martedì 25 maggio 2021

#SullaStrada: Parigi

Come al solito non ce ne vogliate, ma anche questa volta, per l'ennesima volta, la pandemia non ci ha fermate dal viaggiare per il mondo.
A inizio maggio siamo quindi partite per la capitale francese, e ora abbiamo un bel po' di cose da dire.

Cercheremo di mettere da parte la rivalità e la non così velata antipatia che noi italiani proviamo nei confronti dei francesi - che possiamo assicurare essere reciproca -, e parlare di Parigi in modo quanto più oggettivo possibile, ma non vi promettiamo niente.
Nel dubbio, ci dispiace in anticipo. Forse.
A differenza di come abbiamo fatto per altre città di cui abbiamo parlato in questa rubrica, per Parigi non vi parleremo di abitanti, né di superficie della città, e di certo non faremo paragoni di nessun tipo.
A saperlo fare lo sapremmo anche fare, ma noi di 4Muses abbiamo seguito fino alla fine "Ritals - La web serie", che ha visto come protagonisti Svevo Moltrasio e Federico Iarlori, e dire che non ci sentiamo titolate a parlare di numeri e a fare paragoni è dire poco.

"Sarebbe un bel posto se solo si riuscisse a mandar via tutti quelli che ci abitano"

Non lo abbiamo detto noi, ma l'ex tennista americano John McEnroe.
Qui non si parla di stereotipi o di luoghi comuni; lo sanno tutti che il francese medio non è di certo un simpaticone di prima categoria.
E non provate a gridare al razzismo, perché sfido chiunque a non pensare ciò dopo essersi sentiti dire frasi come "Ah, sei italiana? Non so come funziona al paese vostro, ma qui in Francia siamo il massimo della sicurezza".
Affermazione più che discutibile.
E le cose positive dei francesi? Oltre al loro patriottismo, al loro spirito di fratellanza e alla loro capacità di rimanere uniti nelle loro disgrazie e nelle difficoltà - caratteristiche che l'italico si sogna -, una cosa gliela dobbiamo: al contrario dell'italiano medio, il francese medio non è di certo stupido, ignorante o poco acculturato.
Basti pensare a come, parlando con i dati alla mano, in Italia la percentuale di lettori sia solo al 40% mentre in Francia questa percentuale sale all'88%. In molti dicono che la lettura non faccia la cultura, ma anche in questo caso, questa è una affermazione più che discutibile.

Per quanto riguarda Parigi, se pensavamo che il clima di Londra fosse terribile, la capitale francese ci ha spiazzato ancor più di quella britannica; almeno, abbiamo pensato dopo poche ore dal nostro arrivo in città, il clima a Londra ha fatto pace con se stesso e se fa schifo, fa schifo consistentemente.
Non è facile da spiegare, ma siamo sicure che chi ha avuto la possibilità di sostare per un periodo più o meno breve in entrambe le città capirà perfettamente.

Hot take: Parigi è bella, ma non è niente di che.
O meglio, ammettiamo il suo fascino, ma ancora non comprendiamo chi parla di Parigi come una delle città più strabilianti del mondo.
Certo è che se siete amanti dell'arte e dei luoghi in cui hanno vissuto alcuni degli artisti più importanti della storia, camminare per Montmartre e Pigalle è estremamente toccante, così come lo è se siete appassionati di film come "Il favoloso mondo di Amélie" (proprio qui è ubicato il Café des 2 Moulins, famosissimo bar in cui nel film lavora la giovane protagonista) e "Moulin Rouge!" (neanche a dirlo, proprio a Pigalle è collocato lo storico cabaret), e certo è anche che di Parigi fanno tanto i musei, che non abbiamo potuto visitare per colpa dell'emergenza in corso; sicuramente con l'esperienza del Louvre e del D'Orsay, assuefatti dalla mole di arte, avremmo avuto sicuramente più cose da dire.
Carina la Tour Eiffel, sicuramente imponente e ha sicuramente il suo impatto, è il simbolo della città, ma è oggettivamente una ferraglia. Alta 324 metri, ma pur sempre ferraglia rimane.
Come "un lampione veramente tragico" la descrisse il poeta francese Léon Bloy.

Un paio di cose che ci hanno impressionato nel profondo però ci sono state, e forse ve le potete anche immaginare: camminando di fronte al Bataclan non abbiamo potuto non avere un brivido lungo la schiena, in ricordo dell'attentato che la sera del 13 Novembre 2015 ha tenuto sveglia l'Europa e il mondo; per un momento siamo state di nuovo quelle ragazze spaventate che si stringevano sotto alle coperte e che per la prima volta prendevano coscienza di un attentato scoppiato letteralmente dietro casa nostra.
Davanti alla Cattedrale di Notre-Dame de Paris, in ricostruzione dopo il drammatico incendio del 15 Aprile 2019, non abbiamo saputo bene cosa dire, un po' come quando, venendo a conoscenza della malattia di un lontano conoscente, si rimane un po' imbarazzati a chiedersi cosa è più consono dire.
Vi giuriamo che l'unica cosa che avevamo in testa mentre camminavamo davanti alle impalcature di Notre-Dame l'unica cosa che riuscivamo a sentire nella nostra testa era il coro di parigini che, guardando la Cattedrale bruciare, cantavano l'Ave Maria e abbiamo pensato a come ci saremmo potuti sentire in Italia e nella nostra Città Eterna nella perdita di un simbolo riconosciuto in tutto il mondo.
E per citare nuovamente il sopracitato Svevo Moltrasio:

"Per una volta che a Parigi c'era il sole, per una volta che invece doveva piovere"

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