Ci risiamo: un altro thriller.
Quando la Fazi Editore ci ha manda la lista dei libri in uscita, non ho dubbi: se vedo un thriller deve essere mio.
Anche “Sottobosco” di Sara Strömberg ha seguito questo principio del tutto impulsivo.
Vera Bergström è nel pieno della sua crisi di mezza età. Non più giornalista a causa della crisi che ha investito anche la carta stampata, si ritrova senza un lavoro dopo trent’anni di carriera al Jämtlandsposten. Come se questo non fosse già un trauma, il suo compagno di lunghissima data, Lenvan, la lascia per una ragazza molto più giovane di lei. Single e disoccupata, quindi, Vera torna nella sua regione di nascita nel Nordovest della Svezia, luogo geografico piuttosto disabitato, dove non succede mai niente e tutti conoscono tutto di tutti.
Tornata quindi alle origini, Vera inizia a lavorare come assistente insegnante in un liceo, ma la tranquillità – che comunque fatica a trovare – viene scombinata quando la ricontatta il suo ex caporedattore: una donna è stata assassinata proprio a due passi da lei. Lui decide che Vera è l’unica in grado di parlare del caso, così la donna torna a vestire i panni della giornalista d’inchiesta – almeno nei weekend, quando la scuola è chiusa – ma quello in cui si imbatterà sarà tanto oscuro quanto pericoloso…
La scrittura della Strömberg è a mio avviso perfetta, ed è questo il motivo principale per cui ho potuto continuare a leggere il libro nonostante i miei numerosi dubbi, di cui parlerò più avanti. L’autrice riesce magistralmente a catapultarci in una Svezia problematica, lontana anni luce dalla nostra idea di perfezione del Nord Europa: gli abitanti fanno i conti con i paesi che si svuotano a favore delle grandi città, proprio come succede qui da noi e proprio come da noi la noia può portare a creare situazioni poco consone quando si è appena adolescenti.
Ci sono alcune scene violente molto descrittive, è sicuramente un thriller noir quindi non adatto a chi è facilmente impressionabile. Io non lo sono, ma in alcuni punti ho dovuto respirare a fondo prima di poter proseguire.
Adesso, però, arriviamo ai ma. È difficile farlo senza evitare del tutto gli spoiler, ma prometto che non scriverò nulla di compromettente per chi è interessato all’acquisto del libro.
Parliamo di Vera Bergström, la protagonista ed eroina indiscussa. Cinquantenne, in un momento della sua vita in cui ha perso tutto: il suo amore e il lavoro dei suoi sogni, che ha sempre saputo di voler svolgere. Atterrita com’è accetta comunque di indagare sul caso e fin qui potrebbe anche andare bene. Ma… lo fa senza collaborare neanche un secondo con la polizia.
Ora, capisco il voler descrivere le donne come nuove guerriere senza timori e paure perché questo nel 2025 fa vendere, ma… andiamo. Ok che un romanzo deve rimanere un romanzo e può discostarsi anche dalla realtà, ma il modo in cui la giornalista Bergström si approccia al caso, scopre indizi, prove, interroga testimoni e conoscenti della vittima diventa presto un fantasy, o qualcosa di molto simile alla trama di una qualsiasi puntata de La Signora in Giallo.
Niente contatti con le forze dell’ordine perché “Non posso chiamare la mamma al primo problema”, niente contatti con gli avvocati delle parti, persone restie a parlare con i giornalisti ma che si aprono totalmente con lei nonostante entri in modo del tutto illegale nella loro privacy. Insomma, questo tipo di assurdità non mi ha portata a divorare il libro, ma a leggere le giuste pagine per poterlo concludere nel minor tempo possibile. Non per farla finita subito– perché come già detto è di buona lettura – ma per le tempistiche del blog.
Avrei preferito una donna eroina che sa sfidare le autorità con il suo incredibile talento a scovare i dettagli laddove anche i migliori uomini con decenni di lavoro brancolavano nel buio, piuttosto che una giornalista kamikaze perché tanto non ha più nulla da perdere e vuole arrivare per prima sul caso, con l’unico obiettivo di vendere l’articolo, con tanta pace al rispetto della vittima.
Certamente Vera Bergström è un personaggio cinico – e ci sta con quanto le è successo – e incosciente più che temeraria, ma almeno è proprio per questo che può risultare vera. Perché diciamolo: anche se la trama è ai limiti dell’assurdo, adoro tantissimo una protagonista che abbandona finalmente la maschera della perfezione e sbaglia costantemente.
“Sottobosco” è un romanzo che a mio avviso può dividere, che è adatto a chi ama il noir e i colpi di scena, anche se questa volta il colpevole per me è stato piuttosto telefonato.
Spero, la prossima volta, di promuovere del tutto il nuovo caso di Vera Bergström.
Quando la Fazi Editore ci ha manda la lista dei libri in uscita, non ho dubbi: se vedo un thriller deve essere mio.
Anche “Sottobosco” di Sara Strömberg ha seguito questo principio del tutto impulsivo.
Il libro, primo volume di una serie, è disponibile in tutte le librerie italiane dal 7 ottobre 2025. La traduzione è di Renato Zatti.
Devo dirlo: se in Svezia ha subito conquistato il pubblico, io non sono del tutto convinta dalla trama, anche se comunque sono decisa a dare una seconda possibilità alla protagonista, ma questo lo spiegherò meglio nell'articolo.
