Chi sostiene che l’arte sia perfezione, forse non ha mai conosciuto l’arte.
Parlo di “perfezione” nella maniera più letterale e fedele all’etimologia possibile, quella che vede la parola non come significato di “privo d’errori”, ma di “compiuto”.
Vi è proprio un fenomeno in campo artistico chiamato “non-finito” dove l’opera incompleta non è una semplice interruzione, ma una scelta consapevole dell’artista pronto a trasformarlo in un potente strumento espressivo. Tale espressione è stata coniata in Italia a metà del Quattrocento per poi arrivare in tutto il resto del mondo…
Vediamo oggi quali artisti se ne sono avvalsi, e in quali opere.
Michelangelo e il fascino dell’incompiuto
È forse lui il maestro del non-finito per eccellenza: Michelangelo Buonarroti. In “Prigioni” (un gruppo di sei statue che da progetto sarebbero state destinate alla tomba di Giulio II, ma che oggi ne troviamo due al Louvre di Parigi e quattro alla Galleria dell’Accademia di Firenze) è come se delle figure umane si stessero staccando dalla pietra per andare in vita. Starvi davanti dà allo spettatore un po’ d’impazienza, come se aspettasse che la pietra si staccasse del tutto, liberando la sua vera anima. Chissà che una volta tornati dai musei ognuno di noi cominciasse a fare lo stesso liberando la propria anima dal mondo materiale…
Le statue ora presenti in Francia sono datate 1513 circa, mentre la datazione di quelle italiane – le uniche vistosamente non-finite – ha un periodo di cinque anni: dal 1525 al 1530 circa.
Leonardo da Vinci: il genio inquieto
Tra il 1481 e il 1482 Leonardo da Vinci realizza “L’adorazione dei Magi” (oggi quadro esposto nella Galleria degli Uffizi), una delle sue tante opere incompiute. Questa cattura l’attenzione per il contrasto tra le figure dettagliate e le parti appena abbozzate perché riesce a risaltare il processo creativo di da Vinci, permettendo a tutti noi di dare una veloce occhiata alla sua mente geniale.
Il non-finito nella modernità
Se nel passato il non-finito poteva avere un significato di potenza, o semplicemente di mancanza di tempo, in tempi moderni assume nuove sfumature, come quelle date da Alberto Giacometti e Cy Twobly, dove la bozza o l’opera lasciata a metà sono parti integranti della stessa, con un invito alla riflessione sul processo della creazione.
L’incompiuto come metafora
Ecco, quindi, che nel mondo odierno, dove l’incompiuto è visto quasi come un’onta da nascondere a tutti i costi, nell’arte assume un diverso significato, totalmente slegato dall’ossessione alla perfezione; al contrario: ci ricordano che la bellezza, l’arte, non si trovano nella gloria o nell’approvazione altrui, ma in altre più piccole fessure del nostro essere. Vi è bisogno di scavare in profondità per vederla.
Parlo di “perfezione” nella maniera più letterale e fedele all’etimologia possibile, quella che vede la parola non come significato di “privo d’errori”, ma di “compiuto”.
Vi è proprio un fenomeno in campo artistico chiamato “non-finito” dove l’opera incompleta non è una semplice interruzione, ma una scelta consapevole dell’artista pronto a trasformarlo in un potente strumento espressivo. Tale espressione è stata coniata in Italia a metà del Quattrocento per poi arrivare in tutto il resto del mondo…
Vediamo oggi quali artisti se ne sono avvalsi, e in quali opere.
Michelangelo e il fascino dell’incompiuto
È forse lui il maestro del non-finito per eccellenza: Michelangelo Buonarroti. In “Prigioni” (un gruppo di sei statue che da progetto sarebbero state destinate alla tomba di Giulio II, ma che oggi ne troviamo due al Louvre di Parigi e quattro alla Galleria dell’Accademia di Firenze) è come se delle figure umane si stessero staccando dalla pietra per andare in vita. Starvi davanti dà allo spettatore un po’ d’impazienza, come se aspettasse che la pietra si staccasse del tutto, liberando la sua vera anima. Chissà che una volta tornati dai musei ognuno di noi cominciasse a fare lo stesso liberando la propria anima dal mondo materiale…
Le statue ora presenti in Francia sono datate 1513 circa, mentre la datazione di quelle italiane – le uniche vistosamente non-finite – ha un periodo di cinque anni: dal 1525 al 1530 circa.
Leonardo da Vinci: il genio inquieto
Tra il 1481 e il 1482 Leonardo da Vinci realizza “L’adorazione dei Magi” (oggi quadro esposto nella Galleria degli Uffizi), una delle sue tante opere incompiute. Questa cattura l’attenzione per il contrasto tra le figure dettagliate e le parti appena abbozzate perché riesce a risaltare il processo creativo di da Vinci, permettendo a tutti noi di dare una veloce occhiata alla sua mente geniale.
Il non-finito nella modernità
Se nel passato il non-finito poteva avere un significato di potenza, o semplicemente di mancanza di tempo, in tempi moderni assume nuove sfumature, come quelle date da Alberto Giacometti e Cy Twobly, dove la bozza o l’opera lasciata a metà sono parti integranti della stessa, con un invito alla riflessione sul processo della creazione.
L’incompiuto come metafora
Ecco, quindi, che nel mondo odierno, dove l’incompiuto è visto quasi come un’onta da nascondere a tutti i costi, nell’arte assume un diverso significato, totalmente slegato dall’ossessione alla perfezione; al contrario: ci ricordano che la bellezza, l’arte, non si trovano nella gloria o nell’approvazione altrui, ma in altre più piccole fessure del nostro essere. Vi è bisogno di scavare in profondità per vederla.
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