Marco non ha mai mancato di raccontare il disagio giovanile, che sia stato della sua generazione o dei giorni nostri, appunto. Basta pensare a canzoni come “Il Niente”, “Malinconoia” del 1991, o le più recenti “Generation” (2003) e “Beato te” (2009). Abbiamo menzionato solo quattro canzoni perché forse sono tra le più sottovalutate, quindi se non le conoscete vi abbiamo messo il link apposito per ascoltarle su Youtube.
Oggi vogliamo parlarvi di una canzone che affronta il tema del passaggio dall’adolescenza all’età adulta: “Cantano i Ragazzi”.
"Cantano i ragazzi che non sanno cosa fare/mentre aspettano la vita come un treno verso il mare/con la loro giovinezza disperata di allegria…"
Vi abbiamo già accennato che il testo tratta il tema del passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Marco, infatti, all’uscita dell’album stava alla soglia dei trent’anni. Oltre alle parole, visibilmente nostalgiche, anche la voce e le note della melodia ci fanno entrare nell’umore malinconico. L’adolescenza è quello stato dove non vedi l’ora di prendere il fatidico “treno verso il mare”, la libertà di fare quello che si vuole fare, mentre si è ancora ancorati al rispetto delle regole familiari. Così l’immagine è di un gruppo di ragazzi alla banchina, in attesa della piena maturità.
"Cantano i ragazzi, gli anni di blue-jeans/fatti di vacanze belle come un film/con quell’impazienza di buttarsi via/che avevamo tutti nella nostra compagnia."
Quando da adulti giudichiamo i “giovani di oggi” spesso ci dimentichiamo che eravamo esattamente come loro. Ora, per quanto notiamo atteggiamenti immaturi nei ragazzi, noi quattro siamo pienamente convinte che se fossimo state adolescenti ora, ci saremmo comportate esattamente come loro. Così come se loro fossero cresciuti nei nostri anni, si sarebbero comportati esattamente come noi.
"Cantano i ragazzi all’uscita di una scuola/e si credono diversi perché l’anima gli vola/io li guardo dal silenzio della prima nostalgia."
Sapete perché amiamo Masini? Perché -consciamente o no, non ci interessa- racchiude in pochi versi teorie di metafisica che avrebbero bisogno di ore per essere discusse. Proveremo a essere chiare, ma se avete dubbi non esitate a scriverci, provvederemo a fare un video a riguardo. Sappiamo bene che la spiritualità è rappresentata dall’acqua. La superficie del mare è il nostro conscio, le profondità il nostro inconscio. Più ci spingiamo negli abissi, più scopriamo parti di noi stessi. “Come in cielo, così in terra”, così come realmente i gli oceani non sono del tutto esplorati, anche il nostro interno non è mai del tutto esplorato. Ci vogliono molte vite per poterlo fare, dopotutto. L’adolescenza è quel momento della nostra vita in cui il mare è sempre in tempesta e può sconvolgere tutto. È il momento in cui costruiamo la nostra identità, in cui passiamo continue fasi proprio per conoscerci. Sarà capitato a tutti voi di essere prima metal, poi emo, poi “otaku”… E come nel diluvio universale, quando si è adolescenti e quindi ancora emotivamente immaturi, ci aggrappiamo all’unica cosa che pensiamo possa darci sicurezza: l’amore. Che è la nostra arca, convinti che quell’appiglio ci possa salvare dal diluvio e che una volta calmate le acque, noi possiamo vivere una nuova vita con le persone che amiamo.
"Affogati nel blu di quella nostra età/il sogno era la musica e un po’ di libertà/e cantavi anche tu perduto amore mio che mi aiutavi a vivere/e quella sera ti ho cercato inutilmente/fra le stelle di un concerto e a volte ancora piango mentre…"
I primi versi confermano tutta la nostra spiegazione: il blu del mare, dell’inconscio, dei sentimenti. Il sogno di vivere liberamente e di musica, associato all’amore adolescenziale dell’artista che come lui condivideva le stesse passioni. I versi successivi appartengono un po’ a tutti: l’amore adolescenziale che finisce, senza un vero motivo, e che a volte torna a bussare e a farci pensare: “Chissà cosa sarebbe successo se…”
"Cantano i ragazzi come marinai della giovinezza che non basta mai/Cantano i ragazzi ma non siamo noi/hanno un’altra musica, altri sogni ed altri eroi."
Come in uno specchio, Marco vede nei ragazzi anni ’90 gli stessi problemi, le stesse speranze, gli stessi sogni, vissuti da lui, seppur diversi esteriormente.
"Cantano i ragazzi nelle sere del Duemila/e si credono diversi perché l’anima gli vola/su quel treno verso il mare disperati di allegria./Cantano i ragazzi e la vita va/dolce tempo perso nell’eternità/si ritroveranno in fotografia/chiusi nel silenzio della prima nostalgia./Cantano i ragazzi mentre i giorni vanno via…"
Questo è forse uno dei pezzi più emozionanti. Marco sa perfettamente che come sono uguali ma diversi da lui gli adolescenti anni ’90, così lo saranno quelli del Duemila -ricordatevi che il brano è uscito nel gennaio del 1993-. È come una certezza nell’incertezza: non possiamo sapere che tipo di generazioni verranno fuori nei prossimi anni -sempre se l’umanità sopravviverà a se stessa- ma possiamo essere sicuri che vedremo in ogni generazione futura un bel po’ di noi stessi.
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