La ricerca della casa è un’attività che potrebbe durare anche anni. Ma che dico, potrebbe durare anche una vita intera. Ci sarà sempre un motivo per preferire qualcos’altro. O almeno questo era quello che credevo.
Vi racconto una storia, anche se dovrei fare una premessa per assicurarmi protezione. Dovrei dire che tutto ciò che sto per raccontare è frutto della fantasia. Effettivamente, non me la sento di dirvi che si tratta di una storia vera. Ma non posso neanche affermare sia falsa.
Vi pongo questo dilemma logico perché è con un quesito che si apre il racconto stesso.
Posso trovare un posto davvero comodo da abitare durante la mia vita mortale? Tempo fa posi questa domanda a un curioso agente immobiliare, lui mi guardò un istante, immobile, e dopo dei secondi pesanti di silenzio annuì. Prese dal suo cassetto una chiave e mi disse che mi avrebbe portato in un posto speciale, che potevo essere il cliente giusto, colui che avrebbe audacemente chiuso l’affare.
Pensai, inizialmente, che l’agente immobiliare volesse prendermi in giro e rifilarmi il solito tugurio. Ma c’era qualcosa di… terribile nel suo sguardo.
Scrisse a penna su un bigliettino un indirizzo, e mi diede le chiavi in mano.
Io ero confuso, non avrei prima dovuto versare una caparra? Firmare un contratto? Avere a che fare con della burocrazia?
L’agente immobiliare mi disse che queste erano circostanze particolari, dipendeva solo dal mio arbitrio.
Era inverno, l’agenzia era in orario di chiusura e il cielo si stava incupendo per accogliere la lunga notte.
Tornai nell’abitazione che avrei dovuto lasciare a breve, però non ero troppo dispiaciuto, avevo la sensazione che il mancato rinnovo del contratto di affitto mi avrebbe permesso di trovare una sistemazione migliore.
Ricordo che andai a letto, ma il resto è ormai tutto confuso, non posso escludere che sia stato frutto di un sogno.
Ricordo una strada, nitida e piena di abitazioni pittoresche di tutte le dimensioni. In uno di quei palazzi in fila, asimmetrici e terribilmente diversi tra loro, si trovava il locale che dovevo visitare. Il numero civico e la via erano giusti, anche se adesso… non li ricordo più.
All’ingresso del palazzo mi aspettava un uomo sulla quarantina, vestito in giacca e cravatta, totalmente sbarbato. Avrei voluto chiedere di visitare la casa, ma l’uomo mi fece subito segno di seguirlo dicendomi che non c’era bisogno di spendere ulteriori parole.
All’interno del palazzo le proporzioni sembravano sbagliate, le scale apparivano contorte e già inizialmente pensai che avrei fatto fatica ogni volta a trovare la mia porta. Esposi senza peli sulla lingua questi problemi all’agente immobiliare che mi stava accompagnando. Mi disse che sarebbe stata la porta a trovare noi. Ed eccola qui, dopo l’angolo di un corridoio stranamente curvo a un piano indefinito, ecco l’abitazione da visionare. Infilai le chiavi nella serratura, e l’agente immobiliare mi guardava come se fossi Artù alla prese con la spada nella roccia.
La porta si apre e l’appartamento era… stranamente normale. Tutto integro nelle sue proporzioni, una camera da letto, un bagno e una cucina, il tutto separato da un corridoio che dipartiva dall’ingresso.
L’agente immobiliare mi descrisse minuziosamente ogni dettaglio.
“Lo sa, si racconta che questa dimora fu di un ladro che diventò giudice, e successivamente fu abitata da un giudice che divenne ladro. Aspetti, lei non è né un giudice e né un ladro, vero? In ogni caso qui abbiamo la camera da letto rimodernata, davanti la cucina abitabile con tanto di pentole e posate, e il bagno è molto spazioso e possiede una vasca. Poi ovviamente c’è la camera per il piano pentadimensionale”.
Disse ciò con una naturalezza disarmante, quasi mi sembrò brutto chiedere spiegazioni a riguardo. Infatti obiettai semplicemente che non vedevo altre camere al di fuori della cucina, la stanza da letto e il bagno.
“Aspetti un secondo…”, disse l’agente immobiliare rovistando dentro l’armadio della camera da letto. Prese un piccone. Sembrava fosse molto pesante, a giudicare dall’espressione affaticata. Iniziò con tutte le sue forze a scavare letteralmente il muro del corridoio. La sua intraprendenza nell’atto era inobiettabile. Non nego di essermi divertito a vedere l’agente cercare qualcosa tra le mura.
Il telefono dell’agente squilla, allora smise di scavare tra le pareti per rispondere in vivavoce alla chiamata. Ricordo benissimo la discussione.
Agente immobiliare: “Pronto, sì, sono con il cliente speciale”.
???: “Lo so deficiente, ma non dovevi scavare il muro del corridoio, ma quello della cucina”.
Agente immobiliare: “Ah”.
La chiamata si interruppe e la parete scavata iniziò a crollare, vidi un tizio seduto a un tavolo intento a mangiare una zuppa di farro. Ci guardò, abbastanza contrariato, ma non era particolarmente arrabbiato. Si comportò come se quella parete crollasse abitualmente e lui non ci potesse far nulla.
L’agente immobiliare lo congedò con vergogna, e si diresse malvolentieri nella cucina dell’appartamento che avrei dovuto affittare. Chiesi ironicamente uno sconto, visto che la parete del corridoio era crollata. L’agente immobiliare non mi degnò di risposta, era stremato all’idea di dover scavare nuovamente un muro.
“Mi scusi - chiesi meravigliato – è normale che la porta del bagno sia scomparsa?”
“Sì - rispose lui – ma non si preoccupi, ritornerà”.
Un colpo di piccone ben assestato fece crollare il muro della cucina. Davanti a me avevo tutto ciò che di bello esisteva frammisto con tutto ciò che di brutto esisteva. Entrai senza remore nel piano pentadimensionale, non so quanto rimasi, probabilmente anni. Parlai solo lingue che non possono udire gli umani. Ho fatto un eccezione solo per raccontare la mia storia. Ma nel momento in cui la raccontai, mi risvegliai nel letto del mio vecchio appartamento. Frugai tra le mie cose, e realizzai amaramente di non possedere più le chiavi che mi avrebbero ricondotto al piano pentadimensionale.
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