Per dove passa l’amore? Per le nostre emozioni, i nostri sentimenti, certamente ma anche per l’arte, soprattutto per la musica. Fin dall’antichità muoversi a passo di danza ha significato un primo passo verso il corteggiamento, per poi approfondire il tutto con le odi cantate dai lirici e dalla musica classica. Successivamente si è arrivato a sospirare per le opere liriche, con sguardi furtivi all’amato di turno quando un testo poteva sembrare parlasse proprio di lui.
Dalla seconda metà del Novecento in poi la musica è diventata sempre più popolare tra i giovani, che con la Beatlemania in primis hanno fatto dei brani passati in radio un vero e proprio manifesto d’amore, tralasciando i libri come manuali per scoprire questo sentimento.
Da un vinile, una musicassetta, un cd fino alle playlist dei nostri giorni: dedicare una canzone a qualcuno ha un significato profondo, che passa dalla colonna sonora della nostra vita al “non te lo so dire, quindi te lo canto”.
E arriviamo quindi alla domanda dell’articolo: nel corso dei decenni l’amore è cambiato per la musica, o è la musica che si è adattata al nuovo modo di esprimere l’amore? Vediamolo… (ovviamente ci basiamo maggiormente dal punto di vista italiano).
Anni ’60 e ’70: quando l’amore era poesia e rivoluzione
Con i giovani che scendevano in piazza a suon di slogan peace and love, questo è stato il primo decennio in cui persino gli adolescenti venivano ascoltati dagli adulti, e se alcuni di questi ultimi continuavano a volerli urlare, loro urlavano più forte. Non avevano paura di risultare ridicoli, né di essere ignorati, è per questo che la loro forza travolgente, capace di cambiare il mondo, è su ogni libro di storia. Si gridava all’amore libero, al riconoscimento personale oltre le etichette dell’apparenza e a quelle della classe sociale, e in effetti cosa suonavano maggiormente le radio dell’epoca?
“Emozioni”, di Lucio Battisti e “Se telefonando” di Mina osano sfidare la concezione dell’amore monogamo e di coppia, rivelando che questo sentimento tanto decantando può essere anche infido, malinconico. Possiamo struggerci per amore, arrivare alla morte o al desiderio di lasciare, pur provando ancora una forte attrazione fisica per la persona che abbiamo davanti. L’amore sfida il romanticismo; i giovani riconoscono che pur essendo figli dei loro genitori, non devono necessariamente comportarsi come loro e possono lasciare quante volte vogliono, arrivando poi anche al famoso referendum del ’74 con l’introduzione del divorzio.
Sul campo internazionale troviamo “All you need is love” dei Beatles, e “Piece of my Heart” di Janis Joplin. Dall’amore che ci ricorda che abbiamo solo bisogno di lui per stare bene e che quindi dobbiamo esprimerlo liberamente, senza paura, a quello che ci avverte: amare con tutto noi stessi può far male.
Questi brani, insomma, sono stati la colonna sonora che ha portato al grande cambiamento socio-politico del Novecento: l’amore è un’esperienza totalizzante, che passa in ogni ambito della vita, in ogni suo istante. I brani sono pura poesia, perché non si ha paura di scendere sempre più in profondità.
Anni ’80 e ’90: quando l’amore era un videoclip tormentato
L’amore rimane passionale, a tratti tormentato, anche se in chiave più moderna. Non è più cantato in maniera generale, accogliendo tutto, bensì si passa alla maniera soggettiva: sguardi rubati, lettere strappate, attese sotto casa a sospirare di desiderio verso l’amato. L’adolescenza, con tutti i suoi drammi, rimane il cardine dell’emotività: amare fa male, ma è anche tutta la nostra speranza.
“Time After Time” di Cyndi Lauper, che canta di un amore che resta nonostante tutto; “Sally” di Vasco Rossi, che parla sinceramente di rinascita dopo una ferita; ma ancora “Più bella cosa” di Eros Ramazzotti, con un amore di cui abbiamo così tanta fiducia da risultare senza freni, all’iconica “Wonderwall” degli Oasis da urlare in pieno caos adolescenziale, dove con l’umore che cambia in modo repentino, con relazioni che possono variare anche dopo un giorno, tutto ciò che è importante è che quella persona in particolare sarà sempre il nostro Wonderwall.
