Siamo stati, infatti, nella sede della scuola d’arte Sperimentiamo, in via Paolo di Dono 169, e lì abbiamo potuto suonare diversi strumenti quali: pianoforte, violoncello e chitarra elettrica con gli insegnanti della scuola, mentre una ritrattista in pochissimi minuti immortalava il tutto su carta.
È stato proprio in questo modo che, mentre Velia Laghi (piano), Mauro Conti (flauto traverso), Pietro Libro (chitarra) e Livia Di Girolamo (violoncello) ci deliziavano con brani classici, jazz, e pop (grazie mille per i Beatles, almeno posso dire di saper suonare Norwegian Wood) la disegnatrice Giorgia Catapano, con tratto attento ritraeva il tutto, aggiungendo a ciò che gli occhi vedevano nella realtà, quello che l’anima catturava con l’ascolto.
E non importava se a suonare poi fossero gli studenti di Sperimentiamo, ben avviati nella tecnica, o noi comuni mortali (sì, mi ci sono messa, con risultati pessimi) che andavamo un po’ a caso tra le note, tutti ci siamo sentiti parte integrante di quell’orchestra nata un po’ per caso ma che ha saputo condurre nella retta via anche le melodie più incerte.
È stata una tappa fondamentale perché ha saputo mettere in gioco il pubblico fino a ora spettatore – seppur molto attivo, se ricordiamo Poetry Slam o The Riding Sixties – cimentarsi nell’arte, anche se non nel proprio campo.
Tutto questo, però, ci ricorda che l’arte è di chi ha il coraggio di farla e con questo festival, Roma si conferma una città molto coraggiosa.
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