Quando pensiamo a Medusa, la Gorgone della mitologia greca, la prima immagine che ci viene in mente è quella di una donna mostruosa, con lo sguardo in grado di pietrificare e i capelli fatti di serpenti sibillanti, pronti ad attaccare. Delle sue sorelle, Steno e Euriale, lei era la sola a essere mortale. E non è sempre stata mostruosa, anzi, veniva reputata una donna bellissima. Il primo che si occupò di raccontare la sua storia fu Ovidio, che nell’8 d.C. raccontò di come questa bella fanciulla, devota ad Atena e sacerdotessa del suo tempio, fosse stata notata dal dio del mare Poseidone e violentata nel tempio della dea, che al contempo era gelosa della sua avvenenza. Profanato il suo tempio, in cui ricordiamo che le sacerdotesse dovevano essere pure, la dea si scagliò contro Medusa, trasformandola nel mostro che tutti noi conosciamo. Colpì la vittima, non il carnefice.
Per quanto riguarda la sua morte, la storia non fu clemente con lei. Il re di Serifo, Polidette, sfidò Perseo a uccidere Medusa, sperando che nel tentativo perisse così da permettere al sovrano di avere campo libero con la madre di lui, Danae. Aiutato da divinità come Ade e Ermes, Perseo raggiunse la dimora delle Gorgone e le trovò addormentate. Si scagliò quindi contro Medusa impugnando il famoso scudo e la decapitò. Dal sangue del mostro ne uscì Pegaso, il cavallo alato che, a quanto pare, la Gorgone aspettava dal dio che l’aveva violentata. Grazie a questo, Perseo riuscì a sfuggire dalla grinfie di Steno e Euriale. Dopo varie vendette e dopo aver pietrificato il re Polidette, Perseo consegnò la testa di Medusa ad Atena, che l’appose sulla sua egida.
Tutti conosciamo le varie rappresentazioni di Medusa decapitata da Perseo, come quella di Benvenuto Cellini, una scultura in bronzo realizzata tra il 1545 e il 1554 tra le più famose presenti in Piazza della Signoria, nella Loggia dei Lanzi, a Firenze. Perseo stringe e mostra la testa della sua vittima tenendo ancora la spada sguainata, come se fosse un’istantanea dell’impresa titanica appena compiuta. Nella Galleria degli Uffizi, inoltre, vi sono due tele raffiguranti il capo della Gorgone, di cui il più noto è quello di Michelangelo Merisi da Caravaggio, dal nome “Scudo con testa di Medusa”. Anche Canova rappresentò la sua versione di Perseo e Medusa, una scultura dal nome “Perseo trionfante”, dalla posa e dallo sguardo sollevato per essere riuscito a vincere. Per anni si è sempre stati dalla “parte” di Perseo, che stringeva vittoriosa la chioma sibillante del mostro ucciso, o almeno questo è stato ciò che è successo fino agli anni più recenti.
Nel 2008 l’artista italo-argentino Luciano Garbati realizzò la sua personale visione del mito, con una statua in bronzo alta oltre i due metri dal nome “Medusa con la testa di Perseo”, in cui i ruoli si ribaltano: è la Gorgone che tiene in pugno la testa del suo assassino, la spada abbassata e lo sguardo dritto davanti a sé, come a sfidare lo spettatore a contraddirla. Ovviamente non sono mancate le polemiche.
Nel 2008 l’artista italo-argentino Luciano Garbati realizzò la sua personale visione del mito, con una statua in bronzo alta oltre i due metri dal nome “Medusa con la testa di Perseo”, in cui i ruoli si ribaltano: è la Gorgone che tiene in pugno la testa del suo assassino, la spada abbassata e lo sguardo dritto davanti a sé, come a sfidare lo spettatore a contraddirla. Ovviamente non sono mancate le polemiche.
La statua della Medusa vittoriosa è stata posta davanti al New York County Criminal Court, che ha fatto subito discutere. Il tribunale non è stato scelto a caso, perché nel marzo del 2020 vi era stato processato Harvey Weinstein e non solo, per stupro e violenze sessuali, grazie al movimento “me too”. Lo scopo della scultura era quello di far luce sia sulla realtà del mito, ovvero la donna bellissima prima stuprata e poi uccisa, ma anche per combattere il victim blaming a esso legato. Tuttavia, come dicevamo, le polemiche non sono mancate. In primo luogo veniva contestato il fatto che sia sbagliato rispondere alla violenza con altra violenza, quindi il riscatto di Medusa apparirebbe come una mera vendetta. Un corpo nudo, formoso, che, secondo altri che hanno criticato l’opera di Garbati, rimanderebbe alla mercificazione del corpo femminile, al bodyshaming per la posa gloriosa e i muscoli in tensione. Certamente, richiamando alla mente il movimento “#metoo” si può “contestare” all’autore che Medusa era sì una vittima, ma la violenza non era stata compiuta da Perseo, quanto da Poseidone. Si tende, però, a rimandare tutto al politicamente corretto anche nel momento in cui un’opera è un chiaro e palese richiamo a opere già esistenti nell’iconografia manieristica, più precisamente all’opera di Cellini menzionata poco sopra. A modo suo, Garbati ha voluto mostrare la forza di una donna che non si lascia sopraffare e che ha avuto la forza di combattere il suo aggressore, mettendo la parola fine alle ingiustizie subite.
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