venerdì 6 novembre 2020

#StorieRomane: Testaccio

Noi di 4Muses amiamo farvi conoscere ogni luogo di Roma, soprattutto se non famoso. Abbiamo già parlato di Ostiense e Garbatella, oggi vogliamo farvi rimanere in zona, parlando di Testaccio.

È il ventesimo rione di Roma e viene chiamato così dal mons Testaceus: una collina artificiale alta trentacinque metri formatasi nel corso dei secoli da cocci (testae, in latino) e detriti vari, residui accumulati dai trasporti del vicino porto di Ripa grande (Emporium).

In epoca romana, il porto dell’Emporio (situato tra l’Aventino e Testaccio) era il punto più importante d’approdo delle merci e delle materie prime. Venivano da Ostia, risalivano il Tevere e dal porto andavano fino in città.

Gli scarti erano lasciati a terra; si stimano circa venticinquemilioni di anfore accatastate, ecco perché ancora oggi l’anfora è il simbolo del quartiere. Una delle materie prime più importate era il marmo, il che dà il nome a via Marmorata, che mette in comunicazione il porto di Ripa con Porta San Paolo.

Con la bonifica e la riorganizzazione urbana iniziata dopo il 1870, il quartiere fu destinato alle attività industriali, e di questo abbiamo parlato a lungo già nell’articolo dedicato a Ostiense. Testaccio e i suoi prati erano comunque meta dei nuovi abitanti di Roma, che erano soliti trascorrere lì lunghi pomeriggi domenicali, soprattutto quelli di ottobre, per le famose ottobrate romane.

 

Nel 1928 iniziarono i lavori per lo storico Campo Testaccio, sul progetto di Silvio Sensi. Fu il campo calcistico appartenuto alla squadra della Capitale, l'As Roma, fino al 1940. Il Campo venne progettato sui modelli di quelli inglesi. Conteneva quattro tribune, verniciate con i colori della squadra: giallo ocra e rosso pompeiano. Aveva una capienza di 20.000 persone, e poteva regolarsi a seconda delle occasioni. Fu proprio questo campo da calcio a dare lo spunto per il primo film sportivo: "Cinque a zero", del 1932, diretto da Mario Bonnard. La trama prende spunto dalla partita Roma-Juventus del 15 marzo 1931, dove i giallorossi travolsero i bianconeri con cinque reti. La Roma Testaccina è rimasta nei cuori dei tifosi giallorossi, che ancora adesso -almeno finché i tifosi potevano entrare negli stadi- intonano prima di ogni partita l'inno "Campo Testaccio". Scritta nel 1931 da Toto Castellucci, è una canzone tramandata oralmente di generazione in generazione.

"Campo Testaccio c'hai tanta gloria/nessuna squadra ce passerà/Ogni partita è 'na vittoria/Ogni Romano è 'n bon tifoso e sa strillà" 

La gente di Testaccio è sempre stata popolare, e purtroppo tristemente ricordata per i “Testaccini”, una fazione appartenente alla Banda della Magliana. Ma il degrado della zona finisce negli ultimi decenni, con la nascita dell’Università degli Studi Roma Tre, un’area museale alla vecchia centrale Montemartini, una sezione del MACRO al vecchio Mattatoio e al monte dei Cocci, c’è ora la Scuola popolare di musica di Testaccio.

Con questa riscoperta delle arti e della cultura, il rione ha dato nuovo lustro al Cimitero acattolico e ha fatto riscoprire siti archeologici come: l’Emporium, Horrea Galbana, Piramide Cestia, Porta San Paolo, Porticus Aemilia e il Sepolcro di Sulpicio Galba.

Anche questo quartiere di Roma è presente nella cultura internazionale: il mercato di Testaccio, infatti, ha ispirato una canzone degli Inti-Illimani, gruppo musicale cileno: "El mercado Testaccio", contenuta nell’album Palimpsesto del 1981.

Potete arrivare facilmente al quartiere Testaccio scendendo alla fermata Piramide della metro B.

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