Ho
letto questo libro quasi tutto di un fiato, senza mai fare una pausa o senza
che ci fosse la minima distrazione. Sarà stato l’argomento, che mi sta
particolarmente a cuore, a non avermi dato mai l’occasione di alzare gli occhi
dalle pagine del libro scritto da Gianrico Carofiglio.
Il tema principale è il rapporto tra Antonio, un liceale dei primi anni
ottanta, e suo padre, un matematico dedito al suo lavoro.
Chi
ci mette al mondo ci conosce forse meglio di chiunque altro, o almeno è così
fino all’adolescenza; poi ci allontaniamo dalle nostre radici per esplorare
nuovi orizzonti e provare emozioni, vivere esperienze che abbiamo letto nei
libri o visto nei film. Più cresciamo, più aumenta la distanza tra “il mondo
degli adulti” e il nostro mondo. Si crea l’assurda situazione in cui una parte
non conosce più l’altra e spesso sono le cose non dette a creare sempre più
divario.
Non
spetta solo a una parte avvicinarsi: entrambe devono fare un passo avanti e far
cadere le barriere. Conosciamo i nostri genitori quando sono ormai degli
adulti. Ci raccontano del loro passato scegliendo bene cosa dire, omettendo le
parti più complicate, quelle che: “non è il caso si sappia”. È logico che anche
per l’adolescente sia così: non possiamo pretendere di voler sapere tutto, se
non diciamo tutto.
Antonio
deve affrontare un viaggio importante, che lo porta a Marsiglia e che lo
costringe a rimanere sveglio per due notti e due giorni. Assieme a lui c’è il
padre e durante le quarantotto ore di veglia, il figlio scoprirà lati di un
padre che diventa sempre più umano ai suoi occhi. La distanza tra i due sembra
dissolversi a ogni minuto passato insieme, a ogni esperienza di vita confidata,
a ogni scelta presa.
“Era felice, diceva
papà, dell’occasione imprevista e imprevedibile che avevamo avuto a Marsiglia;
delle cose che ci eravamo detti e di quelle che erano rimaste in sospeso,
perché erano un motivo per parlare ancora. E lui mi avrebbe raccontato, senza
fretta, trovando l’occasione giusta.”
È
quando vediamo i nostri genitori -o i nostri figli- come persone che scopriamo
un mondo nuovo. Siamo pieni di gratitudine accorgendoci che davanti ai
nostri occhi c’è un essere umano così simile e al tempo stesso così lontano da
noi. Siamo pieni di sorpresa nell'ammettere che amiamo molto di più quella
persona, nonostante tutto.
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