Attenzione, questo articolo contiene spoiler sulla serie.
Diciamocelo: “Glee” è una di quelle serie tv che – per quanto può essere stata significativa durante gli anni dell’adolescenza e preadolescenza di milioni di ragazzi e ragazze – non è affatto bella, e ce ne siamo rese conto solo riguardandola recentemente.
E questo non vuol dire che non sia stata significativa per noi, ma semplicemente che quando una cosa è cringe da morire, è cringe da morire e basta.
D’altronde com’è che si dice? Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace.
Iniziata del Settembre del 2009 e finita nel Giugno del 2015, creata e prodotta da Ryan Murphy (ideatore di American Horror Story, The Politician, Scream Queens e Pose), Brad Falchuk e Ian Brennan (anch’esso ideatore di The Politician e Scream Queens), “Glee” conta sei stagioni ognuna da ventidue episodi (fatta eccezione per le ultime due stagioni composte rispettivamente da venti e tredici episodi) ognuno di quarantadue minuti, per un totale di centoventuno episodi.
Attenzione, se siete i tipi di persone che finiscono le serie tv in poco tempo in realtà centoventuno episodi non sono assolutamente niente, ma devono piacervi i teen drama recitati anche un po’ male e i musical… e soprattutto quest’ultimi devono piacervi davvero tanto, perché in quaranta minuti di puntata vengono cantate in media dalle cinque alle otto canzoni e in sei stagioni vengono cantate più di settecento canzoni.
Sì, avete letto bene, abbiamo scritto “recitato male”. Quello che rende questa serie tv così difficile da guardare, infatti, non è la sua natura da teen drama, ma la recitazione e talvolta la scrittura dei personaggi che spesso e volentieri fanno cadere le braccia.
E allora se le cose più importanti di questa serie tv sembrano essere terribili, perché abbiamo deciso di scrivere un articolo a riguardo? Magari parleremo solo per noi o magari no, ma quando si è piccoli (la prima volta che abbiamo guardato Glee avevamo dieci-undici anni) non si fa troppa attenzione alla qualità bensì ai messaggi che un’opera trasmette.
Non vogliamo parlare degli anime, ma nessuna delle serie tv che guardavamo da preadolescenti (Hannah Montana, I Maghi di Waverly, Zack e Cody al Grand Hotel/Zack e Cody al Ponte di Comando, Raven, Buona fortuna Charlie e chi ne ha più ne metta) vantava effettivamente di una buona recitazione o di una scrittura dei personaggi decente, ma portavano con loro dei messaggi che in qualche modo risuonavano con noi.
Questo è esattamente quello che è successo anche con Glee: nonostante la trama semplicissima (sono letteralmente solo degli adolescenti che prendono parte al coro della scuola) e nonostante l’età diversa dalla nostra e il sistema scolastico diverso dal nostro, questa serie tv parla di tutti e non lascia indietro niente e nessuno.
La cosa che a noi è piaciuta da subito non è solo il fatto che Glee parla di tutti, ma il fatto che lo fa senza mezzi termini né addolcisce la pillola: divorzio, ricatti, abusi di potere, omosessualità, omofobia, bullismo, morte, disturbi alimentari, disabilità, gravidanze adolescenziali e religione sono solo alcuni degli argomenti trattati nella prima stagione.
Anche i personaggi – anche se come abbiamo detto non sono scritti bene e risultano spesso banali cadendo nei cliché – hanno delle sfaccettature piuttosto interessanti, sono mossi da ragioni personali e sono contraddittori tanto quanto lo siamo noi persone nella vita reale.
Dire che all’interno di quest’opera i personaggi non sono mai solo antipatici o solo simpatici sembra banale, ma, in un mondo – e in un genere – in cui tutto viene romanticizzato al massimo, non lo è.
Non possiamo parlare nemmeno della metà dei personaggi principali (un altro dei punti deboli della serie è che il numero dei protagonisti si avvicina spaventosamente a trenta e a tutti succede qualcosa), ma possiamo fare alcuni esempi di cosa intendiamo quando diciamo che i personaggi non sono niente di diverso da delle persone che potremmo incontrare nella vita reale: Rachel Berry è il classico personaggio vittima di bullismo, ma è allo stesso tempo insopportabile, si infuria quando non riceve il ruolo della protagonista, pretende le luci della ribalta e non si fa problemi ad affossare i suoi compagni prendendoli in giro, insultandoli e mettendo loro i piedi in testa. Alla fine – e sarà lei stessa a dirlo – non è in alcun modo diversa dalle persone che per prima l’affossano ma anzi, in realtà lei è peggio, in quanto è molto più subdola e si nasconde dietro alla maschera della “finta amica che ti dice le cose solo per il tuo bene”, mentre Artie Abrams è un ragazzo disabile e costretto sulla sedia a rotelle, eppure nonostante le sue insicurezze, quando la balbuziente Tina Cohen-Chang si sfogherà con lui sulle sue insicurezze, lui non si farà problemi a giudicarla e ad allontanarla.
Diciamocelo: “Glee” è una di quelle serie tv che – per quanto può essere stata significativa durante gli anni dell’adolescenza e preadolescenza di milioni di ragazzi e ragazze – non è affatto bella, e ce ne siamo rese conto solo riguardandola recentemente.
