mercoledì 10 aprile 2024

#Teatro: 7 minuti

Cosa sono 7 minuti nella vita di ciascuno di noi? Non bastano neanche per cuocere la pasta, sia pure al dente, forse un uovo al tegamino sì, il tempo di fumare una sigaretta o un caffè veloce, ma molto veloce al bar…ma allora perché questi 7 minuti sono diventati così emblematici da diventare un romanzo, un film, un copione e tante repliche in tantissimi teatri? Abbiamo accettato al volo l’invito di Silvia Mazzocca (ricordate? Ha recitato ne Le Herbarie) a vedere lo spettacolo. Conoscevamo la storia, il fatto realmente accaduto in una fabbrica tessile francese dove alle operaie fu proposto il taglio di 7 minuti di intervallo su un totale di quindici e da cui è stato tratto un libro e anche un film, ma a teatro però... Che botta!
La storia è semplice: una azienda viene venduta e i nuovi proprietari convocano la rappresentante del Consiglio di Fabbrica per comunicare al personale le nuove linee direttive, le altre consigliere elette dalla base attendono, con il timore di una riduzione del personale, l’esito dell’incontro che si protrae per più di tre ore. Finalmente la rappresentante esce portando una lettera che le è stata consegnata all’ultimo momento, sull’uscio. 
 
La nuova proprietà chiede a tutto il personale di rinunciare “volontariamente” a 7 minuti della pausa. Solo 7 minuti. Di pausa. Otto ore di lavoro, 15 minuti di pausa-7. Otto ore di lavoro, 8 minuti di pausa.

Quello che va in scena, è lo spaccato purtroppo di ciò che avviene quotidianamente nel variegato mondo dei nuovi contratti di lavoro cioè la disapplicazione sistematica dello Statuto dei Lavoratori Legge 20 maggio 1970 n. 300, che reca “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.
La scena si svolge in una stanza che è stata destinata alle riunioni del Consiglio che all’inizio invece si tenevano nella sala mensa, ma è proprio in quel passaggio che si evidenzia la drammaticità di tutta l’opera, non c’è più qui lo scontro delle maestranze con la proprietà, le cravatte, come vengono chiamate dalle donne, ma lo quello generazionale e interculturale tra le lavoratrici che prima serpeggia e poi viene drammaticamente alla luce. Tra madre e figlia, la prima memore di tutte le lotte fatte per ottenere quei diritti e la seconda che pensa che possano anche essere barattati nella speranza di non essere licenziata, la ragazza dell’est e quella africana e quella araba che hanno la stessa paura, lo stesso atteggiamento di resa di fronte a quello che, per voce di Bianca, la decana viene definito per quello che è, un sopruso. Dati alla mano, azienda solida, 300 dipendenti 7 minuti al giorno, i conti sono presto fatti, incremento della produzione a costo 0 e in prospettiva, a parità di produzione, personale in esubero.


Guardando oltre quei 7 minuti le più anziane e sindacalizzate cominciano anche loro a dubitare della bontà della richiesta, iniziano a capire il gioco dell’azienda e una dopo l’altra optano per il no. Le votazioni si susseguono così come si susseguono in maniera serrata i confronti a volte anche violenti tra le parti dal 10 a 1 per il sì si raggiunge la parità 5 no contro i 5 sì delle le giovani che, terrorizzate dai possibili scenari di disoccupazione scelgono ancora quel sì, ma consapevoli ormai di essere vittime di un abuso. C’è ancora un voto da dare e qui non ci si può astenere ma il finale resta aperto con quel voto che non si sa dove andrà.
Dopo gli applausi davvero meritati la decana lo chiede al pubblico che a caldo si schiera compattamente per il no ma resta l’amarezza di dover constatare che siamo noi stessi gli artefici della nostra sconfitta. 
 
E torna il paradosso della rana, le anziane sono la rana che gettata nell’acqua bollente schizza via e si salva, le giovani sono la rana che si crogiola nell’acqua calda e stordita non si accorge che la stanno lessando. 
Niente è per sempre, bisogna lottare e stare attenti ché, a perdere la libertà, basta un attimo.

1 commento:

  1. Una riflessione potente, che lascia il segno in ciascuno di noi, su quanto sia importante il confronto e il dibattito. Ciò che a volte oggi diamo per scontato è stato, nella storia piu o meno recente, frutto di battaglie e di conquiste per i diritti e per la libertà. Tornare indietro senza darsi il tempo di riflettere, senza la memoria, vuol dire gettare la spugna. Le conquiste che diamo per scontate, scontate non sono ... per questo è importante comprenderle e saperle difendere ... per non regredire

    RispondiElimina