venerdì 26 dicembre 2025

#Natale: Quando nessuno guarda

Foto di Filipp Romanovski 
su Unsplash
Se avessero chiesto a Federico quale fosse la sua più grande paura mai avrebbe risposto la solitudine. In settantacinque anni di vita non gli è mai successo di sentirsi veramente solo. Certo, di momenti tutti per sé ce ne sono stati nel corso del tempo, non si è mai negato la pausa pranzo in solitaria a lavoro, perché era il suo modo di ricaricarsi dopo aver trascorso le ore con la gente. Ma il vero senso di solitudine, quello che ti fa sentire freddo, mai avrebbe pensato di poterlo provare sul serio.


Sua moglie è morta da pochi mesi, l’ultima a lasciarlo in quella serie infinita di lutti che hanno segnato la sua vita negli ultimi dieci anni: prima i genitori, poi la sorella più grande, alcuni dei suoi amici più stretti e ora la moglie.
Non hanno avuto figli, non ne hanno mai ricercato i motivi, nessuno dei due si è mai sentito così coraggioso da prendersene la responsabilità. Semplicemente non sono arrivati, nonostante il grande amore che li univa. Anche di adottare non se ne parlava, c’era sempre qualche impedimento: il poco tempo, i sensi di colpa, la paura di amare davvero qualcuno anche se non aveva lo stesso sangue. 

Federico si sistema la giacca, si stringe la cravatta al collo. Si massaggia il volto scavato dallo scorrere del tempo o dal dolore, ma sempre ben curato. Si pettina i pochi capelli bianchi e si infila i guanti nuovi regalati dalla nipote. Sì, perché se non fosse per la figlia di sua sorella Cristina, lui avrebbe passato i giorni di Natale solo come un qualsiasi vecchio a mangiare tonno in scatola davanti alla televisione che avrebbe dato sempre le stesse cose. Invece per quell’anno Sofia è tornata dalla Scozia, dove da qualche anno vive con il marito. Si parla di fuga di cervelli incolpandoli, come se per loro fosse facile lasciare gli affetti per una vita più dignitosa. Sospira posando con cura il pettine nel cassetto. Poi si incammina ancora ben eretto sulla schiena verso il corridoio. Dall’appendiabiti prende il suo cappotto lungo e caldo, la sciarpa e il cappello, regali dei Natali passati fatti da sua moglie e si prepara a uscire.

Sua madre lo ripeteva sempre: la vita è movimento, azione, voglia di stare insieme anche con persone che mai conosceremo. Così decide di passare quel 26 dicembre in piazza, il tempo lo permette: il sole è caldo e il freddo può essere affrontato con una tazza di tè tra le mani.
Basta solo scendere qualche rampa di scale e si ritrova a essere un uno con tutta quella gente sconosciuta. C’è il classico coro improvvisato che intona i canti natalizi fuori tempo massimo, ci sono i bambini che si rincorrono, chi fa la fila per dei dolci, chi porta a spasso il cane, chi ancora si è appena immesso in quel momento da poco, proprio come lui.

Federico cammina lentamente, si dice di dare un’occhiata, prima di decidere effettivamente cosa fare, ma senza neanche pensarci più di tanto, fa la fila alla giostra ottocentesca. Si sente di nuovo bambino, quando mano nella mano con la sorella più grande, attendeva il suo turno per poter salire, sempre attento a non perdere con lo sguardo i genitori che sorridevano infondendogli coraggio e forza, facendolo sentire molto più grande di quel piccolo scricciolo che in realtà era.
Si dice che quando si è anziani si torna un po’ bambini e questo non è vero solo per la ritrovata vulnerabilità, ma anche perché si sente il bisogno di avere accanto quelle due persone che nei casi più fortunati come il suo sono andati via da poco: i genitori. Solo loro avrebbero potuto consolarlo alla morte di Maria. Solo il caldo abbraccio di sua madre avrebbe potuto rincuorarlo per la perdita, solo le parole e lo sguardo fermo del padre avrebbero potuto farlo sentire al sicuro.

Non fa la giostra per voglia o desiderio di divertirsi, ma solo per poter stare ancora in fila, per sentirsi di nuovo addosso gli stessi sguardi fieri e orgogliosi della mamma e del papà che lo spronano ad andare avanti anche adesso che è così difficile, ora che chiede ogni giorno a Dio perché non prende anche lui? Perché non gli fa la grazia di tornare da chi lo ha amato? Per quale motivo deve ancora soffrire rimanendo un giorno in più in un pianeta che lo fa sentire sempre più inutile ogni ora che passa?           
Quando è il momento di fare il biglietto, Federico prende dalla tasca i due Euro li dà al giostraio, che in cambio gli consegna un biglietto di plastica. Non sa cosa farsene, di salire non se ne parla, con le vertigini che potrebbe avvertire, così se lo gira e rigira tra le mani, indeciso se donarlo al primo passante o semplicemente riconsegnarlo indietro. Poi alza lo sguardo, e vede una bambina con lo sguardo così deciso da ricordarle quelli della sorella, che fissa la giostra, ben consapevole che non può andarci perché i soldi per quel mese sono finiti già da due settimane. Federico sorride e, con i genitori accanto che lo spronano gioiosi, compie il gesto per cui era ancora su questo pianeta. 

Ora, leggero, può godersi il resto del pomeriggio, prima di poter finalmente tornare da chi lo ha tanto amato.

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