Non sappiamo esattamente perché abbiamo scelto di comprarlo, nonostante non abbiamo letto il primo libro, forse perché, come al solito, abbiamo seguito il nostro istinto.
Siamo in un piccolo paese del Giappone e una caffetteria all’apparenza normale custodisce un grande dono: lì dentro i clienti possono viaggiare 
nel tempo. Passato o futuro poco importa, purché si seguano semplici ma 
rigide regole: ogni persona può fare un solo viaggio, può incontrare 
solo una persona che è stata lì come cliente, il viaggiatore temporale 
non può mai alzarsi dalla sedia – pena il ritorno immediato al presente –
 ma soprattutto deve consumare il caffè “magico” quando è ancora caldo, 
perché in caso si freddi, chiunque abbia viaggiato nel tempo diventerà 
un fantasma. Ultima regola, ma la più importante: qualsiasi cosa si faccia 
nel passato o nel futuro, non potrà comunque cambiare il presente e il suo corso degli eventi.  
 Con queste regole viene da sé che il caffè non sia così tanto 
frequentato da persone che vogliono rimediare ai propri errori, o a chi 
vuole dare un’occhiata al futuro per fini egoici. 
 Sono così pochi i
 coraggiosi che scelgono di rischiare tanto, anche la propria vita, che per gli abitanti 
del paesino il caffè dallo straordinario potere è qualcosa di 
leggendario, tanto che i più rischiano di sentirsi male quando vedono 
comparire qualcuno che viene dal passato o dal futuro. 
Potrebbe 
essere una trama di un anime strambo, o addirittura potrebbe annoiare, 
perché: se nessuna azione può cambiare il presente, allora che senso ha 
leggerlo? Beh, partendo dal presupposto che è un libricino davvero 
piccolo e può essere letto in poche ore, che nessuna lettura è mai 
sprecata e che tutto può insegnarci qualcosa, ecco che il nostro 
ragionamento prende una piega diversa: per cosa varrebbe la pena tornare
 indietro nel tempo?     
 Per rivedere una persona a noi cara? Sì, 
ma attenzione: lei ci vedrebbe come siamo ora, e le basterebbe poco per 
fare uno più uno e capire che non avrà mai la possibilità di crescere 
assieme a noi.        Come vivrebbe il tempo che le resta?
 Per riparare a un danno? In che modo, se il presente comunque rimarrebbe invariato?         
 Crediamo che l’unico valido motivo sia l’amore, prima di tutto verso 
noi stessi. Capire che nulla può porre rimedio a ciò che abbiamo fatto, è
 il primo passo verso il perdono, anche perché tutto serve per crescere.
      
 Kawaguchi parte da un presupposto che dovremmo ricordarci 
sempre: anche una vita di appena settanta giorni è una vita vissuta 
appieno, se ha insegnato l’amore e la gioia a chi le è stata attorno.  
Troviamo quattro storie legate dal sentimento d’amore che come in un effetto domino pervade il tutto; chi affronta il viaggio lo fa per trovare la propria pace, per mettere la parola fine a un rapporto rimasto in sospeso, anche se sappiamo molto bene che non esiste mai la fine di qualcosa.
In “Basta un caffè per essere felici” il caffè è il mezzo per la propria redenzione, ma se nella vita reale è impossibile tornare indietro o andare avanti nel tempo, come possiamo fare per rialzarci dopo una brutta caduta? Il tempo di un caffè è anche il tempo di una meditazione, sono quei cinque, sei minuti che possiamo prendere per noi stessi non per condannarci e accusarci, ma per cercare l’insegnamento avuto in ogni giorno.
Al prossimo giro in libreria non mancheremo di acquistare il primo capitolo e anche il terzo: “Il primo caffè della giornata”.


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