"Questo credo sia proprio il cielo, anche se il cielo io non l'ho visto mai"
Attratti inconsciamente da ciò che è già da noi conosciuto, tendiamo a costruire dei binari che vincolano il potenziale delle nostre vite.
Penso che chiunque, per coercizione o per volontà, si ritrovi prima o poi a combattere contro questo istinto. Non resta allora che smarrirsi, attraversare l'ignoto come l'eroe che intraprende un viaggio nel tentativo di ristabilire un ordine che è stato turbato. Perdersi è condizione essenziale di un essere in continuo divenire: la staticità è un'illusione e una magra consolazione, una prigione mentale nella quale ci siamo rinchiusi con i nostri comfort. Le vie di fuga, che siano spazi fisici o psicologici, spaventano perché siamo impauriti dall'incertezza.
Nella mia esperienza, questo bisogno è emerso da una sensazione che si rivela onnipresente nel mio vissuto: quella di essere sempre alla ricerca di qualcosa. Una sensazione che si può manifestare nel sogno come nella veglia.
Nei miei sogni ho visto paesaggi che non avrei mai pensato di poter immaginare, sconnessi dalla realtà e rifiniti di meticolosi dettagli; nella realtà ho invece visto luoghi permeati da un'atmosfera onirica che rapiva i miei sensi. Il modo attraverso il quale scelgo di rapportarmi con questi inaspettati luoghi fittizi o reali, evidenzia il mio desiderio di meraviglia e il bisogno di sorpresa. Osservo attentamente i dettagli e l’insieme, ascolto il calore del sole e la brezza del vento sulla mia pelle, sfioro con le dita mura e vegetazione, annuso il profumo dei fiori e sento l’aria che mi purifica.
Tuttavia più qualcosa diventa abitudinario, visto e vissuto, meno siamo disposti a lasciarci travolgere dalle sensazioni che potrebbe regalarci. Forse è lo stesso principio per il quale i bambini guardano con più meraviglia il mondo rispetto agli adulti.
Perdere i propri riferimenti fisici e psicologici può essere devastante per chi non riesce a fronteggiare condizioni nuove; ma allo stesso tempo può rivelarsi un'opportunità per riscoprire noi stessi e il mondo, per riacquisire quello stupore perduto.
Giungono momenti della mia vita nei quali mi guardo intorno e niente è più familiare. Dopo l'iniziale sgomento, mi rassicuro e realizzo che quegli spazi ancora privi della mia storia, sono come una tela bianca che può essere dipinta dai colori delle mie prossime esperienze. Posso immaginare nuovamente, lasciandomi trasportare dall’avvenire.
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