mercoledì 27 gennaio 2021

#Costume&Società: Chi nega la Shoah?

Perché, nel 2021, c’è ancora qualcuno che non crede agli orrori della Shoah? Perché una delle più terribili pagine della nostra storia, un monito per non ripetere gli stessi errori in futuro, ogni anno viene accostata ai negazionisti?

La Shoah fu lo sterminio di un intero popolo. Tra il 1933 e il 1945 vennero uccisi dai 15 ai 17 milioni “indesiderati”, tra cui 6 milioni di ebrei. La loro colpa? Nessuna, ma la Germania, distrutta dalla Prima Guerra Mondiale, aveva bisogno di un capro espiatorio, qualcuno a cui addossare i problemi economici tedeschi. Quale miglior obiettivo se non il popolo la cui nomina è quella di avere il controllo delle banche? Non solo, la corrente cristiana d’Europa si sentiva minacciata nei valori, quindi vennero pubblicati dei falsi Protocolli dei Savi di Sion – documenti prodotti dalla polizia segreta zarista che parlava di una fantomatica cospirazione ebraica e massonica il cui obiettivo sarebbe stato quello di impadronirsi del mondo – per fomentare l’odio verso il popolo ebraico.

Il processo di distruzione degli ebrei d'Europa aveva bisogno, in prima istanza, dell’individuazione del nemico. Vennero quindi redatte delle disposizioni per distinguere gli "ariani" dai "non ariani" Successivamente si pensò quindi di tutelare i primi attraverso le leggi di Norimberga che dovevano proteggere il sangue e l’onore dei tedeschi nel 1935 che, di fatto, escludevano gli ebrei da ogni aspetto della vita sociale in Germania.

Questo è come tutto ha avuto inizio, come mai fu additato come colpevole il popolo ebraico e come si arrivò alla Notte dei Cristalli, nel 1938, in cui furono bruciate o completamente sinagoghe e case di preghiera ebraiche, i cimiteri, i luoghi di aggregazione della comunità ebraica, migliaia di negozi e di case. Per evitare ribellioni, 30.000 ebrei vennero arrestati e portati nei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald. Da qui inizia la storia che tutti conoscono.

A fronte di prove e di innumerevoli testimonianze, come mai c’è chi ancora sostiene l’idea negazionista? Quali sono le prove a cui si appigliano?

Il primo pensiero sarebbe quello dell’irrealtà: è un fatto troppo grande perché sia capitato davvero. A volte sembra davvero strano, ma l’essere umano è stato davvero capace di arrivare a tanto. Come i generali tedeschi risposero al Processo di Norimberga: “C’era stato ordinato di farlo. Abbiamo solo eseguito gli ordini.” Sappiamo bene quando Hitler abbia forzato la mano sulla mente di una Germania che cadeva a pezzi, su cui era la rivalsa del più forte sul più debole, su quanto bisognasse riformare una popolazione tedesca “pura”, “ariana” per la risalita. Il mondo era stato creato per loro e loro dovevano riprenderselo, strapparlo da “mani sporche”. Con questi presupposti, purtroppo, la Germania edificò la sua mentalità, la sua idea di sopravvivenza, mentre avanzava in Europa.

Tutto ciò è agghiacciante.

Un punto che i negazionisti usano a loro favore sta nel fatto che nei campi di concentramento non venivano internati solo gli ebrei, ma anche gli indesiderati, quelli non abili nel lavoro, i portatori di handicap, fino ad arrivare ai progionieri politici o anche a quelli di guerra.
Certo, nei campi non vi era solo il popolo ebraico, ma la Germania uccise due terzi degli ebrei d’Europa. Se non è questo uno sterminio, ci asteniamo da aggiungere altro.

