Più che di una performance, si tratta di un vero e proprio esperimento sociale. L’artista Abramovic rimase per sei ore, dalle 20:00 alle 02:00, in balia del suo pubblico. Nella galleria Morra di Napoli, allestì un tavolo su cui erano posti diversi oggetti, da una piuma alle forbici, da una rosa a una pistola, da un gomitolo a una frusta. In tutto c’erano settantadue oggetti e un foglio con delle istruzioni: “Io sono l’oggetto” e: “Mi assumo completamente la responsabilità di quello che faccio.” L’artista doveva solo rimanere ferma, diventando davvero una cosa inanimata, in totale balia del prossimo a cui non si sarebbe opposta. Sei ore di totale immobilità.
Si creò
quindi un manipolo di curiosi, che inizialmente si limitò a osservarla, per poi
passare all’azione. Prima fu la volta di carezze, di comportamenti gentili,
come essere sfiorata da una piuma o da una rosa. La donna non opponeva alcuna
resistenza e la sua presunta accondiscendenza scatenò reazioni via via sempre
più violente: con il passare delle ore si passò a denudarla, a compiere atti
osceni verso la sua persona, fino a ferirla con le spine della rosa stessa e
addirittura a infliggere tagli profondi. Davanti al suo silenzio e alle sue
lacrime, la performance divenne sempre più brutale, fino a quando non le venne
messa una pistola carica tra le mani e un dito appoggiato sul grilletto. Il
proprietario della galleria, temendo il peggio, buttò immediatamente via
l’arma.
Trascorse
le sei ore, l’artista smise di fingersi oggetto e “tornò” umana. Si avvicinò al
suo pubblico, ma tutti quelli che avevano abusato di lei e del suo essere
inerme lasciarono immediatamente la galleria o cercarono in tutti i modi di
evitare il suo sguardo.
Metteteci anche il fatto che fino alla
pistola in mano, nessuno era ancora intervenuto ed ecco mostrato un lato
nascosto che tendiamo a negare. Sordi alla sofferenza dell’altro, anche la
persona più mite può dimostrarsi un carnefice.
È impressionante pensare a quanto tutto questo sia attuale. Quante volte voltiamo la testa per non guardare o sfoghiamo la nostra frustrazione sull’altro? Quante volte non notiamo la sofferenza altrui e perpetuiamo certi comportamenti? Abramovic era una performer, ma quante volte uomini e donne vengono uccisi da un partner troppo violento?
Quante volte il branco uccide? Ci affidiamo alla
maggioranza perché fare gruppo ci rassicura, ma siamo ancora in grado di
ragionare con la nostra testa e scegliere la strada giusta? Perché tra un
gomitolo di lana e un coltello, davanti al silenzio della “vittima” si è scelta
l’arma? E se questo esperimento venisse riproposto oggi, ben quarantasei anni
dopo, quanti interverrebbero in difesa della donna? Quanti userebbero, invece,
la violenza su di lei? L’omertà e la violenza non sono mai svanite.
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