"Nulla è più pericoloso di ciò che non ha un nome."
È da questa vertigine concettuale che parte La canzone dei nomi, romanzo poetico, simbolico e profondamente originale di Jedediah Berry. Un'opera che scava nelle fondamenta del linguaggio per parlare di identità, memoria e speranza.
In un mondo in cui le parole sono scomparse, il caos regna. Senza nomi, le cose perdono significato e diventano minacce: i mostri fuoriescono dai sogni, i fantasmi vagano senza meta, e l’umanità tenta faticosamente di rimettere ordine grazie ai Comitati, istituzioni create per ridare nome, confine e senso al reale. Tra questi c’è il Comitato dei Nomi, al cui servizio lavora l’Aralda, portatrice delle nuove parole.
Ma c’è un paradosso: l’Aralda stessa non ha mai ricevuto un nome. È un’anomalia vivente in un mondo dove tutto viene definito per contenere il terrore. Quando le minacce si fanno più insistenti e misteriose entità iniziano a sabotare l’opera dei Comitati, la protagonista viene costretta alla fuga.
Il suo viaggio la condurrà ai confini del conosciuto, accompagnata da un fantasma malinconico, un mostro impacciato e un animale enigmatico. Incontrerà il Quadrato Nero, una compagnia teatrale fatta di artisti e creature surreali, custodi delle antiche storie, quelle che, prima delle parole, raccontavano il mondo.
E forse, proprio lì, tra spettacoli, simboli e memorie, si cela la chiave per ridefinire l’ignoto, non più come nemico, ma come possibilità.
La canzone dei nomi non è un fantasy classico con spade e magie, ma un'opera più vicina al realismo magico, dove il soprannaturale nasce da un evento astratto e disturbante: la sparizione del linguaggio. In questo vuoto si muovono creature oniriche, luoghi liquidi e personaggi spezzati, tutti alla ricerca di un senso.
Il libro gioca continuamente con simboli antichi e nuovi: l’Aralda senza nome è un chiaro riferimento alla condizione dell’essere umano moderno, in bilico tra identità fluide e ruoli imposti. I comitati sono parodie burocratiche del bisogno di controllo, e il Quadrato Nero – con il suo riferimento all’opera di Malevič – è un omaggio all’arte che sfida la logica.
Il fantasma che la accompagna è forse uno degli spiriti più dolci e tragici della letteratura recente. Il mostro impacciato è un omaggio rovesciato alla figura del “guardiano buono” (pensa a Max de Nel paese dei mostri selvaggi), mentre l’animale misterioso evoca le creature-guida delle fiabe orientali. Nessuno di loro parla troppo – e in un mondo senza parole, ogni gesto ha un peso emotivo immenso.
Il Quadrato Nero è il momento più brillante del libro. La compagnia teatrale non è solo un rifugio, ma un archivio vivente di ciò che il mondo ha dimenticato. Attraverso spettacoli rituali, maschere grottesche, e racconti antichi, il gruppo risveglia le radici del mondo. Qui, il potere delle storie diventa reale, tangibile.
I temi centrali del libro riguardano il linguaggio come arma e rifugio, il potere delle storie come forma di salvezza, l'identità e l'assenza di nome come ferita e possibilità, la paura dell'ignoto e la sua riscrittura narrativa e l'arte come memoria collettiva.
Non aspettarti un romanzo lineare o un classico percorso fantasy. La canzone dei nomi si muove come un sogno: frammentario, a tratti indecifrabile, ma emotivamente potente. Il linguaggio è ricercato, evocativo, e la narrazione spesso si affida allo show don’t tell, chiedendo al lettore di immergersi e decifrare.
Questo rende il libro perfetto per lettori attenti, magari abituati a autori come Shaun Tan, David Almond, o l’Italo Calvino più poetico. Chi cerca invece azione, battaglie, o fantasy più canonico potrebbe trovarlo ostico.
Per tutto questo è consigliato a un lettore che ama i fantasy allegorici e poetici, chi è curioso, sensibile e amante delle metafore. Ma anche agli appassionati di storie che parlano di linguaggio, identità e memoria. A chi ha amato La storia infinita, il Piccolo Principe o Coraline per il loro modo di mescolare favola e riflessione.
La canzone dei nomi è una parabola elegante e struggente sull’importanza delle parole, delle storie e della memoria. Un romanzo che ci ricorda che nominare il mondo significa renderlo vivibile, e che a volte solo attraversando l'ignoto possiamo ritrovare chi siamo.
Una storia che, come una vecchia leggenda, ti resta sotto pelle e ti invita a dare un nome anche a ciò che fa paura. Perché solo così può cominciare una vera canzone.
