Sotto forma di storia epistolare, il racconto riprende proprio da Alberto che legge una lettera di Luca, in cui i due si raccontano le esperienze che stanno vivendo. Il primo vive adesso nel piccolo borgo ligure e cerca in tutti i modi di dare una mano al lavoro di Massimo, che fa il pescatore. I tentativi di aiutarlo falliscono miseramente, perché nonostante tutto, Alberto è un bambino che ancora sa troppo poco del mondo degli umani. È dopotutto un mostro marino, che cerca di imitare l’uomo e di essere in tutti i modi degno di vivere con lui. Ogni cosa che fa si trasforma in un completo disastro, tanto da mandare a fuoco perfino la barca di Massimo, nel tentativo di fare buona impressione. Rendendosi conto di aver mandato in fumo l’unico modo che l’uomo aveva per mandare avanti la propria pescheria, pensa di averla fatta troppo grossa e Alberto fa per andarsene. Si renderà conto, però, che, malgrado i tanti guai, ha comunque trovato un padre che lo ama. Ha finalmente trovato la sua famiglia.
Con “Luca” avevamo esplorato il mondo dell’accettazione del diverso, il fatto di capire chi davvero siamo per aprirci al mondo, con “Ciao Alberto” affrontiamo il desiderio di farci amare, nonostante i nostri sbagli. Il raggiungere determinate aspettative è anche l’argomento cardine di un altro film della Disney, “Encanto”, e in un certo senso rivediamo un po’ di Bruno in Alberto. Mentre il primo, però, era stato costretto ad allontanarsi perché considerato portatore di sventura, Alberto prepara armi e bagagli e fa per andarsene prima di venire cacciato.
In Massimo, invece, Alberto trova un padre che, malgrado l’aspetto burbero e silenzioso, in realtà lo ama e non ha alcuna voglia di mandarlo via. Il rapporto genitore-figlio viene esplorato in questi neanche dieci minuti di animazione, in cui insieme si può costruire dalle macerie del passato. I guai che combina Alberto non sono poi tanto diversi da quelli che Massimo combinava con suo padre, ma la differenza sta nel senso di abbandono costante che vive il piccolo. Scoprirà invece di non essere più solo, ma semplicemente di essere un bambino che deve imparare. Rivediamo anche un pizzico di “Ohana” in questo corto, ricordate la citazione del film d’animazione “Lilo & Stitch”? “Ohana vuol dire famiglia e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato”. Massimo e Alberto sono un duo strampalato, ma pur sempre una famiglia.
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