Girando un po’ sui social, un’altra tesi negazionista parte da delle visite fatte sul posto. Alcuni sostengono che le camere a gas, le “docce”, non potevano davvero uccidere un numero elevato di persone. Nel campo di concentramento di Dachau gli inabili al lavoro (bambini compresi) vennero spostati in un centro di eutanasia nazista, l’Aktion-T4. Lì si sperimentò per la prima volta la morte per esalazione di monossido di carbonio in una camera improvvisata dal reparto chimico della polizia criminale tedesca. Il capo delle SS Himler, nel 1939, approvò questo metodo, accertando come questa soluzione potesse rivelarsi utile anche in seguito. Le testimonianze non mancano, ma la morte per esalazione di monossido di carbonio tutt’oggi è una causa il decesso. Come si può non usare questo elemento come prova?

E degli orrori neanche a parlarne. Questo scrisse il tenente colonnello Walter Fellenz una volta entrati nel campo di concentramento di Dachau: “A diverse centinaia di metri all'interno del cancello principale, abbiamo trovato il campo di concentramento. Davanti a noi, dietro un recinto elettrificato di filo spinato, c'era una massa di uomini, donne e bambini plaudenti, mezzi matti, che salutavano e gridavano di gioia – i loro liberatori erano arrivati! Il rumore assordante del saluto era di là della comprensione! Ogni individuo degli oltre 32.000 che poteva emettere un suono lo faceva, applaudiva e urlava parole di giubilo. I nostri cuori piangevano vedendo le lacrime di felicità cadere dalle loro guance.”

L'ultima tesi a cui si aggrappano è questa: testimonianze a volte confuse. È innegabile pensare che l'Olocausto sia stato qualcosa che ha distrutto mente e corpo di chi l'ha vissuto, quindi il cervello si protegge come può. Il disturbo da stress post traumatico è solo la punta dell'iceberg. Non solo: non sappiamo a quali testimonianze facciano riferimento i negazionisti, ma quelle che abbiamo ascoltato alla tv, letto sui libri o sulle pietre del ghetto ebraico non sono confuse o contraddittorie.

Davanti alle tante prove, alle moltissime testimonianze, ha ancora senso negare quello che è stato?



martedì 26 gennaio 2021

#StorieRomane: Chiesa di San Girolamo dei Croati

esterno della chiesa
Ma voi ci credete che noi di 4Muses siamo entrate in questa chiesa un giorno completamente per caso, mentre camminavamo per il centro di Roma e ci è quasi preso un colpo? L'unica cosa che siamo riuscite a dire una volta entrate e una volta uscite è stata "beh, che dire".

Non è affatto facile, se sei di Roma, rimanere senza parole dopo aver visitato una chiesa, e i romani che stanno leggendo questo articolo saranno assolutamente d'accordo; ne abbiamo una letteralmente in ogni angolo e sono tutte meravigliose. Tutte, nessuna esclusa.
Tra un aperitivo alle tre del pomeriggio e una passeggiata sul Lungotevere, a pochi passi dal museo dell'Ara Pacis ci siamo letteralmente trovate davanti a questa chiesa, e per puro impulso abbiamo deciso di entrare.
Beh, che dire. Ci siamo rimaste sul serio.

lunedì 25 gennaio 2021

#Libri: Scheletri nell'armadio

Se amate il genere thriller non potete non leggere un qualsiasi libro di Nicola Rocca. La sua scrittura diretta e fresca quasi vi obbligherà a divorare ogni capitolo. Inoltre ogni personaggio è così ben studiato da sembrare vero, come se lo conosceste personalmente. Non c'è nulla che vi faccia pensare: "ah, è il classico tizio inventato", Rocca ha una particolare attenzione per la psicologia di ogni personaggio e solo così un thriller può funzionare davvero.
Attenzione, però, perché potreste anche trascurare il sonno come è capitato a noi leggendo “Scheletri nell’armadio”.


“Scheletri nell’armadio… Tutti ne hanno almeno uno. Più o meno grave. Più o meno nascosto. E se qualcuno è sicuro di non averne… Be’, si sbaglia”

sabato 23 gennaio 2021

#Anime: Armin Arlert - analisi del personaggio

Attenzione, questo articolo contiene spoiler sulla serie.