E questo non vuol dire che non sia stata significativa per noi, ma semplicemente che quando una cosa è cringe da morire, è cringe da morire e basta.
D’altronde com’è che si dice? Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace.
Iniziata del Settembre del 2009 e finita nel Giugno del 2015, creata e prodotta da Ryan Murphy (ideatore di American Horror Story, The Politician, Scream Queens e Pose), Brad Falchuk e Ian Brennan (anch’esso ideatore di The Politician e Scream Queens), “Glee” conta sei stagioni ognuna da ventidue episodi (fatta eccezione per le ultime due stagioni composte rispettivamente da venti e tredici episodi) ognuno di quarantadue minuti, per un totale di centoventuno episodi.
Attenzione, se siete i tipi di persone che finiscono le serie tv in poco tempo in realtà centoventuno episodi non sono assolutamente niente, ma devono piacervi i teen drama recitati anche un po’ male e i musical… e soprattutto quest’ultimi devono piacervi davvero tanto, perché in quaranta minuti di puntata vengono cantate in media dalle cinque alle otto canzoni e in sei stagioni vengono cantate più di settecento canzoni.
Sì, avete letto bene, abbiamo scritto “recitato male”. Quello che rende questa serie tv così difficile da guardare, infatti, non è la sua natura da teen drama, ma la recitazione e talvolta la scrittura dei personaggi che spesso e volentieri fanno cadere le braccia.
E allora se le cose più importanti di questa serie tv sembrano essere terribili, perché abbiamo deciso di scrivere un articolo a riguardo? Magari parleremo solo per noi o magari no, ma quando si è piccoli (la prima volta che abbiamo guardato Glee avevamo dieci-undici anni) non si fa troppa attenzione alla qualità bensì ai messaggi che un’opera trasmette.
Non vogliamo parlare degli anime, ma nessuna delle serie tv che guardavamo da preadolescenti (Hannah Montana, I Maghi di Waverly, Zack e Cody al Grand Hotel/Zack e Cody al Ponte di Comando, Raven, Buona fortuna Charlie e chi ne ha più ne metta) vantava effettivamente di una buona recitazione o di una scrittura dei personaggi decente, ma portavano con loro dei messaggi che in qualche modo risuonavano con noi.
Questo è esattamente quello che è successo anche con Glee: nonostante la trama semplicissima (sono letteralmente solo degli adolescenti che prendono parte al coro della scuola) e nonostante l’età diversa dalla nostra e il sistema scolastico diverso dal nostro, questa serie tv parla di tutti e non lascia indietro niente e nessuno.
La cosa che a noi è piaciuta da subito non è solo il fatto che Glee parla di tutti, ma il fatto che lo fa senza mezzi termini né addolcisce la pillola: divorzio, ricatti, abusi di potere, omosessualità, omofobia, bullismo, morte, disturbi alimentari, disabilità, gravidanze adolescenziali e religione sono solo alcuni degli argomenti trattati nella prima stagione.
Anche i personaggi – anche se come abbiamo detto non sono scritti bene e risultano spesso banali cadendo nei cliché – hanno delle sfaccettature piuttosto interessanti, sono mossi da ragioni personali e sono contraddittori tanto quanto lo siamo noi persone nella vita reale.
Dire che all’interno di quest’opera i personaggi non sono mai solo antipatici o solo simpatici sembra banale, ma, in un mondo – e in un genere – in cui tutto viene romanticizzato al massimo, non lo è.
Non possiamo parlare nemmeno della metà dei personaggi principali (un altro dei punti deboli della serie è che il numero dei protagonisti si avvicina spaventosamente a trenta e a tutti succede qualcosa), ma possiamo fare alcuni esempi di cosa intendiamo quando diciamo che i personaggi non sono niente di diverso da delle persone che potremmo incontrare nella vita reale: Rachel Berry è il classico personaggio vittima di bullismo, ma è allo stesso tempo insopportabile, si infuria quando non riceve il ruolo della protagonista, pretende le luci della ribalta e non si fa problemi ad affossare i suoi compagni prendendoli in giro, insultandoli e mettendo loro i piedi in testa. Alla fine – e sarà lei stessa a dirlo – non è in alcun modo diversa dalle persone che per prima l’affossano ma anzi, in realtà lei è peggio, in quanto è molto più subdola e si nasconde dietro alla maschera della “finta amica che ti dice le cose solo per il tuo bene”, mentre Artie Abrams è un ragazzo disabile e costretto sulla sedia a rotelle, eppure nonostante le sue insicurezze, quando la balbuziente Tina Cohen-Chang si sfogherà con lui sulle sue insicurezze, lui non si farà problemi a giudicarla e ad allontanarla.
Tirando le somme: vi
consigliamo Glee? Sì, se lo avete già guardato e volete immergervi nuovamente nei
ricordi o se siete preadolescenti che vogliono guardare una serie tv che
parlando chiaro possa insegnarvi… se siete adulti però ricordatevi rimane pur sempre
un’opera alla “Disney Channel”. È carina, ma guardarla per la prima
volta da adulti può essere sconcertante e annoiare a morte.
Ecco, potremmo dire che vi consigliamo vivamente di guardarlo, ma solo se avete dagli undici ai sedici anni.
Ecco, potremmo dire che vi consigliamo vivamente di guardarlo, ma solo se avete dagli undici ai sedici anni.
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