Qualora voi non l’abbiate già vista e state cercando qualcosa di leggero da consumare sotto questo caldo torrido, vi consigliamo di lasciarvi prendere un po’ dai brividi di “Boo, Bitch”, serie tv di punta nelle prime settimane estive su Netflix. I più affezionati consumatori della piattaforma di streaming saranno ormai abituati al volto di Lana Condor, protagonista della trilogia “Tutte le volte che ho scritto Ti amo”, torna in questa storia non solo come protagonista, ma anche come produttrice esecutiva. Come stavamo dicendo, questo nuovo teen-drama creato da Tim Schauer e Kuba Soltysiak ha un sapore in grado di renderlo interessante. Infatti, all’interno della bolgia di contenuti di Netflix, questa storia ha tutte le carte in regola per poter esser consumata rapidamente davanti a una vaschetta di gelato.
In cosa si distingue dalle altre serie? Beh… in questa ci sono i fantasmi. Come se ragazzi, liceo e “formazione” non bastassero, la trama si mescola a questo sentore paranormale in grado di renderla bizzarra al punto da funzionare.
Erika e Gia (Zoe Margaret Colletti) son abituate a passare inosservate, per tutto il liceo hanno cercato di tenere un basso profilo così da non essere né vittime, né carnefici in una dinamica fin troppo spesso usata nei teen drama americani. Il liceo ti rende carne da macello se non si presta attenzione o se si pestano i piedi alle persone sbagliate, ma si rischia anche di lasciare che questi anni vengano in un certo senso non vissuti. Se non si rischia non si rosica ed è un po’ quello che hanno fatto le due giovani protagoniste fino alla morte delle stessa Erika. E no, non è uno spoiler. Questo evento, infatti, ci viene annunciato fin da subito perché proprio su ciò si muove l’intera azione narrativa. Tutta la serie, infatti, risponde a un’unica grande domanda: perché non rischiare, se non hai più nulla da perdere?
Consapevole del suo status di fantasma, guidata da Gia, Erika inizia la sua scalata per la vetta della piramide alimentare nel corpo studentesco sgomitando tra drammi e fama così da poter cercare di conquistare il ragazzo per cui ha sempre avuto una cotta. Ed è qui che inizia la storia “formativa” della nostra protagonista e la creazione di un vero e proprio mostro fagocitato anche dagli stessi social.
“Boo, Bitch” ci mette davanti alla consapevolezza del rischiare per poter cercare di giocare una partita che finora si è semplicemente rimasti a guardare. Confondersi con la carta da parati, infatti, non ha dato nulla alla nostra protagonista, al contrario adesso è arrivata persino al punto di cambiare la propria personalità e di diventare uno dei mostri che tanto l’avrebbe bullizzata se solo avesse alzato di poco la testa. Il soprannaturale diviene una scusa per poter giocare tutte le proprie carte rischiando di perdere anche l’umanità che finora aveva contraddistinto la protagonista.
Se si fosse presa un po’ più di tempo, questa storia avrebbe potuto avere lo stesso sapore che ha Insatiable (altra serie da non perdere su Netflix, purtroppo cancellata prematuramente), forse con un po’ meno black humor e sadismo. Il cambio di personalità di Erika è fin troppo repentino, complice la durata della mini-serie, ma pecca all’interno del potenziale narrativo che questa aveva. Riesce comunque a distinguersi all’interno del palinsesto di Netflix perché ha quell’innovazione che non sempre si vede in formule ormai quasi sempre più preconfezionate e digerite per lo spettatore.
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