Sfidiamo chiunque a negare ciò che stiamo per affermare: se avete guardato o letto l'Attacco dei Giganti avete pensato o continuate a pensare che Armin Arlert sia un personaggio inutile.
D'altronde un personaggio come il suo, inserito nei contesti in cui Hajime Isayama lo inserisce e che si troverà ad affrontare le situazioni che vediamo affrontare nell'anime, è effettivamente all'apparenza fuori posto.

Ma la domanda è: siamo sicuri sia proprio così?

venerdì 22 gennaio 2021

#Libri: Quando cadono gli angeli

 Avevamo già analizzato un libro di Tracy Chevalier, “La ragazza con l’orecchino di perla”, ma una recente visita in libreria ci ha fatte scoprire un altro romanzo della stessa autrice, “Quando cadono gli angeli”.

Ambientata in un periodo storico che va dal 1901 al 1910 a Londra, ci troviamo a seguire le vicende storiche di due famiglie, Coleman e Waterhouse durante ciò che accadde nel Regno Unito alla morte della Regina Vittoria. La famiglia Coleman è costituita da Kitty (una annoiata moglie il cui unico scopo è quello di organizzare tea pomeridiani e prendersi cura della famiglia),  Maude (una ragazzina curiosa e intelligente) e Richard, lontano mentalmente dalla moglie ma molto in sintonia con la figlia, a cui ha trasmesso l’amore per lo spazio. I Waterhouse, d’altro canto, sono composti da Albert, un marito che il più delle volte preferisce commentare in silenzio ciò che accade, Gertrude, donna che ama dedicarsi anima e corpo alla famiglia a cui è devota, Ivy May, la silenziosa e piccola di casa  e Lavinia, una ragazzina viziata dell’età di Maude e fissata con le regole del bon ton e che tendenzialmente ha delle continue uscite teatrali. Le loro storie si intrecciano in un cimitero, di fronte alle reciproche tombe di famiglia. Maude e Lavinia diventano da subito amiche e, mentre gironzolano per il camposanto, fanno la conoscenza di Simon, un ragazzo che aiuta il padre a scavare le tombe.

giovedì 21 gennaio 2021

#SullaStrada: Porto

 vista dal ponte Luís I.
Questo articolo è per chi dice che in questo periodo storico non si può partire, e per chi ha paura di farlo. Il weekend lungo che ci siamo fatte a dicembre nell'affascinante Porto è la prova che, con le giuste precauzioni e con la consapevolezza che non si sta viaggiando in un periodo storico normale, si può fare pressoché di tutto.

Siamo felici che il Portogallo sia stato per un po' di mesi uno dei pochissimi paesi visitabili in Europa e nel mondo, l'impossibilità di poter andare dove ci pare ha permesso a noi (e a tante altre persone) di rivalutare uno Stato che non è quasi mai la meta principale nelle liste dei paesi da visitare.

mercoledì 20 gennaio 2021

#Musica: Imagine

Come ben sapete noi di 4Muses amiamo andare nella profondità del tutto. E se continuate a voler leggere i nostri articoli è perché anche a voi piace, amate addentrarvi in quelle profondità assieme a noi. Forse una parte rimane ancora scettica, o non riesce a lasciar andare certe convinzioni. Sapete cosa? Va benissimo così. Accettate quella parte, sul serio. Accoglietela mentre andate avanti in questa lettura


Oggi vogliamo parlarvi di una canzone storica: Imagine, di John Lennon. Pubblicata nel 1971, mezzo secolo fa, questa canzone ha stupito l’umanità intera per il testo semplice, ma profondo, che Lennon ha voluto donarci. La impariamo alle medie – ringraziamo ancora tantissimo i nostri professori di musica o di inglese che ce l’hanno fatta cantare e ricantare - la intoniamo dopo ogni attentato, o evento catastrofico, ma abbiamo mai interiorizzato le parole?

Prima di proseguire, se potete, ricercate la canzone su YouTube o Spotify. Fatela vostra, ascoltatela con le cuffiette, a occhi chiusi. Vivete le sue note, siate la voce di John. Osservate il mondo com’è andato avanti dal settembre 1971 ai giorni nostri. Poi, quando sarete pronti, continuate con la lettura.

