giovedì 25 giugno 2020

#SullaStrada: Napoli & Musica

“Napoli è un luogo sopravvissuto a invasioni straniere, eruzioni vulcaniche, terremoti, rivolte popolari, e che allo stesso tempo ha prodotto nella sua storia una valanga di musica”
(John Turturro)



Non è difficile immaginare cosa accade nella mente di un italiano appena sente o legge la parola “Napoli”. Quello che mi è sempre capitato di pensare, da romana de Roma è: “perché?”. Sono state tante le volte in cui ho girato per le strade di Napoli, che ho respirato l’odore del mare e assaporato il suo cibo, e ogni volta, seduta su un sedile del treno che mi riportava a Roma, la domanda era sempre la stessa: “perché?”.
Napoli è stata da sempre la città dell’arte. La conosciamo attraverso la cultura popolare, i film, ma soprattutto la musica. In molti alzano gli occhi al cielo quando si parla di musica napoletana, e anche qui mi viene in mente la domanda: “perché?”. La musica napoletana è un’eccellenza della canzone italiana, e sono tanti gli artisti stranieri che la omaggiano ancora oggi.
Ma perché da dopo il 2000 si è cercato di mettere fine alla canzone napoletana? Perché molti interpreti partenopei hanno dovuto cantare in italiano per ottenere il successo cui aspiravano?

Quasi vent’anni fa, un giovane e coraggioso Gigi D’Alessio, ospite di Marzullo alla trasmissione "Sottovoce", espresse il suo desiderio di partecipare a Sanremo – che all’epoca non accettava frasi in dialetto nei testi delle canzoni – solo con la possibilità di cantare in napoletano.

Nel 2000 partecipa al Festival della musica italiana con la canzone “Non dirgli mai”. Durante le prove l’ha sempre cantata totalmente in italiano, ma al suo debutto davanti alla nazione intera lo vediamo cantare con naturalezza: “Si stasera t’avesse vasa’”. Anche se quell’anno tifavo per Marco Masini, che portò Raccontami di te, (scusami Gigi, ma ‘o primm’ ammore nun se scorda mai) è stato grazie a quel gesto se mi sono avvicinata alla musica napoletana e a Gigi D’Alessio.

Non voglio annoiarvi parlando della sua discografia e delle emozioni che provo ancora adesso quando lo sento cantare “Oj Nenna Ne”, “Scusami” o “Le mani”, ma mi chiedo come può un cantautore che sa fare dell’ottima musica, che sa esprimere storie lunghe anni in pochi minuti, essere così tanto snobbato?

Non si tratta di gusti personali, qui alzo le mani, ognuno ha i suoi. Si tratta di non saper riconoscere la bravura vera. Michele Placido ha recitato il testo di “Mentre ‘a vita se ne va”, e ha onorato così un testo profondo, commovente e malinconico. Forse uno dei più belli, a mio avviso, del cantante napoletano.

La London Symphony Orchestra l’ha accompagnato nella realizzazione della nuova versione di “Non dirgli mai”. Eppure, nonostante i grandi riconoscimenti, viene visto ancora come colui che non sa fare musica. Perché? 
Forse la risposta è la stessa che si cela dietro le vecchie credenze che ci accompagnano: “a volte è più facile fare affidamento su quello che ci dicono gli altri invece di andare a verificare, rischiando di scoprire di avere sempre avuto torto”. E questa è una mia citazione.


Nessun commento:

Posta un commento