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Il tutto è contenuto nell’album “Abbey Road” del 1969.
Il brano è molto corto, eppure secondo noi racchiude il Tutto dell’Universo.
Probabilmente non sapremo mai quale sia il suo reale significato, cosa passasse nella mente di Paul mentre scriveva quelle parole, ma è vero che è una canzone che si trova bene anche nella nostra vita e in effetti acquisisce valore differente per ogni passaggio importante.
Possiamo dedicarla alla fine di un rapporto, di un lavoro, ma anche di una parte di noi stessi quando cresciamo...
Il brano è molto corto, eppure secondo noi racchiude il Tutto dell’Universo.
Probabilmente non sapremo mai quale sia il suo reale significato, cosa passasse nella mente di Paul mentre scriveva quelle parole, ma è vero che è una canzone che si trova bene anche nella nostra vita e in effetti acquisisce valore differente per ogni passaggio importante.
Possiamo dedicarla alla fine di un rapporto, di un lavoro, ma anche di una parte di noi stessi quando cresciamo...
Oh yeah, alright
(Oh sì, va bene)
Are you gonna be in my dreams tonight?
(Sarai nei miei sogni stanotte?)
And in the end the love you take
(E alla fine l’amore che ricevi)
Is equal to the love you make
(È uguale all’amore che dai)
(Oh sì, va bene)
Are you gonna be in my dreams tonight?
(Sarai nei miei sogni stanotte?)
And in the end the love you take
(E alla fine l’amore che ricevi)
Is equal to the love you make
(È uguale all’amore che dai)
Paul McCartney in adolescenza amava due materie: la letteratura e la musica. Ora, non serve specificare in quale delle due strade ha perseverato; andiamo, però, verso la prima e ci ritroviamo un ragazzo amante di Chauer, Pope, Owen e ovviamente Shakespeare.
Uno dei versi dell’ultimo che più gli è rimasto impresso, è il distico finale del Macbeth:
I go, and it is done; the bell invites me.
Hear it not, Duncan; for it is a knell
That summons thee to heaven or to hell.
(Vado, ed è fatto; la campana chiama.
Duncano, non udirla; il suo rintocco
Ti chiama al paradiso od all’inferno.)
Hear it not, Duncan; for it is a knell
That summons thee to heaven or to hell.
(Vado, ed è fatto; la campana chiama.
Duncano, non udirla; il suo rintocco
Ti chiama al paradiso od all’inferno.)
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Posto nello stesso modo dei distici, Paul ha preso consapevolezza della fine (appunto, The End) di una grandissima parte della sua vita: aveva quattordici anni circa quando aveva conosciuto John e ne sono passati altrettanti (sempre circa) per arrivare alla rottura.
Chissà a chi è dedicata la domanda, a noi piace pensare al sogno di poter continuare insieme, o a un tuffo nel passato, quando tutto andava bene, erano più leggeri e spensierati, vivevano come in una bolla di sapone, un sogno, appunto.
La musica ha un qualcosa di simbolico con tutto ciò: il brano contiene l’unico assolo di batteria di Ringo, assieme agli assoli di Paul, George e John che riprendono e ricominciano a seguire questo schema per tre volte, come a volerci preparare al loro addio.
Poi la musica cambia, arrivano gli ultimi due versi, una sorta di ammonimento karmico: “E alla fine, l’amore che ricevi è uguale all’amore che dai”.
Frecciatina? Ricordarsi che tutto andrà bene se ci manteniamo nell’amore? O più semplicemente puntare il faro sul fatto che se si segue il proprio cuore, la propria anima, indipendentemente da tutto, si danno emozioni e quelle emozioni torneranno a noi nella stessa identica misura?
Noi attribuiamo alla frase il terzo significato, ma per Paul ne ha ancora un altro: si chiede, forse adesso che ha raggiunto e superato gli ottant’anni, cosa sarebbe successo nella sua vita se avesse scelto la prima strada, quella della letteratura.
Avrebbe insegnato al liceo? Avrebbe scritto libri? Sarebbe riuscito a dare lo stesso così tanto? Sono domande a cui non c’è una risposta, almeno non in questa parte d’universo.
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