Il racconto è alquanto breve e può essere letto in una giornata.
In poche pagine veniamo catapultati nella Parigi del Seicento, tra lo spirito del tempo e l’insofferenza verso la condizione degli artisti.
Possiamo dire che è l’estetica della pitture a essere la vera protagonista del romanzo, le descrizioni di Balzac sono alquanto minuziose ed evocano miriadi di dipinti nell’immaginazione del lettore.
Ogni descrizione sembra ponderata, i dettagli sono numerosi e permettono al lettore di creare immagini solide nel pensiero, seppur ognuno immaginerà i dipinti in maniera originale e indipendente rispetto a ciascun altro.
Ma al centro della riflessione che fa perno al romanzo c’è molto più. Le vicende narrate portano a interrogarsi su cosa sia arte e su quale ruolo debba svolgere ancora ai giorni nostri. Riusciamo a immedesimarci nelle nevrosi dei pittori, a sentir nostri i loro crucci.
Che rapporto deve avere la pittura (e l’arte più in generale) con il reale ?
Il vero soggettivo si oggettivizza nel rapporto dell’artista e della sua arte. L’artista tenta in questo caso, almeno inconsciamente, di creare il reale affiancandosi a Dio.
E dopo innumerevoli tentativi ed esperimenti, si giunge all’immagine finale che altro non è che una travagliata contraddizione dell’interiorità artistica.
L’artista sentirà in qualche modo sempre una sorta di lontananza dal proprio ideale di perfezione, analogamente a un Adamo che non riesce a tendere il dito al proprio creatore.
Ed è così che il pittore cerca la perfezione di Dio nella pittura, mentre analogamente si comporta come una divinità dedita alla creazione.
Vi invitiamo ad approfondire il testo per verificare (e perché no? Anche smentire) la tesi che ci è stata trasmessa da questo racconto.
L’edizione con la quale siamo entrati in contatto è quella di “Alter Ego” che rende disponibile l’acquisto a un prezzo concorrenziale.
O altrimenti potete leggerlo prenotandolo alla Biblioteca Nazionale Centrale.
Questa è una storia che ogni appassionato d’arte e artista sarà sicuramente felice di recuperare, per rivedere e rivedersi nel limite estremo del tentativo di trasfigurazione dell’esperienza stessa.
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