Dopo aver parlato del Carnevale di Roma, di Putignano, Sciacca e Venezia, non potevamo non nominare quello di Viareggio, uno dei più famosi carnevali al mondo.
La prima sfilata dei carri allegorici risale al 1873, nella storica Via Regia. L’idea nacque tra i giovani rampolli di Viareggio che, tra un caffè e l’altro, pensarono di programmare una sfilata per il giorno di Martedì Grasso. Nel corso dei decenni, poi, l’evento è andato sviluppandosi, diventando lo spettacolo che è oggi – anzi, che era prima della pandemia.
Verso la fine del secolo iniziarono le sfilate dei carri trionfali, fatti di legno, scagliola (un particolare tipo di gesso) e juta, modellati da scultori locali e perfezionati da fabbri e carpentieri. La prima guerra mondiale parve mettere fine alla manifestazione, ma questo non aveva di certo spento l’animo della città. Nel 1923 i carri allegorici cominciarono ad animarsi, infatti gli occhi e l’intera faccia di Pierrot del Giampieri erano in movimento, anche se alcune foto inedite rivelarono che i movimenti già c’erano. Si trattava del carro “L’Italia che trionfa”, la cui maschera in uno scatto appare chiusa e aperta in una seconda immagine.
Nel 1930 Uberto Bonetti ideò Burlamacco, la maschera simbolo di Viareggio. Il nome “Burlamacco” richiama la burla carnevalesca, ma non solo: Burlamacca è il canale che attraversa la città di Viareggio e, se consideriamo anche che il nome della sua compagna è “Ondina” (come a riprendere il movimento sussultorio dell’acqua), è molto probabile che il nome derivi da esso.
Altra ipotesi, anche se non tra le più probabili, sembrano ricollegare la maschera al Buffalmacco rinascimentale, un personaggio del Decameron di Boccaccio. Un'ulteriore ipotesi è che il Burlamacco derivi da Francesco Burlamacchi, un politico della Repubblica di Lucca. Il cappello che indossa la maschera ricorda gli ambasciatori lucchesi e i suoi colori quelli del comune di Lucca. Un’attenta analisi, però, rivela che questa maschera racchiude in sè un insieme di caratteristiche delle principali maschere italiane dell'epoca: il cappello di Rugantino, il mantello del dottor Balanzone, il costume a scacchi di Arlecchino e il bottone bianco del Pierrot francese.
Come abbiamo visto anche nei precedenti articoli, il Carnevale è una forma d’arte a tutti gli effetti. Per la festa di questa città in particolare, molti artisti diedero il loro contributo, tra i quali Lorenzo Viani, Renato Santini, Sergio Staino, Dario Fo e Jean-Michel Folon. Nel 1911 il pittore viareggino Viani contribuì alla realizzazione del carro “Il trionfo della vita” di Domenico Ghiselli. Santini nel 1924 conobbe il mondo della realizzazione con la cartapesta e così realizzò numerosi carri. I più famosi sono due: “Teatro della vita” (1947) e “A tempo di mambo” (1956).
I carri sono un’allegoria della società, una satira verso il mondo della politica e il premio Nobel Dario Fo realizzò con i Stefano e Umberto Cinquini un carro ispirato alla brutalità che la guerra riflette sui più piccoli.
Oggi il Carnevale di Viareggio è un grande evento di arte, tradizione, spettacolo, cultura. Uno spettacolo che affascina il pubblico di tutto il mondo. Il Carnevale di Viareggio dura un mese intero, con le feste che proseguono anche nei rioni della città. Interi quartieri si trasformano in sambodromi all'aperto in cui poter ballare liberamente in maschera.
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