“Gli uccellini cinguettano e li sento chiamare il mio nome. L’erba è così verde e viva. Mi chiedo come sia possibile fare a meno di tutta questa meraviglia.” Un sabato mattina di maggio Gianluca mi manda questo messaggio, mentre anche io ero all’ascolto del canto degli uccellini. Neanche io so come sia possibile vivere una vita che non rincorre la bellezza della natura, delle piccole cose, l’emozionarsi per la gioia dei bambini che giocano sotto casa, per un concerto di musica classica, o per una colomba bianca che cammina sulle strade di Piramide.
La cinica donna austera che reprime ogni emozione in pubblico, si scioglie facilmente appena vede un ragno tessere la sua tela, dei pappagalli volare insieme nel cielo, dei piccioni tubare sul cornicione, un gatto accoccolarsi al sole. È una gioia che esplode al mio interno, che mi fa sentire viva, euforica, con un pensiero in testa: “Ma io sto vivendo, proprio vivendo!”
Vi è mai capitato quel flash o trip mentale, che vi ripete quella frase? In un lampo di un istante che sembra però eterno. È raro, l’ultima volta che l’ho vissuto è stato cinque anni fa, ma è qualcosa di assolutamente inspiegabile a parole. Ecco, lo ricerco costantemente, per nutrire l’anima affinché non diventi mai di pietra.
I dolori del mondo sono tanti, forse troppi, eppure il dono più grande della vita è proprio quello di osservare il piccolo, gioire per la sua esistenza. Un raggio di sole che si infila tra i rami di un albero, l’odore del bucato, gli uccelli che alle quattro del mattino già esultano per l’alba…
Più guardo a tutto questo, più sento perdere il contatto con la materia del mio corpo. Sono ora più leggera, sapendo che non vi è nessuna differenza tra il mio interno e il mio esterno, sono eternità. La mia pelle, i miei cinque sensi, sono solo un traduttore per la mia anima, per comprendere i segnali e rendersi consapevole di sé. Non sono le preoccupazioni che ho, non sono le speranze o le delusioni che rendono il mio bagaglio vitale sempre più pesante. Sono la percezione, sono come una bambina alla costante ricerca del perché qualcosa mi fa sentire in un certo modo.
Sono la curiosità di comprendere perché l’uomo vuole attaccarsi così tanto alla materia, quando lasciandosi andare può volare verso le vette più alte del cielo, può nuotare verso gli abissi più profondi dell’oceano. Perché decide di urlare al prossimo, quando può ascoltare il silenzio e tramite esso parlare con ogni essere vivente che abita l’intero universo. Non so quanti anni ancora vivrò qui, quanti altri contenitori avrò per arrivare alla comprensione dell’Uno, ma so che vivere con la pelle sempre più sottile è il destino a cui tutti arriveremo.
La cinica donna austera che reprime ogni emozione in pubblico, si scioglie facilmente appena vede un ragno tessere la sua tela, dei pappagalli volare insieme nel cielo, dei piccioni tubare sul cornicione, un gatto accoccolarsi al sole. È una gioia che esplode al mio interno, che mi fa sentire viva, euforica, con un pensiero in testa: “Ma io sto vivendo, proprio vivendo!”
Vi è mai capitato quel flash o trip mentale, che vi ripete quella frase? In un lampo di un istante che sembra però eterno. È raro, l’ultima volta che l’ho vissuto è stato cinque anni fa, ma è qualcosa di assolutamente inspiegabile a parole. Ecco, lo ricerco costantemente, per nutrire l’anima affinché non diventi mai di pietra.
I dolori del mondo sono tanti, forse troppi, eppure il dono più grande della vita è proprio quello di osservare il piccolo, gioire per la sua esistenza. Un raggio di sole che si infila tra i rami di un albero, l’odore del bucato, gli uccelli che alle quattro del mattino già esultano per l’alba…
Più guardo a tutto questo, più sento perdere il contatto con la materia del mio corpo. Sono ora più leggera, sapendo che non vi è nessuna differenza tra il mio interno e il mio esterno, sono eternità. La mia pelle, i miei cinque sensi, sono solo un traduttore per la mia anima, per comprendere i segnali e rendersi consapevole di sé. Non sono le preoccupazioni che ho, non sono le speranze o le delusioni che rendono il mio bagaglio vitale sempre più pesante. Sono la percezione, sono come una bambina alla costante ricerca del perché qualcosa mi fa sentire in un certo modo.
Sono la curiosità di comprendere perché l’uomo vuole attaccarsi così tanto alla materia, quando lasciandosi andare può volare verso le vette più alte del cielo, può nuotare verso gli abissi più profondi dell’oceano. Perché decide di urlare al prossimo, quando può ascoltare il silenzio e tramite esso parlare con ogni essere vivente che abita l’intero universo. Non so quanti anni ancora vivrò qui, quanti altri contenitori avrò per arrivare alla comprensione dell’Uno, ma so che vivere con la pelle sempre più sottile è il destino a cui tutti arriveremo.
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