Light Yagami. Un nome iconico, un nome facile da ricordare, un nome emblematico. Un nome legato intrisicamente al bene e al male. Light Yagami è l’anti-eroe per eccellenza. Light Yagami è il protagonista principale dell’anime “Death Note”.
Lo incontriamo nella prima puntata dell’anime, all’età di 17/18 anni, intento ad annoiarsi a scuola. È così bravo che, anche quando il professore che sta spiegando interrompe la lezione per chiedergli di continuare a leggere dal punto in cui si è interrotto, Light non sbaglia. Bazzecole, per lui quelle lezioni in classe non sono importanti, dopotutto è il miglior studente del Giappone, mentalmente ed intellettualmente è molto più avanti dei suoi compagni di classe. Tornando a guardare fuori dalla finestra, qualcosa finalmente cattura la sua attenzione: è un quaderno nero in caduta libera dal cielo. Lì per lì non sembra prestargli la dovuta cura, ma quando finisce la giornata scolastica, il libricino è lì, solitario, adagiato sul prato che circonda l’edificio. Nessuno sembra averlo notato. Lo prende e comincia a sfogliarlo, leggendo la prima regola di quel quaderno: “La persona il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà.” Light non è convinto, è diffidente, ma comunque è tentato di provarlo. Mentre torna a casa, si ferma in una libreria e vede dei brutti ceffi importunare una ragazza. Primo dettaglio importante del personaggio: non prova il minimo interesse per il prossimo, la scusa della ragazza che sta per essere violentata è solo un pretesto per vedere se effettivamente il quaderno funziona. Il malvivente rivela il proprio nome alla sua vittima e questo dettaglio non sfugge al nostro futuro Kira. Un nome, scarabocchiato su una pagina del quaderno e… boom. Prima vittima. Light ne rimane sorpreso, ma non è ancora del tutto convinto, quindi prova, riprova e nel momento in cui capisce il reale potere del quaderno, inizia la sua discesa verso l’Inferno (o, come direbbe Ryuk, nel Mu).
Come dicevamo, Light ci viene presentato come il ragazzo migliore del Giappone, con una media scolastica da fare invidia, ha successo con le ragazza, è atletico, vive in una villetta normale e ha una famiglia altrettanto normale. È un narcisista, Non ha subito alcun trauma nella vita, la quale risulta la pace dei sensi. Eppure tutta quella vita monotona e ripetitiva lo annoia. È la noia che, unita alla curiosità, lo spingono a diventare ciò che è. Vive uno sdoppiamento della personalità che nessuno sospetta, perché se un attimo prima aiuta la sorellina a fare i compiti, l’attimo dopo si prepara ad usare il death note con uno sguardo da brividi.
Nell’adattamento di Netflix, vi è il gravissimo errore di dare una scusa alla pazzia di Light. Nel manga e nell’anime, lui non ha alcun problema, mentre il film della famosa piattaforma il protagonista vive il bullismo a scuola, ha una casa cupa e ai limiti della legalità, non ha fratelli e la madre è stata uccisa; il padre è assente ed lui viene istigato dallo shinigami a diventare un assassino, ma prova anche dei sensi di colpa.
No, Light non è nulla del genere. La particolarità del personaggio è proprio il suo non avere difetti, non avere un pessimo passato alle spalle. E Ryuk non lo istiga a fare nulla, lo shinigami ha lanciato il quaderno nel mondo degli umani per noia, per vedere gli umani cosa sono disposti a fare, ma per il mero divertimento personale. Non aveva scelto Light per un motivo particolare, avrebbe potuto buttarlo negli Stati Uniti in una diversa epoca e fatto finire nelle mani di Trump, nelle mani di un contadino nel Medioevo, o negli anni Venti in Germania. Ryuk vuole divertirsi. Per questo il dio della morte rimane sorpreso quando vede l’ingente numero dei nomi che Light ha scritto sul death note prima ancora che lo shinigami si sia presentato. Ryuk non riesce quasi a crederci, ne è sorpreso.
