Anche quest’anno siamo stati buoni e abbiamo avuto l’ennesimo meraviglioso regalo da parte di Fazi Editore: in occasione del bicentenario della nascita dell’autore inglese Wilkie Collins, considerato il padre del genere letterario poliziesco, la casa editrice pubblicherà in nuova veste i capolavori dell’autore, partendo da quelli che usciranno proprio oggi, il 12 gennaio: Senza nome, La pietra di Luna e La donna in bianco.
Proprio di quest’ultimo abbiamo l’onore di parlarvi, avendone affrontato la lettura giusto per poter celebrare le nuove, splendide edizioni che Fazi ha deciso di regalarci per quest’occasione!
La premessa alla storia è una spiegazione della scelta narrativa: gli avvenimenti sono raccontati da diversi punti di vista, in cui ogni personaggio riprendere la narrazione da dov’era stata lasciata dal precedente, così che il lettore possa avere la testimonianza in prima persona da chi ha davvero vissuti i fatti, e non accontentarsi di una narrazione “di seconda mano”. Ed è proprio grazie a tutti questi punti di vista – cinque principali, più altre piccole testimonianze a corollario – che il lettore riesce ad avere una visione completa degli eventi e a sviluppare un’idea di ciò che è realmente accaduto, proprio mentre i personaggi sbrogliano la matassa del mistero.
L’insegnante di disegno Walter Hartright deve andare a Limmeridge House per insegnare l’acquerello alle giovani sorelle Ms. Laura Fairlie e Ms. Marian Halcombe, ma la sua partenza è scombussolata da un evento singolare. Proprio la sera prima di partire incontra una donna vestita di bianco che cerca disperatamente la strada per Londra, dove sostiene di poter trovare un aiuto, e sarà proprio il giovane a farlo. Poco dopo scoprirà che la donna è scappata da un manicomio dov’è stata rinchiusa.
A Mr. Hartright basterà parlare di questo strano incontro con Ms. Halcombe per scoprire la misteriosa donna in bianco che ha incontrato ha un insolito e quasi dimenticato legame con Ms. Fairlie, destinata a diventare, di lì a poco, Lady Glyde. E sarà proprio questo matrimonio a essere l’inizio delle sventure dei protagonisti, nonché la strada da percorrere per scoprire il mistero della donna in bianco.
La lettura di Collins potrebbe non risultare facilissima da affrontare: tenendo in considerazione che l’autore copre buona parte dell’Ottocento e che il romanzo stesso è ambientato in quell’epoca, nonché scritto nel 1859 e pubblicato a puntate tra il 1859 e il 1860, non ci si può aspettare uno stile “leggero” come quelli a cui siamo abituati con autori più contemporanei.
Nonostante le descrizioni prolisse – per alcuni potrebbero risultare pesanti, ma chi è abituato ad autori contemporanei come King o Tartt saranno una passeggiata! – la lettura scorre piacevolmente e, soprattutto, con incredibile velocità. Non è soltanto lo stile ad aiutare ma anche il ritmo incalzante della storia, che tiene l’attenzione del lettore sempre alta proprio in considerazione del mistero da risolvere e dei colpi di scena inaspettati.
Un altro dei punti di forza del romanzo è sicuramente la bravura dell’autore nella gestione dei diversi punti di vista, nell’immedesimazione nei personaggi e nella loro caratterizzazione: ognuno di loro ha dei tratti distintivi sempre percepibili durante lo scorrere del romanzo, ed è piacevole ritrovare queste caratteristiche familiari mentre la storia progredisce.
Nonostante i romanzi di Collins siano da vedersi come pionieri del genere poliziesco, non si deve dimenticare l’impegno sociale legato a essi, soprattutto al romanzo di cui stiamo parlando oggi.
È stato da tanti considerato come un romanzo progressista per il tempo, perché per tutto l’arco narrativo si può trovare un’aperta critica alla condizione femminile del tempo. personalmente l’abbiamo individuata soprattutto in due personaggi: in Mrs. Michaelson, vedova che vive nel ricordo del defunto marito, un pastore, che giudica la condizione e i comportamenti di altre donne proprio sulla base della loro estrazione sociale.
Il più severo giudizio è però dato principalmente da Ms. Marian Halcombe, vittima non passiva del suo ruolo nella società di donna benestante e nubile. Più e più volte nel romanzo la giovane desidera di essere un uomo, perché proprio appartenere all’altro genere l’aiuterebbe a poter fare e dire ciò che realmente vorrebbe; eventualità, questa, impeditale proprio dal suo essere donna.
È stato da tanti considerato come un romanzo progressista per il tempo, perché per tutto l’arco narrativo si può trovare un’aperta critica alla condizione femminile del tempo. personalmente l’abbiamo individuata soprattutto in due personaggi: in Mrs. Michaelson, vedova che vive nel ricordo del defunto marito, un pastore, che giudica la condizione e i comportamenti di altre donne proprio sulla base della loro estrazione sociale.
Il più severo giudizio è però dato principalmente da Ms. Marian Halcombe, vittima non passiva del suo ruolo nella società di donna benestante e nubile. Più e più volte nel romanzo la giovane desidera di essere un uomo, perché proprio appartenere all’altro genere l’aiuterebbe a poter fare e dire ciò che realmente vorrebbe; eventualità, questa, impeditale proprio dal suo essere donna.
Quindi sì, La donna in bianco è un poliziesco… ma non solo. Non lasciatevi ingannare dalle apparenze, e soprattutto immergetevi nella lettura!
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