sabato 3 luglio 2021

#StorieRomane: Abbazia delle Tre Fontane

Dopo avervi parlato della Basilica di San Paolo fuori le mura, non potevamo tralasciare un altro luogo importante sia dal punto di vista religioso, che da quello storico: l’Abbazia delle Tre Fontane. Il nome del complesso proviene dalla leggenda sulla decapitazione di San Paolo. Secondo la tradizione, infatti, la testa del santo romano fece tre balzi e ogni volta che il capo toccò la terra, una fonte d’acqua uscì miracolosamente dal terreno. Oggi vi portiamo virtualmente al suo interno, con l’augurio che tutti voi possiate visitare questo luogo di pace immerso nel silenzio e nella natura. 

Situato in una piccola valle sulla via Laurentina, il complesso è molto più antico di quanto si possa pensare. Il luogo, infatti, fin dall’epoca tardo-latina, era conosciuto come: Acquae Salviae. L’origine del nome potrebbe avere due storie diverse: la prima riguarda le numerose sorgenti che sgorgavano lì attorno, attive ancora oggi; la seconda potrebbe riferirsi alla famiglia romana Salvia che possedeva quella terra. Era conosciuto anche con il nome di “Ager Herodis” (Campo di Erode) per via del pretore romano Erode Agrippa junior che lì aveva la sua villa.

Nonostante ci siano molti documenti che indicano erroneamente la via Ostiense come luogo del martirio e della decapitazione di San Paolo, quelli più accreditati indicano il complesso delle Tre Fontane. Il documento più antico è del V secolo, di origine greca, dal nome: “Acta Petri et Pauli”. 

Anche se adiacente alla trafficata via Laurentina, l’entrata del complesso sembra farci addentrare in un luogo isolato dal resto del mondo. Noi la viviamo come una sorta di meditazione in cammino. Fuori le mura, Roma, il mondo, continuano a muoversi velocemente; noi, lì dentro, ci calmiamo all’istante, come se stessimo in una casa a cielo aperto.  

“Ausculta o fili: obedientia sine mora. Ora et labora. Huc properat caelos optat qui cernere apertos; nec removet votum semita dura pium. Semper difficili quaeruntur summa labore. Arctam semper habet vita beata viam.”

(Ascolta o figlio: obbedienza senza indugio. Prega e lavora. Qui si affretta chi desidera vedere i cieli aperti; e la durezza del percorso non lo distoglie dal santo proposito. Sempre le cose difficili si ottengono con grande fatica. La vita beata passa sempre per uno stretto sentiero.”)

Così ci accoglie la statua di San Benedetto: invitandoci al silenzio e al lavoro. La guardiamo sempre con un rispettoso sorriso, anche perché il silenzio non è il solo comando che sembra darci. C’è qualcosa di più esoterico, ovviamente, ed è una sorta di mantenimento del segreto.

La vita beata passa sempre per uno stretto sentiero”. Ci ricorda di svestirci delle nostre convinzioni egoiche, e visto che la Chiesa della decapitazione di San Paolo è lontana qualche metro dall’entrata, è come se il percorso che ci spetta –oggigiorno facilitato dalla strada asfaltata- servisse per incontrare la nostra vera Essenza. Sopra l’edicola troviamo il sigillo del Santo, che è stato del tutto codificato nel 1647 e riconosciuto come un potente simbolo di esorcismo.  

“Crux Sacra Sit Mihi Lux; Non Draco Sit Mihi Dux”

(La Santa Croce Sia la Mia Luce; non sia il demonio il mio condottiero”

L'arco di Carlo Magno


Il vero ingresso, però, viene segnalato dall’Arco di Carlo Magno, la cui costruzione sembra risalire al XIII secolo, sotto papa Onorio III. È così chiamato perché sulle sue pareti interne era raffigurato un episodio della donazione di alcune proprietà da parte di Leone III e Carlo Magno, nell’805. Una riproduzione in acquarello di questi affreschi (1630), di Antonio Elissi è conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
Altri affreschi sono ancora visibili, come quelli dei quattro Evangelisti, della Madonna, di San Benedetto, San Bernardo e altri Santi.
Per via della sua struttura, l’arco doveva sicuramente fungere da difesa.

Chiesa Abbaziale dei Santi Anastasio e Vincenzo


La Chiesa è stata edificata secondo le regole cistercensi. È totalmente sobria e austera, ma resta comunque una chiesa di una bellezza rara. Le volte a sesto acuto, sono state tra le prime mai fatte in Italia.

