lunedì 14 agosto 2023

#Mitologia: Il viaggio dell'eroe

Molto probabilmente non diremo nulla che non si sia già studiato alle scuole medie, ma è proprio durante questo periodo che siamo rimasti affascinati dalle tappe sempre uguali (tra epica, mitologia, narrativa contemporanea…) del viaggio dell’eroe.

È estremamente facile vederle nel nostro film o libro preferito, osservando in quale momento il protagonista passa dall’una all’altra, ma ci siamo mai messi comodi per vederle nella nostra vita? Perché è così difficile comprendere che siamo noi per primi gli eroi della nostra realtà? Se vi serve una botta d’autostima in questa afosa estate, eccovi accontentati future re e/o regine della vostra incarnazione.

Ovviamente essendo cresciuti con gli studi di Campbell e Jung, troveremo molto di quanto detto da loro.
Come spiegato più volte, però, non dobbiamo pensare al viaggio dell’eroe e dell’eroina (leggermente diversi tra loro) come una differenza di genere. Il primo, infatti, simboleggia la costruzione di sé e della comunità, il passaggio da un vecchio a un nuovo Io. Il secondo è la distruzione dei vecchi schemi di pensiero per costruirne di nuovi.

La chiamata

“L’avventura può iniziare come un semplice errore […] o ancora una volta, è possibile che l’eroe stia passeggiando casualmente quando un fenomeno di passaggio cattura la sua attenzione e lo attiri lontano dai percorsi battuti.”

- Campbell

Ogni storia che si rispetti parte da una situazione di normalità dove l’eroe potrebbe essere all’oscuro del passato della sua famiglia, o vivere una realtà che lo porta a essere confinato all’interno di una città, di un villaggio, di un palazzo…

Questa vita tranquilla è sconvolta da un messaggio recapitato, un dono ricevuto o una scoperta che stravolge il protagonista a tal punto di mettere in discussione tutto. Spinto dalla sete di saperne di più, chiede aiuto alle persone più vicine le quali non hanno sempre le risposte o scelgono di non darne.


Tutto ciò può portare anche al rifiuto del ragazzo di proseguire nella chiamata, ma questa continua a ripresentarsi finché non verrà accolta.
Come risvegliato da un sonno profondo, il protagonista decide impulsivamente di incamminarsi verso l’ignoto.

Quando incontriamo qualcuno per la prima volta, siamo anche noi soliti parlare del più e del meno e quando affrontiamo il tema del lavoro tendiamo a definirlo “vocazione”. Non ci interessa, infatti, sapere che tipo di occupazione ha la persona con cui parliamo, solo se è davvero quello che sente di dover fare in questa vita. Dalle espressioni che assume il volto notiamo quanto in pochi sappiano quale sia la propria vocazione, forse perché hanno a lungo ignorato la chiamata.

I più rispondono timidamente che non ne hanno, ma quando spieghiamo che ciò è impossibile e diamo una definizione di cos’è la vocazione (quella spinta, quella scintilla che ci fa alzare al mattino) rispondono, quasi sempre, senza esitazioni. Ecco, è lei che ci chiama, è lei che dobbiamo raggiungere.

Incontro con una guida

“Coloro che hanno risposto all’appello incontrano per prima cosa, durante il viaggio, un protettore (spesso una buona vecchiarella o un vecchietto) che fornisce loro degli amuleti contro le forze draconiane che stanno per affrontare. […] Questa figura simboleggia il potere benevolo e protettore del destino.”

- Campbell

C’è un detto – di cui non ricordiamo l’origine – che recita: “Quando l’allievo è pronto, il maestro compare”. Troviamo tutto ciò in ogni rappresentazione. L’eroe, ormai conscio che può cambiare se stesso e la situazione in cui si trova solo affrontando un viaggio, si imbatte subito nella sua guida – rappresentata da un essere umano, magico o animale – e sarà proprio questa a insegnargli il necessario per poter vincere e raggiungere l’obiettivo. Jung diceva: “È l’archetipo dello spirito, […] si presenta sempre in situazioni in cui perspicacia, intelligenza, senno, decisione, pianificazione sarebbero necessari, ma non possono provenire dai propri mezzi.


Chi si butta a capofitto nella propria vocazione viene bloccato praticamente subito dai numerosi ostacoli che si presentano lungo il cammino. Sono normali e ci ricordano che è proprio la strada giusta. Se tendiamo a volerli rimuovere da soli, senza nessun sostegno o aiuto, però, beh, possiamo cominciare a dire addio ai nostri sogni di gloria e metterci l’anima in pace che non riusciremo mai.

