Lo sguardo al passato fa sempre un certo effetto, la storia è ciclica e lo sappiamo davvero bene. Gli anni ’60, ’70 e ’80 tornano nella moda, nel cinema e nella musica, cavalcando l’effetto nostalgia che sta caratterizzando l’immaginario occidentale odierno. Quindi, sulla scia del revival, le Industries sfornano biopic su biopic. Dopo il successo avuto da Bohemian Rapsody e lo stesso Get Back (documentario sui Beatles presente su Disney+), in questi giorni in sala cinematografica potete prendere i biglietti per Elvis.
Uscito nelle sale italiane il 22 giugno, la pellicola ripercorre l’ascesa e la discesa della carriera del famoso cantante Elvis Presley, calcando sui punti salienti della sua vita, raccontati dal punto di vista del suo storico manager. Così da poter rispondere alla domanda: cosa e/o chi ha ucciso Elvis?
Tom Hanks apre la narrazione del film, la sua voce (doppiata da Angelo Maggi) ci accoglie tra i dubbi e le insinuazioni che sono state fatte per anni su questa storia. L’attore veste i panni di un decadente Tom Parker, lo storico manager e imbonitore di Elvis, che cerca di discolparsi da ciò che è avvenuto nel corso della vita del cantante. La voce del narratore, dunque, ci permette di entrare in un contesto quasi fiabesco finalizzato alla conoscenza della vita di questo straordinario cantante.
Parker, per tutta la vita, ha usato la carriera di Elvis per poter pagare i propri debiti di gioco. Lo ha legato e relegato all’interno dell’International Hotel senza dargli l’opportunità di fargli avere effettivamente il successo internazionale che meritava. È pur vero, come potete leggere dall’articolo biografico che abbiamo già pubblicato, che in ogni caso le sue canzoni sono arrivate al pubblico più vasto; purtroppo lui non ha avuto l’opportunità di raggiungere fisicamente quelle persone. L’opportunismo e la fiducia, quindi, hanno giocato un ruolo fondamentale nella vita del cantante, una vita che si è spenta fin troppo presto consumata dalle scelte che gli altri hanno preso per lui.
Austin Butler riporta in auge il famigerato, libidinoso e scandaloso movimento pelvico di Elvis. Vestendo i panni di Presley esegue sul grande schermo una magistrale prova attoriale capace di far sciogliere anche i più frigidi. La sua voce e il suo viso, aiutati da un trucco e costume meravigliosi, rendono fedelmente l’immagine di Elvis sullo schermo. Il montaggio e gli effetti visivi aiutano tantissimo lo spettatore con i riferimenti che egli può visivamente cogliere. Ad esempio, infatti, quando si parla della carriera cinematografica di Elvis, il montaggio restituisce allo spettatore numerosi parallelismi tra le locandine reali e il volto stesso di Austin. Questo, in un biopic del genere, divine fondamentale proprio perché Bohemian Rapsody ci ha insegnato quanto la fedeltà visiva sia importante per una corretta restituzione dell’immagine. Anche perché, la fedeltà permette di entrare ancora di più nella vita del protagonista in quanto ciò che si vede è familiare e riconoscibile. Si può, dunque, entrare in totale empatia con la sua situazione mentale e sentimentale.
Il montaggio, come stavamo sottolineando, è l’elemento fondamentale di questo film perché coniuga ogni singolo raccordo in un modo eccellente. I parallelismi tra reale e ricostruzione sono essenziali tanto quanto lo è il montaggio musicale. Se si fa attenzione, infatti, in tutte le scene in cui si tratta delicatamente l’amore tra Elvis e Priscilla possiamo avvertire come sfondo musicale. Che sia, infatti, l’inizio del loro amore in Germania, o la fine della loro relazione, o i momenti più teneri, vengono accompagnati da questo meraviglioso singolo che venne inciso da Elvis il 6 ottobre del 1956, la cui melodia si rifà a una ballata della Guerra di Secessione pubblicata nel 1861 da Aura Lee.
Amare la musica di Elvis è facile, ancora oggi ha un seguito paragonabile a pochissimi altri (non a caso citati in questo articolo). Vedere questo film al cinema permette, soprattutto alle nuove generazioni, di conoscere un pezzo di storia della musica davvero importante. Per chi conosce già le sue canzoni questa pellicola si trasforma in una bellissima occasione per poter cantare nel corso delle due ore e quaranta di durata. Non è un musical, non avrete degli inserti musicali, ma solo un film nel quale la musica è la preghiera dell’anima di un uomo. La musica di Elvis è di ispirazione, unisce anche quando la società divideva e veniva divisa. Le canzoni di quest’uomo andatosene via a soli quarantadue anni dovrebbero essere d’ispirazione per tutte le anime disposte ad ascoltare il prossimo.
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