È in quel momento che inizia la missione di Kira: epurare il mondo dal crimine. Ma è davvero giusto? Se ognuno di noi avesse tra le mani il potere del death note, sarebbe in grado di usarlo? Eticamente no, sappiamo tutti quanto sia sbagliato uccidere, ma se servisse a far fuori i peggiori criminali del mondo, i più ricercati e quelli che hanno compiuto omicidi o le stragi più ecclatanti, sarebbe giusto ucciderli? Tutto l’anime si basa sul senso morale dell’omicidio, perché Light non ha scrupoli: costruire un mondo migliore, nuovo, come reazione ad un dio che punisce solo. A questo punto, possiamo dire che il nostro Kira si eleva a diventare quasi il dio cristiano dell’Antico Testamento, ovvero iracondo e pronto alla vendetta.
È impossibile non comprendere il comportamento di Light, perché nel profondo tutti abbiamo pensato, almeno una volta, che i nemici del mondo dovessero sparire dalla faccia della Terra. Kira mette solo in pratica qualcosa che tutti auspicano, ma che nessuno ha il coraggio di ammettere, per paura dei giudizi altrui. Il death note sembra davvero soggiogarlo, perché nel momento in cui Light riconsegna il quaderno a Ryuk per rendere più reale la sua presunta innocenza, tutto in lui cambia: diventa compassionevole e animato da un forte senso di giustizia, nel punire il peggior criminale della storia (ovvero se stesso inconsciamente) e a punirlo con l’ergastolo, non con l’omicidio, perché uccidere è sbagliato. Sembra completamente un altro perché effettivamente lo è. Se mentre era Kira non si era fatto scrupoli ad usare Misa Amane, lui è ben intenzionato a rompere con lei perché, giustamente, non se la sente di illuderla. Tutto cambia nuovamente quando torna in possesso del quaderno.
Il complesso del dio di cui Light soffre lo porta al limite del patologico, con stratagemmi che lo spingono a pensarle tutte, a vagliare in pochi istanti, tutti i possibili scenari, cosa che lo porta a trionfare nel momento in cui sconfigge L, il più grande investigatore del mondo. La sanità mentale di Kira vacilla, tanto da apparire definitivamente il “cattivo” con la risata malvagia che spesso caratterizza determinati personaggi. Ma lo scontro con L, poi con Near e Mello lo prova sia fisicamente che mentalmente. Essendo immerso nella sua sceneggiata fino al collo, è costretto a delegare. Ma nessuno è capace di reggere al confronto con Light, così viene scoperto. Viene colpito da un “collega” e ucciso definitivamente da Ryuk. Lo shinigami pone fine alle sue sofferenze perché ormai non si diverte più, non trova più la sua storia interessante e la sua perdita di lucidità mentale, la sua pazzia totale lo rendono solo un’altra vittima del death note, del sistema e del mondo perfetto che voleva creare, ma in maniera sbagliata.
"Nei sei anni trascorsi dall'avvento di Kira sono scomparse le guerre, e il numero di crimini in tutto il mondo è diminuito del 70%. [...] Appena ho preso in mano il quaderno, ho pensato che sarei stato l'unico ad averne la possibilità, o meglio, che soltanto io ne sarei stato capace. sono consapevole del fatto che uccidere sia un crimine, ma era l'unico modo per redimere il mondo. dovevo adempiere alla mia missione. solo io potevo riuscirci."
Come si può non rivedere in questa frase il “complesso del Messia”? si crede il prescelto, un predestinato, l’unico in grado di compiere la missione che gli è stata affidata dall’alto. È afffamato di onnipotenza, ma quello stesso potere lo porta alla disfatta. Se ci si fa caso, nella seconda ending nell’anime, vi è un frame in cui Light appare come crocefisso.
La fredda lucidità che lo distingueva, si sgretola nel momento in cui nessuno sembra più capirlo, nel momento in cui tutti cominciano a vederlo per il criminale che è realmente, soggigato da un potere più grande di lui e che non può controllare. Ormai è logorato dall’interno e la sua morte giunge in un momento cruciale: Light si ritrova ferito a strisciare per allontanarsi da Near, sperando di riuscirci. Lui, che si era elevato a divinià, striscia sulla Terra, al pari dei vermi. Nel momento in cui muore, lo sguardo del protagonista torna limpido, come se fosse, nell’ultimo battito del suo cuore, ormai libero dall’influenza negativa del death note.
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