Foto di Alessio Mose |
Confessate, quanto meglio vi sentite dopo esservi fatta una bella risata?
Quanto è importante ridere nella nostra vita?
Quante persone ci hanno conquistato suscitando in noi l’ilarità?
La battuta, la risata, la presa in giro, sono elementi base per la relazione umana. La complicità tra individui viene cementata nel momento in cui si riesce a scherzare senza che l’altro possa offendersi.
Andare agli spettacoli, ancora oggi, è praticamente impossibile. E mentre si continua a discutere sulle varie possibilità future di una riapertura, i lavoratori del mondo dello spettacolo protestano e occupano i nostri principali teatri. La risata, il pianto, la comicità e il dramma sono maschere che sono state dimenticate e lasciate a loro stesse. Per fortuna, però, i canali di streaming stanno cercando di investire in tal senso rendendo digitali quei palchi che al momento hanno i riflettori spenti. Amazon Prime Video, in tal senso, ha fatto molto parlare di sé in questi ultimi giorni che ha portato sulla sua piattaforma uno spettacolo come LOL, ma il suo palinsesto è pieno di piccole perle che meritano un po’ di respiro.
Abbiamo voluto intervistare Andrea Paone, ragazzo toscano, comico e scrittore, molto umile - come sostiene egli stesso - che ha avuto modo di vedere il proprio spettacolo di stand up comedy inserito all’interno del palinsesto di Prime Video. Un’opportunità sicuramente meritata dal suo “Tutto molto sbagliato”, infatti, vedendo il suo show non abbiamo potuto fare a meno di porgli qualche piccola domanda per poter conoscere al meglio cosa lo ispira e come nascono le sue battute.
A: Ciao Muse, bella domanda. Chi è Andrea Paone? Un tipo alla mano, che ama il cinema e adora viaggiare. Ha amici un po' ovunque, grazie al suo lavoro. Ma il suo scoglio, la sua scialuppa di salvataggio, rimane la Toscana. Ama in maniera folle quella regione che considera la più bella del mondo. Ah, è un grandissimo tifoso della Juventus.
D: Se dovessi descriverti con solo tre parole, quali sarebbero?
A: Sexy, gorgeous and humble comedian. Questa è la descrizione che uso sempre. Quella personale è: ipocondriaco, iperattivo e chiacchierone. Ma ho anche dei difetti.
D: Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera di comico?
A: In realtà l'ho sempre voluto fare, fin da piccolo. Il merito è di mio nonno materno che mi ha trasmesso la passione. Ho molte cose simili a lui, entrambi siamo solitari e con la battuta pronta. Lui mi ha sempre spinto nel fare quello che mi faceva star bene e far ridere le persone, sentire le loro risate, non mi fa star bene, mi rende vivo. Infatti, il non poter più esibirmi mi ha fatto star male per questo, non sentire le risate del pubblico.
Foto di Andrea Maerelli |
A: Guardate, tendenzialmente racconto il mio vissuto personale. Ovviamente romanzandolo un po'. Ho la fortuna che mi capitano veramente cose assurde e la gente pensa che me le inventi, ma non è così. Ve ne racconto una che mi è capitata recentemente: ho comprato la macchina nuova e dopo sette giorni ci ho fatto un incidente, praticamente mi è durata meno di Papa Luciani. Avevo ragione io, ma lo scooterista che mi è venuto addosso mentre ero fermo, ha avuto pure il coraggio di dirmi: "Eh ma a Roma si guida così!" Io non mi sono trattenuto e ho risposto: "Eh, ho capito. Pure a Bagdad ogni tanto si fanno esplodere, ma non è normale!"
Quando lo racconto credono che scherzo, ma purtroppo per me no.
D: Hai mai avuto paura che una tua battuta non riuscisse a far ridere?
A: All'inizio della carriera avevo il dubbio sempre, ora dopo un po' di anni meno. Ma comunque rimane sempre l'ansia. Anche se io non sono un tipo ansioso.
D: Pensi che sia più facile far ridere o far piangere un pubblico?
A: Piangere, senza ombra di dubbio. Io ad esempio piango per tutto, pure a X-Factor quando i concorrenti hanno storie strappalacrime. Tipo che magari hanno vissuto tutta la vita a Foggia. Povere anime.
