Quando pensiamo al dio greco del vino, certo ci viene in mente Dionisio, figlio di Zeus e dell’umana Semele, anche dio della gioia e del benessere fisico.
Il nome Acrato deriva dal greco àkratos (ἀκρατος) che significa “non mescolato”, o “puro”. Come accennato nell’introduzione, faceva parte della compagnia del dio maggiore, che infatti era solito festeggiare con tutti loro durante i festini, in quelli che poi i Romani chiamarono “baccanali”, proprio dal nome latino dello stesso dio: Bacco.
Se altri satiri o menadi sono più conosciuti, Acrato si differenzia da tutti loro per un fatto: rappresenta un concetto molto specifico, il vino non diluito.
Per capire questo concetto bisogna per forza di cose andare indietro nel tempo, nella Grecia antica. Ai tempi il vino veniva consumato mescolato con acqua per moderarne gli effetti, rendendolo più adatto alla conversazione e alla socialità. Per carità, ce se ‘mbriacava lo stesso, solo più lentamente. Andare subito di vino puro era considerato un gesto estremo, da ribelli, tipico di quegli individui che amavano superare sempre più i loro limiti e sfociare in un’ebbrezza incontrollata.
Ecco che Acrato diventa l’incarnazione dell’ubriachezza nel vero senso della parola, dell’essere senza freni. Spiegava la libertà assoluta, quella senza limiti o convenzioni che certo poteva sembrare divertente, ma metteva ben in vista tutti gli enormi rischi a cui si poteva incappare: il caos per eccellenza.
Forse è per tutto questo che abbiamo pochissime documentazioni su Acrato, che appare davvero raramente nei testi antichi se non menzionato in alcune opere minori facente parte del corteo dionisiaco. Nella storia dell’arte questa figura è praticamente inesistente.
Eppure gli Ateniesi lo venerano assieme ai culti per Dionisio. Celebrando il dio maggiore, che attraverso il vino (controllato) dà benessere psico-fisico, non volevano dimenticare il monito di Acrato: quello di prestare attenzione perché incappare alla follia più totale non è poi così difficile.
In un mondo che è duale non vi può essere Dionisio senza Acrato, non vi può essere la moderazione senza l’eccesso. Compito dell’essere umano è trovare la gioia nel loro equilibrio.
Questo lo possiamo vedere ancora oggi nella nostra società: i social, le uscite del weekend, il consumismo… nulla è davvero negativo purché ci ricordiamo di vivere la gioia dell’equilibrio tra moderazione ed eccesso perché è lì che si trova la vera libertà.
Nel suo seguito vi era Acrato: un genio alato venerato dagli Ateniesi come un dio. Andiamo un po’ a vedere la sua figura…
Il nome Acrato deriva dal greco àkratos (ἀκρατος) che significa “non mescolato”, o “puro”. Come accennato nell’introduzione, faceva parte della compagnia del dio maggiore, che infatti era solito festeggiare con tutti loro durante i festini, in quelli che poi i Romani chiamarono “baccanali”, proprio dal nome latino dello stesso dio: Bacco.
Se altri satiri o menadi sono più conosciuti, Acrato si differenzia da tutti loro per un fatto: rappresenta un concetto molto specifico, il vino non diluito.
Per capire questo concetto bisogna per forza di cose andare indietro nel tempo, nella Grecia antica. Ai tempi il vino veniva consumato mescolato con acqua per moderarne gli effetti, rendendolo più adatto alla conversazione e alla socialità. Per carità, ce se ‘mbriacava lo stesso, solo più lentamente. Andare subito di vino puro era considerato un gesto estremo, da ribelli, tipico di quegli individui che amavano superare sempre più i loro limiti e sfociare in un’ebbrezza incontrollata.
Ecco che Acrato diventa l’incarnazione dell’ubriachezza nel vero senso della parola, dell’essere senza freni. Spiegava la libertà assoluta, quella senza limiti o convenzioni che certo poteva sembrare divertente, ma metteva ben in vista tutti gli enormi rischi a cui si poteva incappare: il caos per eccellenza.
Forse è per tutto questo che abbiamo pochissime documentazioni su Acrato, che appare davvero raramente nei testi antichi se non menzionato in alcune opere minori facente parte del corteo dionisiaco. Nella storia dell’arte questa figura è praticamente inesistente.
Eppure gli Ateniesi lo venerano assieme ai culti per Dionisio. Celebrando il dio maggiore, che attraverso il vino (controllato) dà benessere psico-fisico, non volevano dimenticare il monito di Acrato: quello di prestare attenzione perché incappare alla follia più totale non è poi così difficile.
In un mondo che è duale non vi può essere Dionisio senza Acrato, non vi può essere la moderazione senza l’eccesso. Compito dell’essere umano è trovare la gioia nel loro equilibrio.
Questo lo possiamo vedere ancora oggi nella nostra società: i social, le uscite del weekend, il consumismo… nulla è davvero negativo purché ci ricordiamo di vivere la gioia dell’equilibrio tra moderazione ed eccesso perché è lì che si trova la vera libertà.
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