mercoledì 15 dicembre 2021

#Cinema&SerieTv: Alice in Borderland - Recensione

Se vi è piaciuto Squid Game, noi di 4Muses siamo assolutamente certe che vi piacerà anche un’altra serie tv molto simile, ovvero “Alice in Borderland”. Entrambe dei paesi asiatici (una sudcoreana e una giapponese), avranno in comune una trama ad alta tensione che vi farà vedere sotto un’ottica diversa il genere umano. Basato sul manga di Haro Aso, che inizialmente pubblicò la sua storia sul Shonen Sunday, la storia venne interamente raccolta in diciotto volumi pubblicati tra il 2011 e il 2016. Nel 2020 questa serie tv – live action  ha visto la luce grazie a Netflix, che tutt’ora potete trovare in catalogo.

In Alice in Borderland ("Alice nella Terra di confine", giocando con la favola di "Alice nel Paese delle Meraviglie") viene raccontata la storia partendo dalle vite di tre ragazzi, Arisu (Kento Yamazaki) – il genio della compagnia, fissato con i videogiochi e nullatenente -, Karube (Keita Machida) – amico di Arisu, un barista che aspetta il giorno decisivo per fare la proposta di matrimonio alla sua amata – e Chota (Yuri Morigana) – lavoratore che mantiene economicamente sua madre. La trama parte da una Tokyo (a Shibuya per la precisione) affollata, dove tutti e tre i ragazzi vengono cacciati di casa o da lavoro per un motivo o per un altro, così decidono di sfruttare la mattinata per far baldoria. Un gioco pericoloso si trasforma in un incidente stradale, così sono costretti a nascondersi nei bagni della stazione per non essere presi. È lì che tutte le loro convinzioni vengono meno. Buio, silenzio, i telefoni smettono simultaneaente di funzionare. Quando escono dal loro nascondiglio, si rendono conto che non c’è più nessuno a Shibuya. La città è completamente deserta, a eccezione di loro tre. Uno schermo si illumina, rivelando ai ragazzi l’inizio di un game. In quel momento per loro comincerà un’atroce lotta per la sopravvivenza.

martedì 14 dicembre 2021

#MustToWatch: Perfetti Sconosciuti

Ci fidiamo davvero di chi abbiamo accanto? E sì, sappiamo che il più delle volte a malapena ci fidiamo di noi stessi, figuriamoci degli altri. Su questa domanda “gioca”, si fa per dire, un film approdato da poco su Netflix e che, anche se uscito tanti anni fa, abbiamo avuto il piacere di rivedere. Stiamo parlando di “Perfetti Sconosciuti”, il film di Paolo Genovese uscito nel 2016.

La storia racconta la cena tra quattro coppie di amici che decidono di fare un gioco che sin da subito appare come una roulette russa: mettere tutti i cellulare al centro e, al primo squillo o messaggio, rispondere davanti a tutti e, in caso di chiamata, col vivavoce. Anche se un po’ titubanti, la domanda che “sfida tutti è una sola: “Perché, hai qualcosa da nascondere?” Uno a uno, i perfetti idilli famigliari cominciano a sgretolarsi, rivelando incomprensioni, tradimenti e segreti perpetrati a lungo nel tempo. Che ne sarà degli equilibri che erano, all’apparenza, tanto perfetti?

#Pensieri: L'essenza di un istante

“L’istante prima di essere felice è più importante del momento intero di felicità”

(Santiago, L’istante prima)

Effimero, illusorio e sfuggente; una volta trascorso, non può più essere recuperato nella sua piena essenza reale. L’istante è l’atomo dell’esperienza, l’indivisibile frammento che accomuna l’umana  percezione del tempo.  

La capacità di vivere a pieno un istante, è essenziale per una vita che riesca a soddisfarci. Essere  estremamente radicati a un tempo (passato o futuro) che non appartiene al qui e ora, preclude nuove vie. Non sto rinnegando l’importanza della visione del domani o della forza che può essere fornita dal proprio passato. Ritengo invece che il problema ci raggiunga davvero quando ci smarriamo per giorni nei nostri pensieri tralasciando l’esperienza attuale. La stessa esperienza capace di appagarci in maniera inaspettata. Sapersi abbandonare al flusso, senza ragionamenti artefatti, dona un sapore più ricco e genuino alla quotidianità.  

lunedì 13 dicembre 2021

#Cinema&SerieTv: Piccole donne - Recensione

Ormai più di un anno fa abbiamo pubblicato l'articolo sul grande classico di Louisa May Alcott.
La nostra Frè in quell'articolo ha parlato dell'opera in modo decisamente esaustivo, quindi non staremo ovviamente a qui a perdere tempo e a riscrivere le stesse identiche cose; non solo perché sarebbe del tutto inutile, ma anche perché l'opera originale e il film non sono di certo la stessa cosa e hanno eccome delle differenze.
In un certo senso, forse, potremmo definire questo film come l'unione di "Piccole donne" e di "Piccole donne crescono".

#TheBeatles: Get Back, seconda parte

Per noi di 4Muses, le tre parti di Get Back, - il docu-film sui Beatles, a disposizione di tutti gli abbonati a Disney+ - è un continuo crescendo. Ecco perché abbiamo deciso di parlarvene in tre articoli diversi. Come già detto in precedenza, fateci sapere nei commenti se abbiamo dimenticato di dire qualcosa di importante, o se avete trovato anche altro. Lo sapete, ci serve ancora una scusa per rivedercelo senza passare per pazze. 

sabato 11 dicembre 2021

Costume&Società: Sri Aurobindo

Non stiamo scrivendo questo articolo per sminuire le religioni, né per propinarvi la pappardella sulla spiritualità. Se siete interessati potete proseguire la lettura, altrimenti no, per noi non c’è (ovviamente) nessun problema.

La sintesi dello Yoga”, “La vita divina”, “Savitri” sono tre tra le opere maggiori di Sri Aurobindo. Noi stesse siamo venute a conoscenza della sua vita dopo aver letto i tre volumi de “La sintesi dello Yoga”. Ma che persona era Aurobindo, e soprattutto, quale messaggio ha voluto trasmettere all’umanità? 

#Arte: Ritratto dei coniugi Arnolfini

Quando abbiamo parlato dell’opera di Velazquez “Las Meninas”, abbiamo citato un’altra da cui l’artista prese spunto, ovvero “Ritratto dei coniugi Arnolfini” di Van Eyck. Quest’ultimo fu un pittore fiammingo, nato a Maaseik nel 1390 circa e morto a Bruges nel 1441, che perfezionò la tecnica della pittura a olio, che andò a sostituire piano piano in Europa l’uso delle tempere.
“Ritratto dei coniugi Arnolfini” viene realizzato nel 1434, ad oggi conservato nella National Gallery di Londra. Molti ritengono che l’opera abbia un qualcosa di misterioso e adesso insieme cerchiamo di capire il perché.

In una stanza da letto, rappresentata in ogni minimo dettaglio, i due novelli sposi sono vestiti con abiti lussuosi e si tengono per mano. Giovanni Arnolfini ha la mano destra alzata, mentre sua moglie, Giovanna Cenami, solleva leggermente il vestito, tenendolo stretto in grembo. Tutta la scena è intrisa di una forte spiritualità, come si evince dai volti imperscrutabili dei due protagonisti del ritratto.