“Imagine there’s no heaven/it’s easy if you try/no hell below us/above us only sky/imagine all the people living for today.”

“Immagina che non ci sia il paradiso/è facile se ci provi/nessun inferno sotto di noi/sopra noi stessi, solo il cielo/immagina tutte le persone vivere per l’oggi”. Non vogliamo giudicare, e John stesso non voleva farlo, le vostre credenze personali. Le parole, che hanno sempre una potenza inimmaginabile, vi chiedono di visualizzare un mondo dove non esiste il Paradiso (la speranza per il futuro) o l’Inferno (la condanna per i peccati commessi, il passato). Vi si chiede di pensare a un mondo dove l’unica cosa che conta è il presente. È difficile?

“Imagine there’s no countries/it isn’t hard to do/nothing to kill or die for/and no religions too/imagine all the people living life in peace”

“Immagina non ci siano Paesi/non è difficile da fare/nulla per cui uccidere o morire/e neanche nessuna religione/immagina tutte le persone vivere la vita in pace”. È in questo momento che vi si chiede di immaginare un mondo senza religioni, ma con la spiritualità. Non esistono confini, lotte di espansione. Non esistono religioni, non esistono guerre per accaparrarsi una ragione assoluta. Ci si immagina un mondo dove le persone, libere dai legami di possedimento (le nazioni) o di autoaffermazione, (io credo in…) possano veramente vivere in pace. Senza confini, o teorie assolute, l'uomo non deve dimostrare niente a nessuno. Non deve far vedere di avere una casa più grande, né deve dimostrare che la propria filosofia sia giusta. Vive per la vita, semplicemente.

“Imagine no possesions/I wonder if you can/no need for greed or hunger/a brotherhood of man/imagine all the people sharing all the world”

“Immagina non ci siano possedimenti/mi chiedo se tu ci riesca/nessun bisogno di avidità o fame/una fratellanza di uomini/immagina tutte le persone che condividono l’intero mondo”. Pensate a un mondo dove l’abbondanza e la ricchezza sono alla portata di tutti. Dove tutti hanno la possibilità dei pasti quotidiani, di una casa, dell’ultimo modello di cellulare… che mondo verrebbe fuori? Se tutti potessero avere sul serio questa opportunità, esisterebbe ancora il concetto di bramosia? Se tutti potessimo strofinare la lampada di Aladino, desidereremmo ancora sminuire l’altro con l’illusione di far brillare la nostra luce?

“You may say i’m a dreamer/But I’m not the only one/I hope some day you’ll join us/And the world will live as one”

“Potresti dire che sono un sognatore/ma non sono l’unico/spero che tu possa unirti a noi, un giorno/e che il mondo viva come l'Uno”. Certamente siamo anche noi delle sognatrici: sogniamo di scrivere, di mostrare la profondità dell’arte con semplicità, di vivere un giorno in una Comunità che sia Una.

Un messaggio così profondo parte sempre da una mente sola, e poi arriva a quante più persone possibili. Le difficoltà esistono ed esisteranno sempre, non lo mettiamo in dubbio, ma cosa accade se nutriamo dubbi? Raccogliamo instabilità. Cosa succede se non nutriamo dubbi? Raccogliamo certezze.

Ecco. Noi siamo certe che prima o poi questo mondo verrà fuori. Che tornerà l’età dell’oro così tanto acclamata in passato – e che Orwell descrive bene nel libro "La fattoria degli animali" -. E se è vero che la storia serve per imparare, così come il nostro passato, forse è ora di apprendere sul serio dagli errori già commessi.
 
Un’ideologia è sbagliata quando porta alla morte, ma non per questo va eliminata e sotterrata chissà dove. Va rivista, rivisitata, con tutta la consapevolezza dei secoli, o anni, trascorsi. Si riplasma, portando alla luce ogni sua parte ombra.

Nel 1971 John Lennon si definiva sognatore, ma noi più volte vi abbiamo fatto notare che un sogno rimane utopia quando non lo si concretizza. Un sogno attuato diventa obiettivo. Forse è momento di puntare la freccia al nostro arco e centrare quell’obiettivo.