Viviamo un'epoca strana e particolare. Siamo passati dal desiderare ardentemente l'acquisto di uno specifico DVD, libro o fumetto all'essere letteralmente circondati da una miriade di questi prodotti culturali che, in una forma quasi schizofrenica, rimbalzano continuamente sui nostri schermi.
YouTube, Netflix, Prime Video, Disney+, Apple TV, VVVID, Crunchyroll, TimVision (e chi più ne ha più metta), bombardano costantemente "l'info-sfera" globale con continue uscite, nuove stagioni, serie inedite (magari poi cancellate dopo la prima stagione), spin-off, sequel di sequel, ecc.
In questo scenario, in cui il contenuto stesso sembra essere passato in secondo piano a favore "dell'evento" che una nuova uscita deve rappresentare per risvegliare l'apatia del consumatore medio, cogliamo l'occasione per sottolineare la pericolosità, la ridondanza e la totale assuefazione che è possibile riscontrare in queste dinamiche.
Viviamo in un'epoca talmente colma di stimoli e prodotti culturali da rendere impossibile seguirli "tutti" (o quasi) e che rischia di produrre due atteggiamenti:
- La totale assuefazione consumistica (con l'annullamento del senso critico) alla serializzazione dei prodotti, con lo sviluppo di personalità "ambigue" che si fanno alfieri di un brand svuotato di contenuto (e che finiranno nella mezza età a guardare esclusivamente film di gente in calza maglia andando al "lavoro" con un cappellino da teenager)
- L'abbandono totale verso questo tipo di produzione culturale e la rigida selezione dei film, dei libri, delle serie tv da vedere.
Chissà se l'algoritmo di Netflix potrà soddisfare anche questo palato...
“Appare evidente che siamo soggetti a un’inflazione d’immagini senza precedenti. Questa inflazione non è solo l’appendice di una società ipertecnologica, ma anche il sintomo di una patologia culturale e politica, in seno alla quale irrompe il fenomeno postfotografico. La postfotografia fa riferimento alla fotografia che fluisce nello spazio ibrido della socialità digitale e che è conseguenza della sovrabbondanza visuale. Quel villaggio globale profetizzato da Marshall McLuhan s’inscrive nell’iconosfera, che oggi non è piú una mera astrazione allegorica: abitiamo l’immagine e l’immagine ci abita. Debord l’ha espresso con parole chiare: «Là dove il mondo reale si cambia in semplici immagini, le semplici immagini divengono degli esseri reali»1. Siamo immersi nel capitalismo delle immagini, e i suoi eccessi, piú che sommergerci nell’asfissia del consumo, ci pongono di fronte alla sfida della sua gestione politica.”
Passi di
La furia delle immagini
Joan Fontcuberta
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