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di Eugenia Pan’ikv su Unsplash |
Premessa e chiaro disclaimer per tutti: questo articolo non vuole sminuire il senso dello scambiarsi i doni, ma solo vedere come le tradizioni che oggi pensiamo incrollabili possono essere modificate, seguendo la nostra personale volontà.
Per tutti questi disclaimer è importante sottolineare anche che non esiste una data di nascita precisa del Natale uguale a scambio di doni. Questa tradizione si è evoluta lentamente, unendo le usanze pagane e cristiane prima, quelle folkloristiche e sociali dopo.
Come oggi vediamo l’arrivo di Babbo Natale tramite gli occhi dei bambini, così è bene ricordare che i nostri antenati si scambiavano regali ancora prima che San Nicola fece la sua comparsa, anche perché parliamo di una società precristiana.
Per tutti questi disclaimer è importante sottolineare anche che non esiste una data di nascita precisa del Natale uguale a scambio di doni. Questa tradizione si è evoluta lentamente, unendo le usanze pagane e cristiane prima, quelle folkloristiche e sociali dopo.
Come oggi vediamo l’arrivo di Babbo Natale tramite gli occhi dei bambini, così è bene ricordare che i nostri antenati si scambiavano regali ancora prima che San Nicola fece la sua comparsa, anche perché parliamo di una società precristiana.
Partiamo sempre da loro: dai Romani. Ancora prima della fede cristiana, i nostri antichi amici avevano già l’abitudine di scambiarsi i doni proprio durante la festa dei Saturnali, in onore del dio Saturno, che si svolgeva nei giorni del solstizio d’inverno.
Nel giorno prima dell’avvento del solstizio (quindi intorno al 19 o 20 dicembre), i Romani erano soliti comprare delle piccole statuette fittili – chiamate sigilla – che regalavano ad amici e/o parenti per augurare loro fortuna e prosperità.
I regali non finivano qui, perché nei giorni seguenti si regalavano tra loro le “strenne” (ramoscelli, vischio, frutti). Questa tradizione prende origine dal rendere omaggio alla dea sabina del buon augurio Strenia, che ricambiava dando all’offerente fortuna, forza e coraggio nelle imprese che sarebbero giunte senza dubbio a buon fine.
In epoca Romana scambiarsi i doni, quindi, significava anche augurarsi a vicenda fortuna, benessere e abbondanza per tutto l’anno a seguire.
Con l’avvento della Cristianesimo i Saturnali caddero e il periodo assunse presto un significato molto più religioso e intimo, ricordando la prima venuta di Cristo. Ma l’idea del dono è rimasta nell’immagine dei re Magi che regalano al piccolo Gesù oro, incenso e mirra. Ecco perché a lungo (fino a circa metà del Novecento) si è pensato di celebrare i bambini nel giorno dell’Epifania.
Durante tutto il Medioevo le case venivano addobbate con la frutta della stagione lasciata a essiccare e i più fortunati potevano certamente scambiarsi i regali, anche se per questi si aspettava l’inizio del nuovo anno.
Con il trascorrere del tempo si è iniziato a puntare nei regali a qualcosa di più specifico: tessuti con cui confezionarsi i vestiti nel corso dell’anno, offerte di cibo per preparare qualcosa di speciale… in sintesi erano piccoli gesti e regali di cui beneficiava tutta la famiglia o le persone più povere che venivano aiutate da chi poteva permetterselo.
Come, quindi, i bambini sono entrati nell’equazione esclusiva del Natale?
Questo avviene nel XIX secolo, con l’industrializzazione, la crescente urbanizzazione e non di meno la nascita di una borghesia più ampia.
Il Natale cambia del tutto espressione: da festa contemplativa e comunitaria, volta soprattutto al benessere della comunità, diventa una festa domestica, intima, incentrata sulla famiglia.
Se i bambini prima venivano accontentati, e molto raramente, con del cibo, ora sempre più famiglie possono permettersi di donare ai più piccoli dei giochi, almeno solo per il periodo del Natale. Ecco che tra San Nicola, Santa Lucia, Gesù Bambino, la Befana, il tutto a seconda delle regioni italiane, i bambini cominciano a trovare sotto l’albero – o ai piedi dei loro lettini – qualche pensiero solo ed esclusivamente per loro.
Il consumismo tra Babbo Natale e un noto marchio di bevanda, farà il suo...
Viene da chiedersi, però, quando abbiamo fatto di tutto ciò un evento globale volto al consumismo. Come siamo passati dall’unico regalo che accontentava e riempiva di gioia, all’averne mille da poco valore, almeno affettivo?

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