È da questa vertigine concettuale che parte La canzone dei nomi, romanzo poetico, simbolico e profondamente originale di Jedediah Berry. Un'opera che scava nelle fondamenta del linguaggio per parlare di identità, memoria e speranza.
In un mondo in cui le parole sono scomparse, il caos regna. Senza nomi, le cose perdono significato e diventano minacce: i mostri fuoriescono dai sogni, i fantasmi vagano senza meta, e l’umanità tenta faticosamente di rimettere ordine grazie ai Comitati, istituzioni create per ridare nome, confine e senso al reale. Tra questi c’è il Comitato dei Nomi, al cui servizio lavora l’Aralda, portatrice delle nuove parole.
Ma c’è un paradosso: l’Aralda stessa non ha mai ricevuto un nome. È un’anomalia vivente in un mondo dove tutto viene definito per contenere il terrore. Quando le minacce si fanno più insistenti e misteriose entità iniziano a sabotare l’opera dei Comitati, la protagonista viene costretta alla fuga.
Il suo viaggio la condurrà ai confini del conosciuto, accompagnata da un fantasma malinconico, un mostro impacciato e un animale enigmatico. Incontrerà il Quadrato Nero, una compagnia teatrale fatta di artisti e creature surreali, custodi delle antiche storie, quelle che, prima delle parole, raccontavano il mondo.
E forse, proprio lì, tra spettacoli, simboli e memorie, si cela la chiave per ridefinire l’ignoto, non più come nemico, ma come possibilità.
La canzone dei nomi non è un fantasy classico con spade e magie, ma un'opera più vicina al realismo magico, dove il soprannaturale nasce da un evento astratto e disturbante: la sparizione del linguaggio. In questo vuoto si muovono creature oniriche, luoghi liquidi e personaggi spezzati, tutti alla ricerca di un senso.
Il libro gioca continuamente con simboli antichi e nuovi: l’Aralda senza nome è un chiaro riferimento alla condizione dell’essere umano moderno, in bilico tra identità fluide e ruoli imposti. I comitati sono parodie burocratiche del bisogno di controllo, e il Quadrato Nero – con il suo riferimento all’opera di Malevič – è un omaggio all’arte che sfida la logica.
Il fantasma che la accompagna è forse uno degli spiriti più dolci e tragici della letteratura recente. Il mostro impacciato è un omaggio rovesciato alla figura del “guardiano buono” (pensa a Max de Nel paese dei mostri selvaggi), mentre l’animale misterioso evoca le creature-guida delle fiabe orientali. Nessuno di loro parla troppo – e in un mondo senza parole, ogni gesto ha un peso emotivo immenso.
Il Quadrato Nero è il momento più brillante del libro. La compagnia teatrale non è solo un rifugio, ma un archivio vivente di ciò che il mondo ha dimenticato. Attraverso spettacoli rituali, maschere grottesche, e racconti antichi, il gruppo risveglia le radici del mondo. Qui, il potere delle storie diventa reale, tangibile.
I temi centrali del libro riguardano il linguaggio come arma e rifugio, il potere delle storie come forma di salvezza, l'identità e l'assenza di nome come ferita e possibilità, la paura dell'ignoto e la sua riscrittura narrativa e l'arte come memoria collettiva.
Non aspettarti un romanzo lineare o un classico percorso fantasy. La canzone dei nomi si muove come un sogno: frammentario, a tratti indecifrabile, ma emotivamente potente. Il linguaggio è ricercato, evocativo, e la narrazione spesso si affida allo show don’t tell, chiedendo al lettore di immergersi e decifrare.
Questo rende il libro perfetto per lettori attenti, magari abituati a autori come Shaun Tan, David Almond, o l’Italo Calvino più poetico. Chi cerca invece azione, battaglie, o fantasy più canonico potrebbe trovarlo ostico.
Per tutto questo è consigliato a un lettore che ama i fantasy allegorici e poetici, chi è curioso, sensibile e amante delle metafore. Ma anche agli appassionati di storie che parlano di linguaggio, identità e memoria. A chi ha amato La storia infinita, il Piccolo Principe o Coraline per il loro modo di mescolare favola e riflessione.
La canzone dei nomi è una parabola elegante e struggente sull’importanza delle parole, delle storie e della memoria. Un romanzo che ci ricorda che nominare il mondo significa renderlo vivibile, e che a volte solo attraversando l'ignoto possiamo ritrovare chi siamo.
Una storia che, come una vecchia leggenda, ti resta sotto pelle e ti invita a dare un nome anche a ciò che fa paura. Perché solo così può cominciare una vera canzone.

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