Parlare di un nuovo capitolo di una saga che fa parte della cultura popolare non è di certo facile. Commentare e recensire il nuovo Matrix è, di certo, una corsa a ostacoli perché ci si muove tra il gusto fanatico che ci ha cresciuti e quel “guizzo frizzo” che rappresenta la novità. La storia dell'eletto la conosciamo più o meno tutti, se siete qui per leggere la recensione del quarto capitolo della saga avete sicuramente visto gli altri tre. Sappiamo che alcuni potranno avervi fatto storcere il naso, altri vi sono piaciuti di più, e che quindi abbiate il vostro personalissimo giudizio su questa saga e avete affrontato la sala cinematografica con qualche preconcetto e noi non siamo qui a dirvi quando ciò sia giusto o sbagliato. Al contrario, qui ci si muove sulle corde della consapevolezza; corde che la stessa Lana Wachowski tocca e usa per stimolare una risposta nel suo pubblico. Tutti hanno una propria idea su cosa sia The Matrix, in molti lo hanno studiato, lo hanno scomposto e lo hanno “sfruttato” facendolo proprio (come abbiamo voluto sottolineare in un altro articolo), ma ciò fa assumere a questo sequel una vena quasi ironica che si prende gioco del suo pubblico. A noi di 4Muses, questo nuovo capitolo è piaciuto, seppur esso sia ben lontano dalla perfezione, perché è stato un modo intelligente con il quale poter creare un continuo a una storia che molti credevano conclusa.
The Matrix Resurrection, così, non fa altro che muoversi tra il déjà-vu e la ridefinizione: vecchio e nuovo che si congiungono per poter definire nuovi confini che possono essere valicati.
Da questo punto in poi, siete avvisati, l'articolo conterrà spoiler sul film.