Anni 2000-2010: cuori spezzati a suon di trilli su MSN
L’amore passa dall’essere intimo all’essere condiviso. Non più foto incorniciate sul comodino o sulle pareti della stanza, ma messe in bella vista su immagini profilo o blog di MSN. Le frasi dedica passano dall’essere scambiate nei diari all’essere condivise su messaggi e stati online. Persino la musica, quello che stiamo ascoltando nel momento, quello che ci piace, è messa disposizione dei nostri amici online. Questa ostentazione dei sentimenti porta la musica dedicata al sentimento a farsi più fragile, dove basta veramente poco per far finire una relazione
Così Tiziano Ferro chiede “Xdono”, con il titolo che rientra perfettamente nel limite imposto dai primi sms. Amy Winehouse in “Back to Black” trasforma il dolore per le cicatrici lasciate dalla fine di una storia d’amore in pura arte; Lene Marlin in “Sitting Down Here” racconta il peso di sentirsi invisibili, di voler essere capiti fino in fondo nel paradosso di un mondo che ama mostrarsi. “Mentre tutto scorre”, dei Negramano parla di un amore difficile da afferrare, con l’essere pronti anche a farsi usare, pur di essere vissuto anche solo per un attimo.
I primi anni del 2000 amano l’amore non corrisposto, l’emotività cruda, eppure sempre profondamente sentita, perché in fin dei conti, anche se non ricambiato, è pur sempre amore.
Anni ’20 del 2000: quando l’amore è imperfetto ma consapevole e vero
L’amore non ha più filtri e limiti. Vuole solo comprensione e spazio, ecco perché le canzoni d’amore sembrano più un piccolo manuale di psicologia, un’analisi precisa di quello che si ha dentro. È l’amore prima di tutto verso noi stessi: più tangibile, meno idealizzato. È l’accettazione e la comprensione dei nostri limiti, fino a capire cosa vogliamo esattamente dagli altri, e se qualcuno non lo rispetta… beh, tanto vale amare se stessi, la persona giusta arriverà. Non ci si perde più nello struggersi per l’irraggiungibile.
“I tuoi particolari” di Ultimo descrivono la gioia dell’amore: si ama nei particolari, sono quelli che rendono unica, giusta per noi una persona; “Brividi” di Blanco e Mahmood, con le due voci completamente diverse tra loro, ci mostrano che l’amore è sì fragile, ma anche potente e bisogna avere il coraggio di viverlo. “L” di Ariete parla di amore finito, ma lo fa con tenerezza e autenticità, senza bisogno di ostentare, né di spiegarsi: l’amore, semplicemente è indipendentemente da tutto; “Easy on Me” di Adele ci racconta che anche nella rottura più spietata, un amore non va mai sminuito con l’odio o la sete di vendetta: con il tempo si perdona, e bisognerebbe sempre mantenere la gentilezza, in ogni tipo di rapporto.
Ovviamente questo non vuol dire che nel 2025 non si può più cantare di rivoluzione, ma semplicemente che la società si evolve anche con il potente mezzo di comunicazione che è la musica.
Dalla seconda metà del Novecento in poi la musica è diventata sempre più popolare tra i giovani, che con la Beatlemania in primis hanno fatto dei brani passati in radio un vero e proprio manifesto d’amore, tralasciando i libri come manuali per scoprire questo sentimento.
Da un vinile, una musicassetta, un cd fino alle playlist dei nostri giorni: dedicare una canzone a qualcuno ha un significato profondo, che passa dalla colonna sonora della nostra vita al “non te lo so dire, quindi te lo canto”.
E arriviamo quindi alla domanda dell’articolo: nel corso dei decenni l’amore è cambiato per la musica, o è la musica che si è adattata al nuovo modo di esprimere l’amore? Vediamolo… (ovviamente ci basiamo maggiormente dal punto di vista italiano).
Anni ’60 e ’70: quando l’amore era poesia e rivoluzione
Con i giovani che scendevano in piazza a suon di slogan peace and love, questo è stato il primo decennio in cui persino gli adolescenti venivano ascoltati dagli adulti, e se alcuni di questi ultimi continuavano a volerli urlare, loro urlavano più forte. Non avevano paura di risultare ridicoli, né di essere ignorati, è per questo che la loro forza travolgente, capace di cambiare il mondo, è su ogni libro di storia. Si gridava all’amore libero, al riconoscimento personale oltre le etichette dell’apparenza e a quelle della classe sociale, e in effetti cosa suonavano maggiormente le radio dell’epoca?
“Emozioni”, di Lucio Battisti e “Se telefonando” di Mina osano sfidare la concezione dell’amore monogamo e di coppia, rivelando che questo sentimento tanto decantando può essere anche infido, malinconico. Possiamo struggerci per amore, arrivare alla morte o al desiderio di lasciare, pur provando ancora una forte attrazione fisica per la persona che abbiamo davanti. L’amore sfida il romanticismo; i giovani riconoscono che pur essendo figli dei loro genitori, non devono necessariamente comportarsi come loro e possono lasciare quante volte vogliono, arrivando poi anche al famoso referendum del ’74 con l’introduzione del divorzio.
