Quando la madre di Erin si sacrifica per la figlia, che ha ereditato i suoi stessi occhi verdi, inconfondibile segno di appartenenza al nomade popolo della nebbia, Erin ha soltanto dieci anni. Cresciuta dall’eremita Jon, impara a suonare l’arpa e a prendersi cura del mondo animale, proprio come faceva sua madre.
Questa sarà la sua più grande fortuna nonché la causa di tutti i suoi guai.
Erin – The Beast Player è il primo romanzo di una quadrilogia (più una novella, che porta le pubblicazioni totali a cinque) uscita per la prima volta quasi vent’anni fa: ha già superato l’adolescenza, potrebbe dirsi, si sta inoltrando a piccoli passi nell’età adulta…
Per me è stato un primo assaggio nel fantasy orientale, che a memoria non ricordo di aver mai affrontato tra le varie letture della mia vita. Vorrei poter dire di aver avuto aspettative, ma al contrario mi sono avventurata nella lettura di questo primo volume senza troppi pensieri, sull’onda della pura curiosità.
Lo stile è molto simile a quello di altri autori orientali che mi è capitato di leggere in passato: semplice, diretto, senza troppi fronzoli – un po’ come spesso sono anche gli orientali stessi, che tendono a non indorare la pillola.
È quindi un po’ alla portata di tutti come comprensione e stile narrativo, sebbene ci siano salti temporali che mi hanno un po’ spiazzata.
La lettura per me è stata davvero lenta. Essendo il primo volume di una saga avrei dovuto tenere conto anche di questo, certo, ma fatta eccezione per un primo, importante evento nel primo capitolo del libro, il resto degli eventi “succosi”, quello che tiene davvero incollati, si trova oltre il 70% della lettura.
Se siete amanti delle saghe è perfetto! Se preferite volumi autoconclusivi, invece, potrebbe non fare per voi.
A remare contro il tutto c’è stato, come dicevo prima, anche lo stile narrativo. L’ho trovato piatto, condito da qualche frase un po’ a effetto che cercava di invogliarmi a proseguire la lettura… ma nemmeno quelle, devo ammetterlo, sono state sufficienti.
I personaggi non ispirano simpatia o empatia, a partire proprio da Erin, la protagonista: prima bambina e poi giovane donna, l’ho trovata un po’ il cliché della “prescelta”, colei che inspiegabilmente ha tutti i poteri e le cui sfortune si trasformano in gioie, i cui bivi hanno sempre una terza uscita di emergenza.
Una Mary Sue che ce l’ha fatta fin troppo, e che purtroppo non è stata in grado di convincermi su nessun fronte.
Non avevo idea di cosa aspettarmi da un fantasy orientale, e nonostante comprenda l’idea della saga, continuo a pensare che un volume autoconclusivo – forse più denso di fatti, con una sostanza più corposa – sarebbe probabilmente bastato.
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