente un genitore accetta volentieri un figlio artista – siamo trattati con diffidenza e giudizio, quasi come fossimo dei criminali, chissà il perché – ma per chi lo è nell’animo è davvero impossibile mettersi a fare altro. Saremmo pronti a vivere anche sotto i ponti, pur di continuare con l’arte e il coraggio di Yaguchi sta proprio in questo: continuare nonostante i nonostante con il nuovo obiettivo di frequentare l’Università delle arti di Tokyo.
La sua volontà, la sua caparbietà e il suo cambiamento saranno d’ispirazione anche agli altri, che cambieranno in meglio.
“Blue Period” fa capire senza ombra di dubbio che tutti quei “Lo so fare anch’io” provengono da chi non ha idea di cosa voglia dire fare arte. Anche il tratto più semplice o la tela più insensata arrivano da mesi, anni di tormenti, angosce, dubbi, privazioni di cibo, acqua, sonno… L’arte è vocazione, è sacrificio, è diventare tutt’uno con lo strumento che stiamo utilizzando affinché le sensazioni provate prendano forma.
In una società che non sa neanche esprimerle a parole, quanto può essere davvero facile metterle sottoforma di disegno, scultura, musica, o romanzo?
“Blue Period” è per tutti gli artisti che ricercano un momento di supporto e di forza per andare avanti e per tutti i parenti e amici di questi artisti che vorrebbero provare a capirli!
Il manga, dal titolo omonimo e ancora in corso d’opera, è scritto e disegnato da Tsubasa Yamaguchi ed è stato pubblicato sulla rivista Afternoon (editore Kōdansha) dal 2017.
“Non capisco cosa ci sia di bello nei quadri di Picasso. Perché mai sono considerati opere d’arte dal valore inestimabile? Non capisco… saprei disegnarli anche io.”
Ho voluto iniziare la recensione con la prima battuta dell’anime, perché credo che sia la sintesi perfetta del messaggio dietro ogni puntata: fare arte – qualsiasi tipo di arte – non è mai facile e se qualcuno lo fa sembrare così, beh, allora è un vero artista.
Dietro ogni musicista (già spiegato ne “Il piano nella foresta”), scrittore (ne so qualcosa) e in questo caso pittore si nasconde un profondo senso di inquietudine di vivere che trova libero sfogo proprio nelle opere che vengono poi realizzate, come se la creatività fosse la strada che mette tutto in ordine.
Yatora Yaguchi è un ragazzo del liceo dedito a divertirsi con i suoi amici, i quali non prendono sul serio lo studio e il loro futuro. Yaguchi è diviso tra la voglia di essere accettato dai suoi coetanei facendo tardi ogni sera, bevendo e fumando e il duro lavoro per garantirsi un futuro stabile, spronato dalla madre.
Questo cambiamento è frutto dell’ignoranza che Yaguchi prova nei confronti di sé stesso: non sa chi è, non sa cosa vuole fare, non trova entusiasmo in nulla e lascia che ogni giorno proceda esattamente come il precedente.
Un giorno, però, si ritrova di fronte un dipinto che lo cattura, si sente quasi chiamato a entrarvi dentro e spinto dalla voglia di sapere come sarebbe dipingere qualcosa del genere, inizia a prendere sul serio le lezioni d’arte dell’insegnante Masako Saeki che trova subito del talento grezzo in Yaguchi.
Il ragazzo si iscrive poi al club d’arte, dove farà la conoscenza della senpai Maru Mori, la quale gli spiegherà come l’arte per lei sia una vera e propria attività spirituale, al pari di una preghiera. E Ryuji “Yuka” Ayukawa che, biologicamente uomo, si sente donna ed è per questo che si veste in abiti femminili, si comporta come tale e vive una lotta eterna con i suoi genitori. Per Yuka l’arte è la possibilità di scoprire se stessi, di conoscersi, di esplorarsi, un po’ come sostengo io: è la possibilità di vedere il mondo con l’occhio interno.
Con i suoi nuovi amici e la sua passione crescente, Yaguchi dovrà affrontare un nuovo ostacolo: vivere d’arte senza essere considerato un emarginato o un perdente dalla propria famiglia.
Si sa, difficilmente un genitore accetta volentieri un figlio artista – siamo trattati con diffidenza e giudizio, quasi come fossimo dei criminali, chissà il perché – ma per chi lo è nell’animo è davvero impossibile mettersi a fare altro. Saremmo pronti a vivere anche sotto i ponti, pur di continuare con l’arte e il coraggio di Yaguchi sta proprio in questo: continuare nonostante i nonostante con il nuovo obiettivo di frequentare l’Università delle arti di Tokyo.
La sua volontà, la sua caparbietà e il suo cambiamento saranno d’ispirazione anche agli altri, che cambieranno in meglio.
“Blue Period” fa capire senza ombra di dubbio che tutti quei “Lo so fare anch’io” provengono da chi non ha idea di cosa voglia dire fare arte. Anche il tratto più semplice o la tela più insensata arrivano da mesi, anni di tormenti, angosce, dubbi, privazioni di cibo, acqua, sonno… L’arte è vocazione, è sacrificio, è diventare tutt’uno con lo strumento che stiamo utilizzando affinché le sensazioni provate prendano forma.
In una società che non sa neanche esprimerle a parole, quanto può essere davvero facile metterle sottoforma di disegno, scultura, musica, o romanzo?
“Blue Period” è per tutti gli artisti che ricercano un momento di supporto e di forza per andare avanti e per tutti i parenti e amici di questi artisti che vorrebbero provare a capirli!
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