"L’animatore contemplava i ragazzini seduti in circolo e ne sceglieva uno. «Daniel», diceva. «Puoi?»"
Così Stephen King, nel suo Misery, spiega cosa voglia dire sul serio scrivere. Ogni scrittore sa che per rendere la storia autentica deve fare i conti con quel "Puoi?"
I thriller più di tutti devono tenerne conto. In questo genere non esistono personaggi esterni, di passaggio, che non hanno nulla da offrire. Ognuno di loro ha un ruolo fondamentale nel rendere vero il caso.
In una lotta contro il tempo, Walker a volte perde lucidità, prende abbagli, ma grazie al suo senso del poliziotto, riesce a rimettersi sulla retta via, ad avere quelle intuizioni che gli permettono di fare il passo decisivo in avanti.
Perché un assassino decide di uccidere cinque persone senza un motivo apparente? Perché tra loro sembra non esserci alcuna relazione, nessun comportamento in comune che possa farle rientrare nel mirino di uno psicopatico? Cosa spinge una persona a ucciderne un’altra? E perché inserire vari simboli su ogni scena del crimine?
Sono queste le domande che più mi sono posta durante la lettura di “La morte ha l’oro in bocca” di Nicola Rocca. Milano è protagonista di un caso nazionale, dove i media sembrano divenire gli antagonisti: ogni notizia trapelata è un’arma che può mandare all’aria interi giorni d’indagini.
L’assassino muta il suo lavoro, cambia il modus operandi, e questo fa andare in ossessione il commissario Walker che passa ogni ora del suo tempo a cercare di risolvere il caso.
I piccoli messaggi lasciati sui corpi delle vittime si
uniscono, fino a formare veri e propri enigmi. Walker non riesce a decifrarli,
si fa aiutare da una persona esperta ma nonostante gli ripeta che la soluzione
va cercata vicino a lui, non riesce comunque a ragionare razionalmente.
“A volte gli enigmi sono più facili di quello che pensi. Siamo noi a renderli complicati. Ricerchiamo la loro soluzione percorrendo innumerevoli labirinti, quando magari la svolta è proprio lì, davanti a noi. L’occhio umano vede solo ciò che vuole vedere.”
Quante volte ci siamo immedesimati in Walker? Quante volte abbiamo pensato ossessivamente a un problema senza renderci conto che la soluzione è sempre stata lì, di fronte ai nostri occhi?
David Walker è una persona umana. Il trucco del “Puoi?” ha funzionato nel rendere vivo questo personaggio. È dedito al lavoro, vuole salvare vite e ha il coraggio di rendersi vulnerabile.
Il “Puoi?” ha funzionato anche con tutti gli altri protagonisti e personaggi di sfondo che fondendosi con le loro vite assolutamente possibili, hanno realizzato un thriller reale e credibile.
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