Devo dirlo: se in Svezia ha subito conquistato il pubblico, io non sono del tutto convinta dalla trama, anche se comunque sono decisa a dare una seconda possibilità alla protagonista, ma questo lo spiegherò meglio nell'articolo.
«Qui avevo giocato ed ero cresciuta. In mezzo all’odore di palude e muschio. Il mio corpo se ne ricordava. Portava i segni del sottobosco e della sterpaglia. Agognava sempre il calore, ma quando restavo al caldo troppo a lungo voleva tornare a casa per poter davvero respirare. Qui si era molto distanti dalle sparatorie della grande città, dalle esplosioni e dalla criminalità delle gang. In questi territori si svolgevano lotte di tutt’altro genere.»
Vera Bergström è nel pieno della sua crisi di mezza età. Non più giornalista a causa della crisi che ha investito anche la carta stampata, si ritrova senza un lavoro dopo trent’anni di carriera al Jämtlandsposten. Come se questo non fosse già un trauma, il suo compagno di lunghissima data, Lenvan, la lascia per una ragazza molto più giovane di lei. Single e disoccupata, quindi, Vera torna nella sua regione di nascita nel Nordovest della Svezia, luogo geografico piuttosto disabitato, dove non succede mai niente e tutti conoscono tutto di tutti.
Tornata quindi alle origini, Vera inizia a lavorare come assistente insegnante in un liceo, ma la tranquillità – che comunque fatica a trovare – viene scombinata quando la ricontatta il suo ex caporedattore: una donna è stata assassinata proprio a due passi da lei. Lui decide che Vera è l’unica in grado di parlare del caso, così la donna torna a vestire i panni della giornalista d’inchiesta – almeno nei weekend, quando la scuola è chiusa – ma quello in cui si imbatterà sarà tanto oscuro quanto pericoloso…
La scrittura della Strömberg è a mio avviso perfetta, ed è questo il motivo principale per cui ho potuto continuare a leggere il libro nonostante i miei numerosi dubbi, di cui parlerò più avanti. L’autrice riesce magistralmente a catapultarci in una Svezia problematica, lontana anni luce dalla nostra idea di perfezione del Nord Europa: gli abitanti fanno i conti con i paesi che si svuotano a favore delle grandi città, proprio come succede qui da noi e proprio come da noi la noia può portare a creare situazioni poco consone quando si è appena adolescenti.
Ci sono alcune scene violente molto descrittive, è sicuramente un thriller noir quindi non adatto a chi è facilmente impressionabile. Io non lo sono, ma in alcuni punti ho dovuto respirare a fondo prima di poter proseguire.
Adesso, però, arriviamo ai ma. È difficile farlo senza evitare del tutto gli spoiler, ma prometto che non scriverò nulla di compromettente per chi è interessato all’acquisto del libro.
Parliamo di Vera Bergström, la protagonista ed eroina indiscussa. Cinquantenne, in un momento della sua vita in cui ha perso tutto: il suo amore e il lavoro dei suoi sogni, che ha sempre saputo di voler svolgere. Atterrita com’è accetta comunque di indagare sul caso e fin qui potrebbe anche andare bene. Ma… lo fa senza collaborare neanche un secondo con la polizia.
Ora, capisco il voler descrivere le donne come nuove guerriere senza timori e paure perché questo nel 2025 fa vendere, ma… andiamo. Ok che un romanzo deve rimanere un romanzo e può discostarsi anche dalla realtà, ma il modo in cui la giornalista Bergström si approccia al caso, scopre indizi, prove, interroga testimoni e conoscenti della vittima diventa presto un fantasy, o qualcosa di molto simile alla trama di una qualsiasi puntata de La Signora in Giallo.
Niente contatti con le forze dell’ordine perché “Non posso chiamare la mamma al primo problema”, niente contatti con gli avvocati delle parti, persone restie a parlare con i giornalisti ma che si aprono totalmente con lei nonostante entri in modo del tutto illegale nella loro privacy. Insomma, questo tipo di assurdità non mi ha portata a divorare il libro, ma a leggere le giuste pagine per poterlo concludere nel minor tempo possibile. Non per farla finita subito– perché come già detto è di buona lettura – ma per le tempistiche del blog.
Avrei preferito una donna eroina che sa sfidare le autorità con il suo incredibile talento a scovare i dettagli laddove anche i migliori uomini con decenni di lavoro brancolavano nel buio, piuttosto che una giornalista kamikaze perché tanto non ha più nulla da perdere e vuole arrivare per prima sul caso, con l’unico obiettivo di vendere l’articolo, con tanta pace al rispetto della vittima.
Certamente Vera Bergström è un personaggio cinico – e ci sta con quanto le è successo – e incosciente più che temeraria, ma almeno è proprio per questo che può risultare vera. Perché diciamolo: anche se la trama è ai limiti dell’assurdo, adoro tantissimo una protagonista che abbandona finalmente la maschera della perfezione e sbaglia costantemente.
“Sottobosco” è un romanzo che a mio avviso può dividere, che è adatto a chi ama il noir e i colpi di scena, anche se questa volta il colpevole per me è stato piuttosto telefonato.
Spero, la prossima volta, di promuovere del tutto il nuovo caso di Vera Bergström.
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