L’uomo
non è un’isola, ha bisogno dei rapporti umani. Ci aggrappiamo alla famiglia,
agli amici, agli insegnanti. Percepiamo l’amore che riceviamo dall’altro, ma
alla fine della fiera, nella nostra camera da letto, nel buio della notte,
siamo da soli. Siamo noi stessi con i nostri pensieri, con i nostri traumi, i
nostri desideri e i nostri dubbi. Fissiamo il soffitto con gli occhi spenti,
circondati dall’abbraccio del silenzio, dell’oscurità, facendo un rendiconto
della giornata. Mi sono tante volte aggrappata a un’emozione, cercando di
capire cosa l’avesse scatenata e, il più delle volte, cosa l’avesse anche
silenziata.
Le
ore passano veloci, così tanto che l’estate sta correndo. Non riesco ad
aggrapparmi alle ore della giornata, a volte mi sono ritrovata a chiedermi che
fine avesse fatto la mattinata e/o il pomeriggio, trovandomi a stringere il
nulla. “Eh, ma oggi ho fatto questo, questo e questo” è il primo pensiero che
arriva, ma alla fine cosa ho fatto davvero? Cosa ho fatto di importante? E da
questa domanda ne nasce un’altra: perché devo fare qualcosa di importante? A chi
importerà? Ed è un pensiero deleterio, perché sì, devo fare qualcosa che
importerà a me, a fine giornata. Qualcosa che mi migliorerà. E il più delle volte
non funziona. La fine della giornata è anche una sorta di metafora della morte,
perché una persona si è coricata e un’altra si è svegliata. Ma il giorno dopo,
lo schema è sempre lo stesso.
Le
cose di cui sono “certa” sono mie in quanto tali o mi sono state inculcate? Ma poi
si può essere davvero certi di qualcosa? Questi pensieri nascono dal fatto che
mi sento come in un mare dove ci sono i cavalloni e io allungo una mano per
aggrapparmi a qualcosa. Ma esiste questo qualcosa? Questo flusso di coscienza
probabilmente non ha senso, non ha una struttura, ma abbiamo tutti il bisogno
di tenerci a qualcosa che è puramente illusorio. Una volta, parlando con Frè,
stavo pensando allo spazio, ai pianeti e all’universo: quando ci viene
rappresentato il sistema solare, i pianeti ci vengono mostrati in maniera
orizzontale. Il pensiero è stato: ma quindi sopra e sotto che c’è? Ci sono solo
le stelle? Lei giustamente mi ha fatta ricordare che il nostro pianeta
galleggia nel nulla, sorretto da delle forze che lo tengono in un determinato
modo. Davvero devo aggrapparmi a qualcosa se neanche la Terra lo fa? Tutto potrebbe
finire in un istante, le forze gravitazionali potrebbero venire meno e il
pianeta cadrebbe in eterno.
Il
mio bisogno di aggrapparmi a determinate convinzioni è anche il mio bisogno di
controllare, perché altrimenti che ne sarebbe della mia vita? Ma è vivere
tenendomi costantemente al freno a mano? È vivere o fingere di farlo? Sono quella
che va in ansia se sta fuori con il telefono al 20% di batteria, sono quella che va in
ansia se sbaglia strada, anche avendo il navigatore attivo mentre è in
macchina. Basta mettere il telefono in risparmio energetico o aspettare il
ricalcolo di Waze o Maps. Basterebbe poco.
Non
abbiamo nulla a cui aggrapparci, se non noi stessi in quanto anima. Ci affidiamo
a un’essenza che può essere esterna a noi, alla fede, a una sorta di “aiutati
che il ciel ti aiuta”. Non possiamo aggrapparci a nulla che sia di tipo “materiale”,
neanche a concetti che abbiamo creato noi stessi. Il materiale, ciò che ci
circonda, si sgretola prima o poi. Pensate allo scorrere della giornata: possiamo davvero aggrapparci all tempo? La nostra vita dura un secondo in termini di
universo, la nostra vita è un battito di ciglia e abbiamo creato noi qualcosa
di fallace come gli orologi. Perché dico “fallace”? Perché ci siamo basati sul
tempo che impiega la Terra a fare un giro su se stessa per scandire la giornata,
ma anche quel calcolo, chi l’ha fatto se non l’uomo? Al di fuori della nostra mente, il
tempo non esiste. Se finissimo in un buco nero, il “tempo” come noi lo
consideriamo, scorrerebbe molto lentamente. Quindi neanche a questo possiamo
aggrapparci, perché il tempo non esiste. Neanche a questo posso aggrapparmi. E mi
spaventa. Lasciare andare il controllo, spostare piano piano la mano dal freno
e riportarla sul volante è difficilissimo, ma per vivere bisogna farlo. Facile a
dirsi, ma a farlo? Il mio obiettivo è fare in modo che queste non rimangano
solo parole e al momento è difficile, molto difficile. Solo smettendo di aggrapparmi disperatamente a qualcosa di
illusorio, potrò effettivamente dare un senso alla frase degli One Republic:
“I owned every second that this world could give. I saw so many places. The
things that I did… yeah, with every broken bone, I swear I lived.”
E
tu che hai letto questo articolo, a cosa ti stai aggrappando?
Nessun commento:
Posta un commento