L’8 aprile 2025 è uscito in tutte le librerie d’Italia “Sarah, Susanne e lo Scrittore”, il toccante romanzo di Éric Reinhardt che ci mostra lo spirito potente di una donna che risorge dalle sue ceneri, come una moderna fenice.
Un libro non semplice, soprattutto all’inizio dove le due storie possono confondere, ma quando si entra nell’ottica del romanzo, è sicuramente uno di quelli che non si mollano. Almeno è stato così per me che, da amante del genere angst, non ho potuto fare a meno di iniziare a ossessionarmi pagina dopo pagina.
Nel nostro Paese il romanzo è edito Fazi Editore, con traduzione di Anna D’Elia.
Un libro non semplice, soprattutto all’inizio dove le due storie possono confondere, ma quando si entra nell’ottica del romanzo, è sicuramente uno di quelli che non si mollano. Almeno è stato così per me che, da amante del genere angst, non ho potuto fare a meno di iniziare a ossessionarmi pagina dopo pagina.
Nel nostro Paese il romanzo è edito Fazi Editore, con traduzione di Anna D’Elia.
Sarah è una donna quarantaquattrenne altoborghese. Ha un marito, due figli e una vita normale, fino a quando comincia a non vivere più il matrimonio come all’inizio, soprattutto perché suo marito si allontana senza una vera e propria spiegazione. Quando scopre che lei non è la proprietaria al cinquanta per cento della sua amata casa, prova a parlarne con il marito, ma nonostante una promessa di riequilibrare il tutto se questo la può far contenta, lui nell’effettivo sminuisce e ignora la faccenda. Sarah decide così di allontanarsi da casa per qualche settimana, ma invece di avere da lui un riavvicinamento, si scateneranno eventi imprevedibili, tanto da mostrare alla donna un altro uomo, completamente diverso da quanto pensava.
In pochi mesi la sua vita viene stravolta, così tanto che decide di contattare uno scrittore affinché racconti la sua assurda, quanto potente storia, con alcuni piccoli cambiamenti: Sarah si chiamerà Susanne, con un lavoro diverso e vivrà a Digione invece che in Bretagna. Anche le decisioni di Susanne saranno leggermente diverse da quelle di Sarah, ma quanto basta per trasformarla in una sorta di suo alter ego, dove Susanne darà la forza a Sarah di affrontare la realtà.
Éric Reinhardt ci porta nell’abisso più profondo di una donna in balia di se stessa, che riaffiora come uno schiaffo dalla realtà linda e pinta che si è costruita nella sua mente e si accorge come tutto sia sbagliato proprio quando è nel suo momento di piena vulnerabilità.
Tra ironia, fragilità e follia, vediamo tutte le fasi dell’accettazione di un lutto che non riguarda la morte fisica di una persona, bensì di un’ideale: la mogliettina altoborghese che deve lasciare il posto alla vera Sarah, ai suoi veri sentimenti, alle sue vere aspirazioni.
Un romanzo che fino alle ultime pagine fa pensare: “Questa donna merita almeno una gioia nella vita”, forse perché così vicina a tutte noi: vittime di una società che ci vuole imporre un modo di vivere, di pensare, di agire. Sarah è una donna forte e determinata, suo marito un debole e come sempre accade, di facciata i due ruoli sembrano invertiti. È il classico: “non giudicare dalle apparenze” e dopo la lettura del libro possiamo sicuramente avere un occhio più attento sulle nostre relazioni e su quelle delle persone che abbiamo accanto.
Un libro che parla alle donne con una profondità drammatica che arriva come una stoccata, che sa trattare l’attaccamento emotivo e la dipendenza affettiva in modo sublime, non a caso è arrivato finalista al Prix Goncourt.
In pochi mesi la sua vita viene stravolta, così tanto che decide di contattare uno scrittore affinché racconti la sua assurda, quanto potente storia, con alcuni piccoli cambiamenti: Sarah si chiamerà Susanne, con un lavoro diverso e vivrà a Digione invece che in Bretagna. Anche le decisioni di Susanne saranno leggermente diverse da quelle di Sarah, ma quanto basta per trasformarla in una sorta di suo alter ego, dove Susanne darà la forza a Sarah di affrontare la realtà.
Éric Reinhardt ci porta nell’abisso più profondo di una donna in balia di se stessa, che riaffiora come uno schiaffo dalla realtà linda e pinta che si è costruita nella sua mente e si accorge come tutto sia sbagliato proprio quando è nel suo momento di piena vulnerabilità.
Tra ironia, fragilità e follia, vediamo tutte le fasi dell’accettazione di un lutto che non riguarda la morte fisica di una persona, bensì di un’ideale: la mogliettina altoborghese che deve lasciare il posto alla vera Sarah, ai suoi veri sentimenti, alle sue vere aspirazioni.
Un romanzo che fino alle ultime pagine fa pensare: “Questa donna merita almeno una gioia nella vita”, forse perché così vicina a tutte noi: vittime di una società che ci vuole imporre un modo di vivere, di pensare, di agire. Sarah è una donna forte e determinata, suo marito un debole e come sempre accade, di facciata i due ruoli sembrano invertiti. È il classico: “non giudicare dalle apparenze” e dopo la lettura del libro possiamo sicuramente avere un occhio più attento sulle nostre relazioni e su quelle delle persone che abbiamo accanto.
Un libro che parla alle donne con una profondità drammatica che arriva come una stoccata, che sa trattare l’attaccamento emotivo e la dipendenza affettiva in modo sublime, non a caso è arrivato finalista al Prix Goncourt.
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