Dopo aver parlato numerose volte delle opere di René Magritte (qui potete trovare gli articoli su "Il tradimento delle immagini", "Golconda", "Gli amanti" e "Il figlio dell'uomo"), lo diciamo sinceramente: avevamo dato quasi per scontato di aver già scritto un articolo sulla sua vita.
E allora, proprio perché errare è umano ma perseverare è diabolico, senza perdere ulteriore tempo oggi siamo qui per parlare di uno dei maggiori esponenti del surrealismo.
"Detesto il mio passato e quello degli altri. Detesto la rassegnazione, la pazienza, l’eroismo di professione e tutti quei bei sentimenti obbligatori."
René François Ghislain Magritte nacque il 21 Novembre 1898 in Belgio - precisamente a Lessines -, dal sarto Léopold Magritte e da Régina Bertinchamps.
Si trasferì più e più volte con la sua famiglia, ma un luogo e un anno furono particolarmente significativi nella sua vita: nel 1910 si trasferì nella città di Châtelet, e proprio qui due anni dopo - nel 1912, quando René ha quattordici anni. - sua madre si gettò nel fiume Sambre morendo suicida. Nel ritrovamento la donna fu trovata con la testa avvolta in una camicia da notte bianca, elemento ripreso in numerosi dipinti degli anni a venire del pittore.
Per allontanare il problema e i dolori, la sua famiglia si trasferì nuovamente, stavolta nella città di Charleroi, in cui segui gli studi classici e volse per la prima volta uno sguardo alla pittura.
Nel 1916 iscrisse all'Accademia di belle arti di Bruxelles, città in cui fu seguito nel 1918 dal padre e dai fratelli; qui seguì i corsi dei pittori Frans Van Damme, Combaz Gisbert e Constant Montald, incontrò il pittore Victor Servranckx e, sempre a Bruxelles, nel 1923 iniziò a lavorare come grafico di carte da parati.
Senza dubbio fu ispirato dal cubismo e dal futurismo (e questo non ci stupisce, perché ai tempi erano le correnti più popolari e all'avanguardia), ma sappiamo che la vera ispirazione per lui - nonché l'opera che lo fece avvicinare allo stile che divenne poi il suo marchio di fabbrica - fu "Canto d'amore", un olio su tela del famosissimo Giorgio De Chirico, datato 1914; vista la natura e l'arte rivoluzionaria di quest'ultimo, non ci stupisce che il giovane Magritte sia rimasto così profondamente toccato da lui.
Nel 1925 entrò a far parte ufficialmente al gruppo dei surrealisti di Bruxelles con Paul Nougé e dipinse il suo primo vero capolavoro, Le Jockey perdu.
L'anno successivo conobbe André Breton, maggior esponente e padre del surrealismo, mentre nel 1927tenne la sua prima mostra personale - in cui espose ben sessanta dipinti - alla galleria "Le Centaure" di Bruxelles.
Dopo una piccola parentesi parigina, nel 1930 Magritte tornò nuovamente nella sua amata Bruxelles con la moglie (conosciuta quando aveva quindici anni e sposata nel 1922), la modella Georgette Berger; lì vissero per ben ventiquattro anni, e nel 1967 - dopo qualche viaggio in Italia - morì per un tumore al pancreas.
"Noiosa" starete pensando, e avete anche ragione se vogliamo guardare la vita di Magritte in prospettiva e metterla a paragone con le vite piene di sfarzo, viaggi, amori, mostre, collaborazioni e scandali di tantissimi altri artisti. Se non noiosa, quantomeno, non è una vita "degna di nota", forse.
Sicuramente è molto ordinaria, quello sì.
Ma allora perché parlare di René Magritte? Beh, quel che ci ha colpito, è che a René Magritte dipingere non piaceva proprio.
Questa vi mancava, e mancava anche a noi. Non solo ci mancava, ma all'inizio ci siamo rimaste anche piuttosto perplesse, ma poi abbiamo capito: a Magritte non interessava come arrivare alle persone, pensava che la pittura fosse solo il mezzo migliore per raggiungere il suo scopo (che era la cosa che riteneva veramente importante), e il suo scopo era tanto semplice da spiegare, quanto difficile da raggiungere: chiedersi costantemente e far chiedere costantemente agli altri cosa fosse la realtà, ma soprattutto cosa fosse in grado di percepire e vedere veramente l'essere umano.
"Ed è così che vediamo il mondo: lo vediamo come al di fuori di noi anche se è solo d’una rappresentazione mentale di esso che facciamo esperienza dentro di noi."
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