(Luca Ferrazzi, Ologramma)
La riflessione dietro questo articolo parte da un presupposto molto semplice: la realtà fisica è strettamente legata al pensiero. Secondo Hegel, il mondo materiale è un prodotto della coscienza, ne consegue che siamo noi stessi a determinare l’ambiente. Cosa succede però, quando le rappresentazioni di più individui si sovrappongono? Un esempio abbastanza tangibile è quello delle aree urbane. Le città racchiudono differenze e somiglianze, sono dei mondi che comunicano molto riguardo i propri abitanti.
Basandoci sull’assioma posto all’inizio dell’articolo, dobbiamo considerare le città come prodotti più mentali che fisici. È il pensiero collettivo che si reifica e materializza.
È curioso osservare l’organizzazione spaziale e notare come le aree più degradate riescano a turbare la nostra psiche. Vorremmo evitarle come eviteremmo la parte di noi che rifiutiamo, sedimentata nell’inconscio, pronta a destabilizzare la nostra realtà da un momento all’altro. E così come con l’inconscio, si cerca di nascondere quelle realtà che lo ricordano, che rammentano l’imperfezione umana e la caducità della psiche. In realtà, paradossalmente, quello stesso spazio che inquieta, esorcizza la paura da noi. Razionalizzando, percepiamo l’esterno come separato, e con i dovuti accorgimenti possiamo tenere a debita distanza le realtà che suscitano in noi queste sensazioni negative.
“L’orrore aspetta e sogna nelle profondità, e la rovina si diffonde nelle fragili città degli uomini”
(Howard P. Lovecraft, Il richiamo di Cthulhu)
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L'articolo è stato scritto da Gianluca Boncaldo! Se siete interessati a conoscerlo, ci lasciamo i suoi contatti: Facebook e Wordpress.
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