Sul campo internazionale troviamo “All you need is love” dei Beatles, e “Piece of my Heart” di Janis Joplin. Dall’amore che ci ricorda che abbiamo solo bisogno di lui per stare bene e che quindi dobbiamo esprimerlo liberamente, senza paura, a quello che ci avverte: amare con tutto noi stessi può far male.
Questi brani, insomma, sono stati la colonna sonora che ha portato al grande cambiamento socio-politico del Novecento: l’amore è un’esperienza totalizzante, che passa in ogni ambito della vita, in ogni suo istante. I brani sono pura poesia, perché non si ha paura di scendere sempre più in profondità.
Anni ’80 e ’90: quando l’amore era un videoclip tormentato
L’amore rimane passionale, a tratti tormentato, anche se in chiave più moderna. Non è più cantato in maniera generale, accogliendo tutto, bensì si passa alla maniera soggettiva: sguardi rubati, lettere strappate, attese sotto casa a sospirare di desiderio verso l’amato. L’adolescenza, con tutti i suoi drammi, rimane il cardine dell’emotività: amare fa male, ma è anche tutta la nostra speranza.
“Time After Time” di Cyndi Lauper, che canta di un amore che resta nonostante tutto; “Sally” di Vasco Rossi, che parla sinceramente di rinascita dopo una ferita; ma ancora “Più bella cosa” di Eros Ramazzotti, con un amore di cui abbiamo così tanta fiducia da risultare senza freni, all’iconica “Wonderwall” degli Oasis da urlare in pieno caos adolescenziale, dove con l’umore che cambia in modo repentino, con relazioni che possono variare anche dopo un giorno, tutto ciò che è importante è che quella persona in particolare sarà sempre il nostro Wonderwall.
Anni 2000-2010: cuori spezzati a suon di trilli su MSN
L’amore passa dall’essere intimo all’essere condiviso. Non più foto incorniciate sul comodino o sulle pareti della stanza, ma messe in bella vista su immagini profilo o blog di MSN. Le frasi dedica passano dall’essere scambiate nei diari all’essere condivise su messaggi e stati online. Persino la musica, quello che stiamo ascoltando nel momento, quello che ci piace, è messa disposizione dei nostri amici online. Questa ostentazione dei sentimenti porta la musica dedicata al sentimento a farsi più fragile, dove basta veramente poco per far finire una relazione
Così Tiziano Ferro chiede “Xdono”, con il titolo che rientra perfettamente nel limite imposto dai primi sms. Amy Winehouse in “Back to Black” trasforma il dolore per le cicatrici lasciate dalla fine di una storia d’amore in pura arte; Lene Marlin in “Sitting Down Here” racconta il peso di sentirsi invisibili, di voler essere capiti fino in fondo nel paradosso di un mondo che ama mostrarsi. “Mentre tutto scorre”, dei Negramano parla di un amore difficile da afferrare, con l’essere pronti anche a farsi usare, pur di essere vissuto anche solo per un attimo.
I primi anni del 2000 amano l’amore non corrisposto, l’emotività cruda, eppure sempre profondamente sentita, perché in fin dei conti, anche se non ricambiato, è pur sempre amore.
Anni ’20 del 2000: quando l’amore è imperfetto ma consapevole e vero
L’amore non ha più filtri e limiti. Vuole solo comprensione e spazio, ecco perché le canzoni d’amore sembrano più un piccolo manuale di psicologia, un’analisi precisa di quello che si ha dentro. È l’amore prima di tutto verso noi stessi: più tangibile, meno idealizzato. È l’accettazione e la comprensione dei nostri limiti, fino a capire cosa vogliamo esattamente dagli altri, e se qualcuno non lo rispetta… beh, tanto vale amare se stessi, la persona giusta arriverà. Non ci si perde più nello struggersi per l’irraggiungibile.
“I tuoi particolari” di Ultimo descrivono la gioia dell’amore: si ama nei particolari, sono quelli che rendono unica, giusta per noi una persona; “Brividi” di Blanco e Mahmood, con le due voci completamente diverse tra loro, ci mostrano che l’amore è sì fragile, ma anche potente e bisogna avere il coraggio di viverlo. “L” di Ariete parla di amore finito, ma lo fa con tenerezza e autenticità, senza bisogno di ostentare, né di spiegarsi: l’amore, semplicemente è indipendentemente da tutto; “Easy on Me” di Adele ci racconta che anche nella rottura più spietata, un amore non va mai sminuito con l’odio o la sete di vendetta: con il tempo si perdona, e bisognerebbe sempre mantenere la gentilezza, in ogni tipo di rapporto.
Ovviamente questo non vuol dire che nel 2025 non si può più cantare di rivoluzione, ma semplicemente che la società si evolve anche con il potente mezzo di comunicazione che è la musica.


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