Siamo umani e come tali abbiamo i nostri limiti. Per quanto possiamo essere caparbi e volenterosi, non lo saremo mai abbastanza da affrontare tutto da soli con le nostre forze, ed ecco che il destino ci mette a disposizione la forza del nostro spirito. Quell’energia misteriosa che ti fa incappare in situazioni e persone che possono darci una mano e rimuovere tutto quello che si mette lungo il cammino.

Queste persone, anche se cambieranno nel corso del tempo, non ci lasciano mai perciò ricordiamocene e chiamiamole, soprattutto quando è buio e non vediamo nessuno al nostro fianco.

Varcare la soglia

“Con l’aiuto e la guida di colui che personifica il suo destino l’eroe procede nell’avventura sinché incontra il ‘guardiano della soglia’, all’ingresso della zona di potere amplificato. Tali custodi delimitano il mondo in quattro direzioni – anche sopra e sotto – e segnano i confini della sfera attuale o dell’orizzonte di vita dell’eroe. Al di là di essi c’è l’oscurità, l’ignoto e il pericolo; proprio come oltre la sorveglianza dei genitori c’è pericolo per il bambino e oltre la protezione della sua società pericolo per il membro della tribù. La persona normale è più che soddisfatta, e persino orgogliosa, di rimanere nei limiti indicati, e la credenza popolare gli dà tutte le ragioni per temere anche il primo passo verso l’inesplorato; […] tuttavia per chiunque è dotato di competenza e coraggio il pericolo svanisce.”

- Campbell

È il classico punto di non ritorno, quando cioè l’eroe è partito per il suo viaggio e non può più tornare indietro. Sfida dopo sfida, il protagonista acquisisce più consapevolezza di sé e forza che lo rendono inevitabilmente cambiato, è ora diventato più coraggioso, forte e saggio.


Spesso e volentieri la vocazione non va d’accordo con la società o con il nucleo famigliare di appartenenza. La persona incaricata dal destino di perseguire, però, anche se parte intimorita si accorge che più si allontana dalla (finta) sicurezza con la quale è stata fatta crescere, più diventa felice e sicura.

Le sfide dolorose lo fanno di certo soffrire ma mai gli sfiora nella mente la reale possibilità di tornare alla vita di sempre. Per quanto la notte possa sembrare oscura, la sua guida gli ricorda costantemente che è solo il preludio dell’alba e se non bastano le parole, a venire in soccorso sono i fatti, gli aiuti miracolosi che spingono l’eroe a una risolutezza inaspettata.

Affrontare il Drago

Il drago rappresenta l’ombra e di questo abbiamo parlato molto negli articoli “Istinti primordiali”, “Osservare la propria ombra”, “Ombra e Luce” e praticamente in tutti quelli dedicati ai canti della Divina Commedia.


Affrontare il drago vuol dire vedere tutti i lati oscuri al nostro interno e trasformarli per poterli utilizzare a nostro vantaggio. La sofferenza provata può divenire saggezza da tramandare al prossimo, la morte, il senso di lutto, possono divenire un amore sacrificato che può guarirci dall’egoismo e la prepotenza… insomma, la lotta eterna con il drago è il nostro modo per buttare giù gli schemi mentali che abbiamo costruito nel corso del tempo e che ormai non ci servono più se vogliamo perseguire nella nostra vocazione.

Quando abbiamo ucciso il drago, abbiamo completato il nostro compito. L’Ego passato è abbattuto e la nostra anima (rappresentata dalla fanciulla in pericolo) è finalmente libera. Ora abbiamo una nuova visione del mondo e non vediamo l’ora di darla anche agli altri.

Tornare a casa

Ecco che l’eroe ritorna alle sue origini, mai dimenticate. Le sue radici lo hanno seguito sempre, senza però prendere il sopravvento sulle sue decisioni. L’abbraccio con i suoi cari è il perdono per il male recato e subito e ora, famiglia e regno sono pronti a una nuova era, un nuovo governo più libero e compassionevole.


Quando realizziamo la nostra vocazione, lasciamo andare ogni sentimento che può portare facilmente alla frustrazione ed è naturale fare in modo che chiunque perseveri e compi la missione assegnata. Ecco perché il vero eroe è colui (o colei, ovviamente) che non smorza l’entusiasmo, che non sente il bisogno di giocare a chi ha e fa di più, e che non crea alcun tipo di competizione. L’eroe diventa poi la guida di qualcun altro aiutando e sostenendo sia a parole che con i fatti.

Alla fine di questo articolo ci sentiamo di chiedervi: a che punto siete del vostro viaggio? Ricordatevi che finché c’è il respiro vuol dire che non è troppo tardi per proseguire nel cammino.

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