“Napoli è un luogo sopravvissuto a invasioni straniere, eruzioni vulcaniche, terremoti, rivolte popolari, e che allo stesso tempo ha prodotto nella sua storia una valanga di musica”
(John Turturro)
Non è difficile immaginare cosa accade nella mente di un
italiano appena sente o legge la parola “Napoli”. Quello che mi è sempre
capitato di pensare, da romana de Roma è: “perché?”. Sono state tante le volte
in cui ho girato per le strade di Napoli, che ho respirato l’odore del mare e
assaporato il suo cibo, e ogni volta, seduta su un sedile del treno che mi
riportava a Roma, la domanda era sempre la stessa: “perché?”.
Napoli è stata da sempre la città dell’arte. La conosciamo
attraverso la cultura popolare, i film, ma soprattutto la musica. In molti
alzano gli occhi al cielo quando si parla di musica napoletana, e anche qui mi
viene in mente la domanda: “perché?”. La musica napoletana è un’eccellenza
della canzone italiana, e sono tanti gli artisti stranieri che la omaggiano
ancora oggi.
Ma perché da dopo il 2000 si è cercato di mettere fine alla
canzone napoletana? Perché molti interpreti partenopei hanno dovuto cantare in
italiano per ottenere il successo cui aspiravano?
Quasi vent’anni fa, un giovane e coraggioso Gigi D’Alessio,
ospite di Marzullo alla trasmissione "Sottovoce", espresse il suo desiderio di
partecipare a Sanremo – che all’epoca non accettava frasi in dialetto nei testi
delle canzoni – solo con la possibilità di cantare in napoletano.
Nel 2000 partecipa al Festival della musica italiana con la
canzone “Non dirgli mai”. Durante le prove l’ha sempre cantata totalmente in
italiano, ma al suo debutto davanti alla nazione intera lo vediamo cantare con
naturalezza: “Si stasera t’avesse vasa’”. Anche se quell’anno tifavo per Marco
Masini, che portò Raccontami di te, (scusami Gigi, ma ‘o primm’ ammore nun se
scorda mai) è stato grazie a quel gesto se mi sono avvicinata alla musica
napoletana e a Gigi D’Alessio.
Non voglio annoiarvi parlando della sua discografia e delle
emozioni che provo ancora adesso quando lo sento cantare “Oj Nenna Ne”,
“Scusami” o “Le mani”, ma mi chiedo come può un cantautore che sa fare
dell’ottima musica, che sa esprimere storie lunghe anni in pochi minuti, essere
così tanto snobbato?
Non si tratta di gusti personali, qui alzo le mani, ognuno ha
i suoi. Si tratta di non saper riconoscere la bravura vera. Michele Placido ha
recitato il testo di “Mentre ‘a vita se ne va”, e ha onorato così un testo
profondo, commovente e malinconico. Forse uno dei più belli, a mio avviso, del
cantante napoletano.
La London Symphony Orchestra l’ha accompagnato nella
realizzazione della nuova versione di “Non dirgli mai”. Eppure, nonostante i
grandi riconoscimenti, viene visto ancora come colui che non sa fare musica.
Perché?
Forse la risposta è la stessa che si cela dietro le vecchie credenze
che ci accompagnano: “a volte è più facile fare affidamento su quello che ci
dicono gli altri invece di andare a verificare, rischiando di scoprire di avere
sempre avuto torto”. E questa è una mia citazione.
Nessun commento:
Posta un commento