D: Vedi difficile intraprendere un cammino artistico in Italia?
A: Penso sia difficile in ogni parte del Mondo. Sicuramente non serve solo il talento, ma anche e soprattutto la fortuna. Un po' come in tutte le cose.
D: Che tipo di relazione hai col palco e il tuo pubblico?
A: Guardate, con il palco, momentaneamente, siamo in terapia di coppia. Diciamo che è un anno che non ci parliamo, ma sono sicuro che alla fine tornerà tutto alla normalità. Ci rivorremo bene. Il pubblico? Beh, io lo adoro. Sono il 50% di ogni spettacolo. Senza pubblico non esiste show.
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A: A spingermi è l'intuito e il capire quale battuta in quel momento potrebbe far più ridere il pubblico. Non è facile, perché cerchi di sceglierla in base a vari fattori. Ad esempio se vuoi fare una chiusa, magari sceglierai una parola che hai utilizzato in precedenza in modo da far più ridere; altre volte scegli di sorprendere, altre magari ci sta di inserire un silenzio, insomma dipende dall'argomento e dal momento. Comunque, essendo più uno storyteller che un one-liner, devo lavorare più sul racconto che sulla battuta singola.
D: Pensi che a oggi sia ancora possibile fare battute che calcano la mano sul black humor o il politicamente corretto ti sta un po’ rendendo difficile la vita?
A: Domanda bella, diciamo che l'argomento è più complesso di quel che sembra. La verità è che il politicamente corretto aiuta il black humor, sono complementari. Senza l'uno non esisterebbe l'altro. Sicuramente il black humor deve esser fatto bene, ma tutto deve esser fatto a modo, altrimenti non è professionismo ma è la corrida. Il politicamente corretto è quindi una manna dal cielo, perché tanto alla fine della fiera, non ci crede nessuno!
D: Avendo studiato comunicazione, ti facciamo una domanda un po’ più tecnica. Cosa pensi che spinga piattaforme come Amazon a investire nella comicità quanto i mezzi televisivi comuni non lo stanno facendo più?
A: In realtà non è che non lo fanno più, semplicemente sta cambiando il mezzo di fruizione. Comedy Central che è su SKY, ogni anno fa un programma di Stand-Up Comedy, ma gli ascolti quelli importanti avvengono su Youtube, Facebook, Instagram e ora Tiktok. Le piattaforme sono il giusto compromesso tra la TV e i social. La TV continua a guardarla soltanto una piccola cerchia di persone, che diventa più grande solo per eventi importanti. Penso derivi dal fatto che ormai gli orari, le vite, siano cambiati. Vogliamo tutto subito. Non c'è più l'usanza di aspettare una settimana per vedere una puntata. Il futuro è lo streaming. Quindi tornando alla domanda principale, non è che non lo fanno più è che la fascia di pubblico che guarda la stand-up comedy è la stessa che usa di Prime e Netflix, quindi ha molto più senso finire lì che in TV.
D: Rispetto al tuo percorso di scrittura, quanto è stato difficile approcciarsi a un libro rispetto ai testi che componi per i tuoi spettacoli?
A: Guardate, vi dirò la verità, non è stato difficile. Ma solo perché amo scrivere e raccontare storie. Devo anche dire che il libro "Stavo bene, prima di conoscermi" edito Contrabbandiera Editrice, sono vari racconti autoconclusivi. Quindi probabilmente non è stato difficile per quel motivo lì. Ora ne sto scrivendo un altro che non so se prenderà mai la luce, ma posso dirvi che è un po' più complicato scriverlo perché è un racconto.
D: È mai successo di ritrovarti davanti a un pubblico molto freddo? Se sì come ti gestisci quest’ultimo e come ti gestisci le tue emozioni?
Foto di Alessio Mose |
D: Obiettivi a lungo termine, come ti vedi tra qualche anno?
A: Sono una persona umile come ben sapete, sicché tra qualche anno mi vedo con soltanto 3 Oscar (miglior regia, miglior attore e miglior film), a bere un White Russian nella mia umile dimora che affaccia sul pacifico ubicata a Santa Monica. Non mi sembra di chiedere molto. In caso non ci riuscissi, mi basterebbe essere felice e con almeno 3 figli juventini (una bambina e due maschi che la proteggono da qualsiasi essere maschile che le si avvicinerà).
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