Gli anni che abbiamo affrontato, sotto il punto di vista professionale e umano, non sono stati per niente facili da digerire. La reclusione all’interno delle mura domestiche ha dato modo all’immaginazione di poter esplodere. Cinematograficamente parlando, infatti, siamo in un periodo molto florido dal punto di vista produttivo. Film che sono stati fermi per anni, adesso, riescono a trovare il loro pubblico, ma molte narrazioni sono ancora ancorate a ciò che si è vissuto. “La Cura” è il film che non ci meritavamo sul Covid-19. Francesco Patierno torna alla Festa del Cinema di Roma e sceglie una chiave meta-cinematografica per rappresentare “La peste” di Camus.
Finzione e realtà, dunque, si mescolano all’interno della narrazione in una lenta discesa verso un limbo. Si resta sospesi in un mondo in cui Mandelli fa se stesso, ma gli altri attori intorno a lui recitano una parte. Un copione che si confonde, lentamente, per poter far fondere interpretazione e vita reale. Uno sguardo in camera, una richiesta di aiuto, ci ricorda che esiste una troupe dietro la macchina da presa. La quarta parete, in sostanza, viene abbattuta, ma ci lascia confusi e insipidi.