Gli affreschi presenti sui pilastri laterali rappresentano gli Apostoli. Sui pilastri di fondo della navata centrale sono raffigurati “Il battesimo nel Giordano” e “Cristo e la Maddalena”. Questi affreschi nel tempo si sono arricchiti delle firme e/o scritte fatte dai visitatori.

La consacrazione della Chiesa avvenne nel 1221 e fu fatta da papa Onorio III. All’inizio era dedicata solo a Sant’Anastasio, ma nel 1370 venne aggiunto anche il nome di San Vincenzo, quando le reliquie di quest’ultimo raggiunsero il monastero.

Ci sarebbe così tanto altro da dire sul monastero,  abbiamo provato a scrivere il tutto, ma crediamo che per la sua particolarità andrebbe visitato: nessuna parola è in grado di descriverlo.

La chiesa della decapitazione di San Paolo

È sicuramente il luogo più sacro dell’intero complesso. Le due statue di San Pietro e San Paolo sono state realizzate da Nicolas Cordier, meglio conosciuto come “Franciosino” tra il XVI e il XVII secolo. Più tardi Pio IX donò due rilievi rappresentanti sempre i due Santi (anche patroni di Roma) in memoria del diciottesimo centenario della morte di San Paolo e in ricordo della sconfitta delle truppe garibaldini il 3 novembre 1867.

Il pavimento del vestibolo è impegnato da un mosaico già esistente al tempo della costruzione. Il Mosaico presente sul pavimento che porta alla navata, invece, è di epoca romana (II secolo d.C.) ed è stato trasportato da Ostia Antica, più precisamente dal Mitreo del Palazzo Imperiale. Raffigura le quattro stagioni dell’anno, nel loro susseguirsi temporale.

La cappella di sinistra, con l’altare dedicato a San Pietro, ha una copia della “Crocifissione” di Guido Reni (1575-1642). L’opera originale si trova alla Pinacoteca Vaticana. L’altare di destra è dedicato a San Paolo e come dipinto ha “La pala della Decapitazione”, di Bartolomeo Passarotti (1529-1592). Alla sinistra si trova la colonna tronca, quella dove fu legato San Paolo durante il martirio.

Nelle edicole a nicchia situate lungo la parete della navate, si trovano le tre Fontane, anche se le sorgenti sono state chiuse nel 1950. I tabernacoli sono del Della Porta.

 Santa Maria Scala Coeli 

Il nome di questa Chiesa è attribuita a una visione che ebbe San Bernardo nel 1138. Mentre stava celebrando una messa per i defunti, in piena estasi, vide una scala dalla quale gli Angeli conducevano le anime dal Purgatorio al Paradiso.

La Chiesa sorge sui resti di un tempio pagano. Alla cripta sottostante, infatti, troviamo un altare pagano dedicato alla Dea Dia. Adiacente sulla destra una piccola cella dove, secondo la tradizione, era tenuto prigioniero San Paolo. L’edificio è del XVI secolo, con i lavori iniziati nel 1582 e terminati due anni dopo. Furono commissionati a Giacomo della Porta, dal cardinale Alessandro Farnese, alla morte del quale subentrò Pietro Aldobrandini.

La pianta è ottagonale, sormontata da una cupola e da una lanterna. All’interno sono presenti tre absidi con i loro altari. Sulla destra troviamo quello dedicato a San Zenone e ai soldati Martiri. L’altare centrale è dedicato alla SS. Vergine. È presenta una tela, il cui autore è sconosciuto. L’abside di sinistra è dedicato a San Bernardo.

Il mosaico del 1591 è stato realizzato da Francesco Zucchi, su disegni di Giovanni de Vecchi. Rappresenta una Madonna con Bambino circondata sulla destra da San Bernardo, San Roberto di Molesmes e Papa Clemente VIII; sulla sinistra da San Vincenzo, Sant’Anastasio e dal cardinale Aldobrandini

Qui sono presenti le spoglie del cistercense Ferdinando Ughelli (1670), autore dell’opera “Italia Sacra” (1644-1662).

Se l'articolo vi ha colpiti e volete andare a visitare il complesso, potete farlo scendendo alla fermata della metropolitana (Linea B) Laurentina. Da lì potete farvi una passeggiata e raggiungere le Tre Fontane a piedi, o aspettare la linea autobus 671.

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